La dimensione del disastro di Beirut si fa di giorno in giorno più chiara come la lucida rabbia di coloro che aiutano alla ricostruzione ma continuano a protestare davanti a un governo che fatica ad ammettere le sue schiaccianti responsabilità
Mentre la rabbia popolare non cessa a Beirut, con centinaia di manifestanti anti-governativi che hanno colpito con bastoni e altri oggetti le barriere di metallo erette nel centro cittadino (attorno alla zona del Parlamento), si comincia ad avere un'idea più chiara del disastro della mega-esplosione e dei suoi costi. Per gli economisti la ricostruzione di Beirut spazzerà via il 25% del Pil nazionale. Secondo stime delle Nazioni Unite ci vorranno almeno 117 milioni di dollari subito per rimettere in sesto ospedali, infrastrutture ed edifici distrutti.
Alla videoconferenza dei donatori
Intanto si è tenuta la conferenza dei Donatori, organizzata in virtuale da Francia e Nazioni Unite. Alla riunione in videoconferenza hanno preso parte rappresentanti di 28 Paesi, tra i quali Stati Uniti e Spagna e istituzioni come l'Unione Europea, la Lega Araba, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Per quest'ultimo ha partecipato alla videoconferenza la direttrice Kristalina Georgieva, si è detta disponibile a "raddoppiare gli sforzi" a patto che il Libano si impegni ad attuare quelle riforme che vengono chieste da ben prima l'esplosione. Al di là degli aiuti di emergenza i partecipanti si sono detti pronti a sostenere la successiva ripresa economica e finanziaria del Libano.