Tensioni in Polonia per la risoluzione approvata da oltre 100 amministrazioni. Nel mirino la comunità LGBT
Le chiamano LGBT free zones: sono le oltre 100 amministrazioni locali polacche, fra Comuni e Regioni, che hanno votato a favore delle “carte per i diritti della famiglia”, documenti che promuovono la struttura della famiglia tradizionale.
Un terzo della Polonia, soprattuto nel sud e nell’est, le regioni più conservatrici, ha dunque scelto di negare - anche se solo in via simbolica (le carte non prevedono divieti sostanziali) - i diritti gay.
Gli attivisti della comunità LGBT si sono mobilitati: attaccano scritte sui cartelli delle cosiddette freezone. Dominik Socha spiega che il messaggio è di rammarico: "Ho deciso semplicemente di affiggere un foglio con la scritta 'ci mancherai' sugli emblemi di Nieuwegein e Douai per chiarire che è semplicemente una perdita".
Azioni simboliche e ricorsi contro l'ideologia anti LGBT
Alle azioni di resistenza civile contro le zone franche LGBT, si associano quelle istituzionali attraverso l'ufficio del Difensore civico polacco, che cerca di agire contro la risoluzione delle amministrazioni locali.
Milena Adamczewska-Stachura lavora nell'ufficio dell'ombudsman polacco. Spiega che "le risoluzioni dei Comuni, che si sono dichiarati liberi dall'ideologia LGBT, perché questo è il nome ufficiale della risoluzione che hanno adottato, sono illegali e discriminatorie nei confronti della comunità LGBT. Per questo motivo il Difensore Civico ha prodotto dei reclami amministrativi".
Un altro attivista militante, Bart Staszewski, ha deciso di rivolgersi all'Unione europea: "Abbiamo presentato questa denuncia all'Ufficio antifrode dell'Unione europea perché tutte le cosiddette Zone Franche LGBT sono contro le regole dell'Unione, regole anti discriminatorie, da rispettare sempre e nell'ambito dell'accesso ai fondi dell'Unione europea".
La posizione dell'Unione europea
La rappresentanza della Commissione europea in Polonia ha espresso la volontà di non lasciar cadere la faccenda. Dice Marek Prawda, il capo della rappresentanza Ue: "La Commissione condanna qualsiasi forma di discriminazione basata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere e si impegna a combattere la discriminazione in seno all'Unione europea".
Le amministrazioni, che si sono dichiarate zona franca gay, ora potrebbero però ripensarsi. Martedì scorso, la Commissaria europea per l'uguaglianza, Helena Dalli, ha dichiarato che sei domande di finanziamento, da parte di altrettante comunità locali polacche, per progetti nell'ambito del programma di partenariato per le città dell'Ue, sono state respinte.
Il Commissario ha informato che le autorità locali polacche sono state coinvolte nelle azioni di propaganda tipo "zone libere da LGBT" o "diritti della famiglia".