I negoziati a Bruxelles sono un punto di svolta per la UE - per questo sono così complicati

Da sinistra, il primo ministro olandese Rutte; il cancelliere austriaco Kurz; il primo ministro finlandese Marin; quello svedese Lofven e la danese Mette Frederiksen
Da sinistra, il primo ministro olandese Rutte; il cancelliere austriaco Kurz; il primo ministro finlandese Marin; quello svedese Lofven e la danese Mette Frederiksen Diritti d'autore Francois Walschaerts/AP
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Di Joanna Gill, Jack Parrock, Alice Tidey, Alberto de Filippis
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Non sono bastati 4 giorni per mettere d'accordo i 27 membri dell'Unione Europea circa il fondo salvastati e i soldi da investire nella ripresa. Questi negoziati toccano due principi chiave della UE, ed è per questo che sono così complicati

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I colloqui della Maratona negoziale a Bruxelles non hanno ancora prodotto un accordo sul bilancio dell'Unione europea e sul fondo di recupero del coronavirus per affrontare la crisi.

Il vertice che era stato programmato per due giorni è andato in un terzo giorno e poi nelle prime ore di una quarta mattina, ma ancora nessun segno che i 27 leader del blocco abbiano superato le loro divisioni fondamentali.

La pandemia ha ucciso circa 135mila persone in Europa e ha spinto l'economia in una contrazione stimata dell'8,3% solamente quest'anno.

I colloqui si sono concentrati sulla proposta di un pacchetto da 1,68 trilioni di euro, sul budget per i prossimi sette anni e sul fondo di recovery da 750 miliardi di euro post-pandema, da usare come prestiti e sovvenzioni, alcune a fondo perduto.

Tutte le nazioni concordano sul fatto che devono unirsi, ma cinque paesi detti frugali - Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia e Danimarca - vogliono controlli rigorosi sulla spesa. Le nazioni del sud, come Spagna e Italia, affermano che tali condizioni dovrebbero essere ridotte al minimo. I leader dei paesi orientali, dal canto loro, si sono opposti ad ancorare le condizioni per avere questi soldi al rispetto dello Stato di diritto.

Francois Walschaerts/Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved

Lunedì, di buon mattino, il primo ministro austriaco Sebastian Kurz ha twittato che "le dure negoziazioni sono terminate" e che i leader possono essere "molto soddisfatti del risultato di oggi".

Il primo ministro olandese Mark Rutte insiste su un tetto alle sovvenzioni a 350, preferendo la formula dei prestiti dietro rigide condizioni di riforme strutturali. Inizialmente erano stati previsti 500 miliardi da erogare sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto e 250 miliardi di euro come prestiti.

Rutte non si sta facendo molti amici: l'omologo ungherese Viktor Orbán non si spiega perché "tanto odio nei confronti dell'Ungheria".

Posizioni "mai così diametralmente opposte"

Già la ripresa dei colloqui di domenica sera era stata rimandata di diverse ore, e si è lavorato a nuove proposte di compromesso a piccoli gruppi. Il primo ministro lussemburghese Xavier Bettel ha detto che nei suoi sette anni di esperienza in Europa non aveva mai visto "mai visto posizioni così diametralmente opposte come questa volta".

Macron ha scritto su Twitter che Francia e Germania "sono unite" per un "piano di ripresa senza precedenti". "Siamo pronti a scendere a compromessi senza rinunciare all'ambizione". Tutti devono assumersi le proprie responsabilità", ha aggiunto.

Il negoziato è davvero molto, molto difficile perché non si tratta solo di ingenti somme di denaro, ma cambia davvero i contorni dell'Unione monetaria europea: è davvero la prima volta che la UE prende in prestito denaro per concederlo sotto forma di sovvenzioni ai vari Paesi, quindi è un punto di svolta per come l'Unione monetaria e Unione europea funzionano.
Guntram Wolff
Direttore di Bruegel

La cancelliera tedesca Angela Merkel nel frattempo ha detto ai giornalisti che non poteva prevedere un esito positivo: "C'è molta buona volontà, ma ci sono anche molte posizioni diverse".

Il premier italiano Guiseppe Conte si è scontrato "molto duramente" con l'omologo olandese Mark Rutte. 

Gli olandesi, insieme agli altri "frugali, sono a favore di una maggiore quota di prestiti rimborsabili, e vogliono più condizioni e controllo su come il denaro europeo verrà speso. 

Un nuovo piano presentato ad inizio giornata di sabato dal belga Michel cerca di venire incontro alle posizioni olandesi. Il fondo è stato ridotto a 450 miliardi di euro ed è staato aggiunto un meccanismo di "freno d'emergenza", così da permettere ad uno Stato membro di fermare l'erogazione dei fondi fino a quando i leader europei non si fossero incontrati per discutere di come il denaro veniva speso.

Una soluzione, questa, non praticabile per il Presidente del Consiglio, Conte.  

Altre tensioni sullo stato di diritto

Altre tensioni hanno riguardato l'aggiunta di una clausola per l'accesso ai fondi. La misura proposta, sostenuta tra l'altro da Macron, potrebbe avere un impatto soprattutto sui paesi dell'Europa orientale, in particolare su Polonia e Ungheria.

Varsavia e Budapest hanno attirato l'ira di Bruxelles negli ultimi due anni e sono state condannate dalla Corte di giustizia europea per questioni che riguardano l'indipendenza della magistratura, la libertà dei media e il trattamento dei rifugiati in Ungheria.

L'Ungheria ha minacciato di porre il veto al pacchetto di recupero qualora questa condizionalità dovesse essere aggiunta al pacchetto di recupero.

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Eppure, domenica, il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha dichiarato ai giornalisti che ciò che sta succedendo "è un po' strano, perché c'è un accordo al 100% sullo stato di diritto. Se qualcuno non è pronto ad accettare lo stato di diritto, dovrebbe lasciare immediatamente l'Unione Europea. Non dovrebbe essere punito dal punto di vista economico. Bisognerebbe dirgli: 'addio, figliolo' perché questa comunità è basata sullo stato di diritto. E ci piace questo approccio, va bene". 

Per i leader dei Paesi più duramente colpiti dalle ricadute economiche del coronavirus, soprattutto nel bacino del Mediterraneo, non c'è tempo da perdere. 

L'obiettivo è assicurarsi un pacchetto di aiuti al più presto possibile così da puntellare le già fragili economie della zona euro.

Il commissario al bilancio UE ha avvertito però che la pandemia non è certo finita. Johannes Hahn ha twittato sabato che le infezioni potrebbero aumentare in alcuni Paesi ed è quindi "giunto il momento di trovare un accordo che ci permetta di fornire il sostegno urgentemente necessario ai nostri cittadini e alle nostre economie".

L'analisi: un punto di svolta per tutta l'Europa

Secondo l'economista Guntram Wolff, economista tedesco e direttore di Bruegel, il negoziato è "davvero molto, molto difficile perché non si tratta solo di ingenti somme di denaro, ma cambia davvero i contorni dell'Unione monetaria europea; è davvero la prima volta che l'UE prende in prestito denaro per concederlo sotto forma di sovvenzioni ai vari Paesi, quindi è un punto di svolta per come l'Unione monetaria e Unione europea funzionano. Si tratta di una una sorta di condivisione della sovranità, ecco perché è così difficile".

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Non solo. "Debbono essere d'accordo sulla questione dello Stato di diritto - ribadisce Wolff - questo è ancora uno dei grandi punti critici, penso sia inaccettabile che un sacco di soldi vengano spesi e donati ai Paesi senza alcun tipo di garanzia, il denaro dev'essere effettivamente speso in conformità della legge, è sicuramente uno dei punti importanti su cui bisogna veramente venirsi incontro".

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