Libia: le forze di Haftar costrette a ripiegare, ora la partita è politica

Una vista di Tripoli dall'alto
Una vista di Tripoli dall'alto Diritti d'autore Felipe Dana/Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved.
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Doppia vittoria militare in poche ore per le truppe governative del Gna di Fayez al Sarraj: dopo l'aeroporto internazionale, riconquistata anche Tarhuna. Sempre più remota una soluzione militare del conflitto, diplomazie al lavoro

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Una doppia vittoria militare dall'alto valore simbolico nel giro di poche. Le forze del Governo di accordo nazionale libico (Gna) di Fayez al Sarraj hanno di nuovo il pieno controllo di Tripoli dopo avere riconquistato l'aeroporto internazionale.

Lo scalo, chiuso dal 2014, era presidiato da due anni dalle forze di Kalifa Haftar. Poche ore dopo le truppe governative sono riuscite ad entrare a Tarhuna dopo un assedio di oltre due settimane, forzando le milizie del generale della Cirenaica a ripiegare verso est, estromettendole di fatto dalla Tripolitania.

Ahmed Maetig, il moderato che piace a Russia e Stati Uniti

Le speranze di una vittoria militare sul campo, coltiva a lungo da Haftar, si sono affievolite col passare dei mesi ed ormai sono un'utopia. La partita in Libia si gioca ormai sul piano politico e diplomatico. Una serie di intrecci con molteplici attori in cui, stando alla ricostruzione della Stampa, avrebbe assunto un ruolo centrale il vicepresidente Ahmed Maetig.

Il numero due del Gna è considerato un esponente della fazione moderata di Misurata e, al contrario del ministro degli Interni Fathi Bashaga, non sarebbe così vicino alla Fratellanza Musulmana, l'organizzazione islamista legata a doppio filo ad Erdogan - principale alleato di al Sarraj - ma invisa a Stati Uniti e Russia, alleata quest'ultima di Haftar.

Motivo per cui sia Mosca che Washington lo hanno scelto come interlocutore per sbrogliare la matassa libica. Negli ultimi giorni Maetig ha parlato più volte con il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Robert Charles O’Brien, e con il ministro degli Esteri russi Sergey Lavrov, con cui di recente c'è stato anche un faccia a faccia a Mosca per trattare la liberazione di Maxim Shugaley e Samer Sueifan, due sociologi russi detenuti da alcuni mesi nella prigione di Mitiga.

Non sono solo Usa e Russia però a ritenere Maetig un interlocutore credibile. Il vicepresidente potrebbe essere accolto presto anche in Egitto, un altro dei sostenitori di Haftar nel conflitto, che però recentemente ha ammorbidito parecchio le proprie posizione.

Che la vera partita sia quella politica è dimostrato anche dal progressivo ritiro dei mercenari russi del gruppo Wagner, che negli ultimi giorni avrebbero lasciato Bani Walid a bordo di alcuni voli cargo. Lo scenario che si va sempre più delineando è quello della spartizione tra Russia e Turchia tanto temuto dagli Stati Uniti.

Che ruolo per l'Italia?

Mosca sarebbe pronta ad assicurare protezione e finanziamenti ad Haftar, a patto che il generale si accontenti di regnare nell'est del paese e lasci perdere ogni mira espansionistica verso Tripoli. Il Cremlino in cambio potrebbe ottenere una base militare sulla sponda sud del Mediterraneo. Ankara invece, dopo la rotta balcanica, si potrebbe trovare a gestire anche quella del Mediterraneo centrale: in pratica Erdogan avrebbe una nuova formidabile arma di ricatto nei confronti di Bruxelles.

Entrambi scenari che non piacciono a Washington, che continua a fare pressioni sull'Italia perché si inserisca nella partita diplomatica, anche se Roma - nonostate i vari colloqui del premier Giuseppe Conte con al Sarraj ed Haftar - sembra ormai tagliata fuori dai giochi.

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