Covid-19, ''generazione lockdown'': l'esercito dei giovani senza lavoro

Lockdown e disoccupazione
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Di Alice Tidey
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Organizzazione internazionale del lavoro: la crisi Covid ha colpito i giovani in maniera ''devastante''

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Secondo uno studio dell'Ilo, l'Organizzazione internazionale del lavoro, la crisi cancellerà 305 milioni di posti di lavoro.
A pagare il maggiore dazio a Covid-19 sono i giovani, minori di 25 anni, vittime di quello che viene definito come un "triplice shock": perdita dell'occupazione, interruzione dell'istruzione e dei corsi professionali, barriere supplementari all'accesso a un mondo del lavoro astenico e alla possibilità di cambiare impiego.
Il dossier dell'Ilo è al centro della denuncia dell'Onu: la pandemia sta avendo un impatto "devastante e sproporzionato" sull'occupazione giovanile in tutto il mondo, con più di 1 giovane su 6 costretto a smettere di lavorare dall'inizio dell'emergenza sanitaria.

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"Generazione lockdown": i giovani senza lavoro a causa di Covid-19

Come nel romanzo distopico di Joachim Zelter “La scuola dei disoccupati” (2002), nel quale il governo federale tedesco ha deciso di istituire un campo di addestramento per disoccupati, un luogo distante dalle città dove insegnare come trovare lavoro (a ogni costo - si legge nel libro - anche prendendo spunto dai necrologi dei giornali), la ribattezzata "generazione lockdown" impone misure emergenziali prima e strutturali poi per affrontare il problema epocale: il lavoro che non c'è, eroso ancor di più dal deflagrare della bomba Covid-19.

L'Onu chiede misure urgenti contro la disoccupazione giovanile

Le Nazioni Unite chiedono risposte politiche urgenti e su larga scala per mitigare i danni a lungo termine della pandemia sull'istruzione e sulle prospettive occupazionali dei giovani. 

Se non intraprendiamo azioni significative e immediate per migliorare la situazione, subiremo le conseguenze della crisi per decenni
direttore generale dell'Ilo, Guy Ryder

Secondo l'Ilo, circa un quinto dei giovani in tutto il mondo - 267 milioni di persone - non aveva già un lavoro, un'istruzione o una formazione prima dell'inizio della crisi sanitaria, mentre più di tre quarti degli occupati avevano un lavoro informale. Inoltre, più di 4 giovani lavoratori su 10 erano impiegati nel terzo settore, nel commercio, nel turismo e nell'alimentare, i comparti più perturbati in questo 2020 pandemico. 

Le donne, che costituiscono più della metà della forza lavoro nell'industria dell'accoglienza e nella ristorazione, sono state colpite "più duramente e più velocemente di qualsiasi altro gruppo" (vedi tweet).
Gli effetti della crisi si fanno ancor più drammatici per le donne con bambini, in seguito alle chiusure scolastiche diffuse e alla la mancanza di servizi di assistenza all'infanzia a prezzi accessibili.

L'emorragia di posti di lavoro a partire da febbraio 2020

Il rapporto rileva quindi che "dati recenti indicano un aumento massiccio del tasso di disoccupazione giovanile dal febbraio 2020".
In Canada, il tasso di disoccupazione giovanile maschile è aumentato di 14,3 punti percentuali tra febbraio e aprile di quest'anno e di 20,4 punti percentuali per le giovani donne.
Negli Stati Uniti è passato dall'8,5% al 24% per i ragazzi e dal 7,5% al 29,8% per le ragazze.
Tendenze simili si osservano in Australia, Cina, Irlanda, Paesi Bassi e Svizzera.

Coloro che invece sono riusciti a mantenere il posto di lavoro hanno visto, in media, ridurre il loro orario di lavoro del 23%, ha detto l'Organizzazione internazionale del lavoro.
Con l'interruzione della filiera economica globale, dovuta alla pandemia, i giovani rischiano di subire gli effetti duraturi e devastanti di una disoccupazione prolungata, noti anche come "effetti cicatriziali". Secondo l'Ilo, "l'evidenza empirica dimostra che l'ingresso nel mercato del lavoro durante una recessione può influire negativamente sui risultati del mercato del lavoro dei giovani per un decennio o più": quel che accade oggi avrà dunque conseguenze per almeno un decennio.

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La stima per l'Italia è di 500.000 posti di lavoro in meno

In generale, nel 2020, in Italia, si perderanno mezzo milione di posti di lavoro in Italia. Il dato è stato presentato dal presidente dell’Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) Mimmo Parisi, in audizione alla commissione Lavoro del Senato.
Secondo Parisi, nel 2021 si dovrebbero recuperare circa 250mila posti (la metà di quelli persi), mentre si tornerà ai livelli occupazionali pre epidemia – 23,4 milioni di lavoratori – solo nel 2023.

Anche in questo caso è la "generazione lockdown", che arriva da un processo di precarizzazione iniziato diversi anni fa, a subire il danno maggiore.

Risorse addizionali per questo articolo • Stefania De Michele

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