Coronavirus, i Balcani contro il coronavirus ma mancano dottori, strutture e medicine

Coronavirus, i Balcani contro il coronavirus ma mancano dottori, strutture e medicine
Diritti d'autore Bansko, in Bulgaria - NIKOLAY DOYCHINOV/AFP
Di Redazione italiana, AP
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I sistemi sanitari di Serbia, Bulgaria, Albania, Bosnia, Macedonia settentrionale e Romania sono stati tutti duramente messi alla prova dall'esodo massiccio di medici e infermieri negli ultimi anni. Ora li aspetta la dura prova del #coronavirus.

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Il principale ospedale serbo che cura i pazienti infettati dal coronavirus sembra un edificio abbandonato, ma non lo è.

Con la sua facciata fatiscente, le pareti scrostate e le stanze piene di letti di metallo, la clinica per le malattie infettive del centro di Belgrado è da decenni simbolo di un sistema sanitario, quello serbo, che sembra da sempre sull'orlo del collasso. E che dovrà ora far fronte all'epidemia di COVID-19.

"Se non ti uccide il coronavirus, lo farà sicuramente quell'ospedale", dice Bane Spasic, un uomo di mezza età che vi si è recato di recente per una piccola infezione.

I soldati dell'esercito serbo fuori dalla Clinica per le malattie infettive e tropicali di Belgrado, in Serbia. Foto AP/Darko VojinovicDarko Vojinovic

Anche se la pandemia COVID-19 non ha colpito l'Europa centrale e orientale con la stessa intensità dell'Italia, della Spagna e della Francia, i funzionari sanitari di tutta la regione balcanica danno l'allarme per la mancanza di personale medico, strutture, attrezzature e letti d'ospedale a sufficienza.  

I paesi dell'est Europa hanno adottato una serie di misure restrittive, dall'interruzione dei collegamenti e dei viaggi fino alla chiusura di scuole e università. Ma si teme che il numero relativamente basso di test effettuati non rifletta la vera portata dell'epidemia da queste parti.

L'esodo massiccio di medici e infermieri verso l'Occidente, soprattutto la Germania, potrebbe rivelarsi un grosso ostacolo nella lotta contro l'epidemia. Il personale medico in pensione è stato richiamato in servizio e gli studenti di medicina laureati sono stati invitati a offrirsi volontari per i turni in reparto. I funzionari promettono bonus speciali.

Il governo sloveno ha sospeso gli studi specialistici per i nuovi medici e gli stagisti di modo che possano unirsi allo sforzo per combattere l'epidemia. I medici laureati che non hanno ancora l'abilitazione saranno immessi in ruolo ovunque sarà necessario il loro aiuto.

La Slovenia, confinante con l'Italia, è stata duramente colpita dalla diffusione del virus con 286 casi confermati e un morto.

I sistemi sanitari di Serbia, Bulgaria, Albania, Bosnia, Macedonia settentrionale e Romania sono stati tutti duramente messi alla prova dall'esodo massiccio di medici e infermieri negli ultimi anni. I dottori si sono in generale trasferiti nei Paesi più ricchi dove la paga è migliore, ma molti hanno gettato la spugna a causa delle difficoltà del proprio sistema sanitario, dei troppi straordinari, dei salari modesti e della cronica carenza di forniture mediche di base per curare le persone.

In Bulgaria, dove ci sono stati già due morti, il governo ha annunciato un sostegno finanziario a tutti i medici coinvolti nella gestione del COVID-19: 500 euro in più in busta paga. In Albania, 59 contagi e due decessi, il primo ministro Edi Rama ha annunciato che a partire da marzo tutto il personale medico sarà pagato 1.000 euro in più al mese. Lo stipendio medio mensile a Tirana e dintorni è di 450 euro.

Il presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, ha annunciato la scorsa settimana che tutti gli operatori sanitari otterranno un aumento del 10% dei loro salari in vista dell'incombente lotta contro il coronavirus. Si ritiene che circa 6.000 tra medici e infermieri serbi abbiano già lasciato il paese negli ultimi anni, cosa che ha spinto il governo di Belgrado a cancellare un accordo con la Germania per l'assunzione di infermieri provenienti dalla Serbia.

In tutto il Paese è stato dichiarato lo stato di emergenza: prevede un coprifuoco nazionale fino all'alba per tutti i cittadini e il divieto per tutti coloro che hanno più di 65 anni di lasciare le proprie abitazioni.

L'epidemiologo Predrag Kon, che fa parte del team anti-virus della Serbia, ha spiegato che l'idea dello stato di emergenza è di allungare il più possibile i tempi dell'epidemia per evitare di soffocare le cliniche e gravare troppo sul sistema sanitario.

Zlatko Kravic, a capo dell'ospedale di Sarajevo, si è detto preoccupato dalla capacità della Bosnia ed Erzegovina di rispondere alla grave crisi a causa della mancanza di personale medico.

"Avremo bisogno di più dottori, i nostri attuali livelli di personale dovranno aumentare di almeno un terzo", ha detto all'agenzia AP, invitando i medici in pensione a tornare in corsia e "contribuire alla nostra lotta contro questa minaccia del XXI secolo".

In Croazia, Stato UE che deve anch'essa fare i conti con la grave carenza di personale medico, la lotta contro l'epidemia è stata paragonata alla guerra per l'indipendenza dalla Jugoslavia degli anni Novanta. "Credo che siamo abituati a situazioni di ogni tipo", le parole di Alemka Markotic, responsabile del reparto malattie infettive dell'ospedale di Zagabria.

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