Da dove nasce il malcontento iracheno? Le ragioni in anni di guerra e guerra civile che hanno portato a governi deboli, interferenze straniere e fragilità economica
La rivolta in Iraq di cui in questi giorni vi proponiamo il racconto ha radici profonde, senza la pretesa di essere esaustivi possiamo ritrovarle nella tormentata storia recente del Paese. Una storia di guerra.
Dopo la guerra, il Paese è nel caos
Secondo diversi osservatori è la modalità con cui si esce dalla seconda guerra del golfo che getta le basi delle ultime disgrazie: deposto Saddam Hussein, gli Stati Uniti lasciano nel 2011 un Paese niente affatto pacificato; nel frattempo la messa al bando del partito Ba'th ha fatto crescere il dissenso dei sunniti e diviene concausa della creazione dello stato islamico.
Lo stato islamico, altri anni di guerra civile
Cosa significa quest'ultimo per il Paese dei 2 fiumi? Altri anni di guerra civile e poi la nascita di un governo debole, quello di Adil Abdul Mahdi nell'ottobre del 2018. Intanto l'Iran, dopo che gli Stati Uniti hanno lasciato il Paese, ha rafforzato i suo legami con l'Iraq di cui controlla il territorio con i suoi servizi meglio di chiunque altro.
Economia e democrazia deboli
Gli iracheni, stanchi della corruzione, del caro vita, fiaccati da una disoccupazione giovanile al 25 %, chiedono riforme che non arrivano. E tutto vogliono tranne che essere commissariati dall'Iran, considerato complice del governo per i mali del Paese.
Primo ottobre, via alle proteste per il numero due dell'antiterrorismo
Così il primo ottobre di quest'anno la scintilla che accende il fuoco delle manifestazioni iniziate in piazza Taharir a Baghdad, è il declassamento di un alto ufficiale dell'antiterrorismo noto in patria: Abdul-Wahab al-Saadi veterano della campagna di liberazione contro l'ISIS su pressione di politici filo-iraniani. Per la gente, soprattutto i tanti giovani, è troppo.
In piazza scendono tutte le categorie sociali e tutte le professioni, le città si infiammato una ad una: dopo Baghdad c'è Nassiria dove il 5 ottobre viene dato fuoco ai quartier generali di diversi partiti politici ed emittenti televisive.
Poi tocca a Bassora dove viene bruciato il consolato iraniano, pochi giorni dopo stessa sorte per il consolato iraniano di Najaf.
Le notizie della repressione e del sangue fanno il giro del mondo e si arriva alle dimissioni del primo ministro Mahdi su suggerimento della massima autorità sciita del Paese Al Sistani che evidentemente vuole salvare il salvabile. Troppo tardi? Lo dirà la storia ma di certo la transizione verso un nuovo governo non si preannuncia facile.