Arcelor Mittal, l'Europa sta perdendo la battaglia dell'acciaio

Arcelor Mittal, l'Europa sta perdendo la battaglia dell'acciaio
Di Stefania De MichelePaolo Alberto Valenti
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button
Copia e incolla il codice embed del video qui sotto:Copy to clipboardCopied

La crisi è amplificata da crisi economica, guerra dei dazi e Brexit

PUBBLICITÀ

L'associazione europea dei produttori siderurgici Eurofer l'ha definita una "tempesta perfetta". L'economia che, nell'eurozona, rallenta in maniera sincronizzata; la guerra dei dazi, avviata da Trump, che ha dirottato il flusso dei prodotti cinesi in Europa; il rialzo dei prezzi delle materie prime impiegate in siderurgia: tutto concorre al taglio della produzione di acciaio nel Vecchio Continente.

Acciaio: cresce la produzione, ma 'comanda' la Cina.

In realtà, nel 2018, la produzione siderurgica globale è cresciuta del 4,6%, ma il dato premia soprattutto la performance di Cina (+9,9%), seguita dai Paesi del Medio Oriente al +8,5% e dall'India con il +4,9%. Da sola Pechino produce oltre 900 milioni di tonnellate, la metà dell'intera produzione globale.

In Europa, la Germania, primo produttore europeo, ha perso il 2%; l'Italia, seconda in graduatoria, il 3,9%. La motivazione risiede nella legge di mercato: troppa produzione, e quindi troppa offerta, rispetto alla domanda.

La geografia dei tagli alla siderurgia in Europa

Il tonfo dell'ex Ilva di Taranto, con il disimpegno annunciato del gigante siderurgico Arcelor Mittal, è solo l'ultimo dei rovesci del gruppo: gli altri tagli riguardano le acciaierie di Dunkerque in Francia e di Eisenhuttenstadt in Germania, oltre a quelli degli impianti in Polonia (a Cracovia) e in Spagna (nelle Asturie). Anche la British Steel, secondo gruppo siderurgico britannico, è in amministrazione controllata e un tribunale ne ha ordinato la liquidazione. Colpa della Brexit - dicono - che ha ridotto le commesse di acciaio e fatto lievitare i costi per la partecipazione al mercato dei diritti sulle emissioni di CO2.

Il crepuscolo dell'acciaio

Il piano di esuberi previsto dalla società franco-indiana Arcelor Mittal per i suoi stabilimenti italiani (primo fra tutti le acciaierie di Taranto) potrebbero essere visti al rialzo: da 5 mila a 7 mila operai che verrebbero licenziati. Venerdì 8 novembre i sindacati hanno decretato uno sciopero di 24 ore nei diversi impianti italiani Arcelor Mittal.

I sindacati in guerra e il premier Conte contestato a Taranto

Il premier Conte è arrivato nel pomeriggio a Taranto per recarsi all'ex Ilva. È entrato dalla portineria D dello stabilimento, quella riservata all'ingresso degli operai. All'ingresso si sono raggruppati lavoratori e rappresentanti di comitati e movimenti con striscioni di protesta. Gli incontri con i dipendenti e i dirigenti dell'acciaieria sono già in corso. Conte parteciperà al consiglio di fabbrica permanente di Fim, Fiom e Uilm. 

Cosa chiedono i sindacati

I metalmeccanici chiedono ad Arcelor "l'immediato ritiro della procedura di retrocessione dei rami d'azienda e al governo di non concedere nessun alibi alla stessa azienda per disimpegnarsi, ripristinando tutte le condizioni in cui si è firmato l'accordo del 2018, che garantirebbe la possibilità di portare a termine il piano Ambientale nelle scadenze previste". Per i sindacati "la multinazionale ha posto delle condizioni inaccettabili e le più gravi riguardano la modifica del Piano ambientale, il ridimensionamento produttivo a quattro milioni di tonnellate annue e la richiesta di licenziamento di migliaia di lavoratori". Un forte ridimensionamento del maggiore impianto sinderurgico europeo rischia di assestare un colpo gravissimo all'economia continentale.

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Come si salva l'ilva? "Si cerchino alleanze in UE"

Trump toglie i dazi su acciaio e alluminio a Messico e Canada

ArcellorMittal ridurrà la produzione di acciaio in Europa