Erdogan più preoccupato dall'embargo agli armamenti o dalle sanzioni economiche?

 Erdogan più preoccupato dall'embargo agli armamenti o dalle sanzioni economiche?
Diritti d'autore Veicoli militari turchi vicino al confine con la Siria, nella provincia di Sanliurfa - REUTERS/Murad Sezer
Di Next New Media, Ansa
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L'Italia ha annunciato lo stop alla vendita di armi alla Turchia. Negli anni l'Italia è diventata il quarto fornitore di missili e armamenti di Ankara, dietro Stati Uniti, Germania e Corea del Sud.

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L'Italia ha annunciato lo stop alla vendita di armi alla Turchia. Negli anni l'Italia è diventata il quarto fornitore di missili e armamenti di Ankara, dietro Stati Uniti, Germania e Corea del Sud.

Quando gli Stati Uniti hanno negato la vendita dei missili Patriot, la Turchia ha comprato quelli russi S-400. Quando di conseguenza hanno sospeso la sua partecipazione al programma dei caccia F-35, Ankara ha minacciato di prendersi gli Su-35 di Mosca. Sull'arsenale militare, in caso di embargo, a Erdogan non manca un piano B, seppur complicato dalla membership Nato.

Serve a qualcosa non vendere armi alla Turchia?

Le sanzioni economiche americane - ed eventuali stop agli investimenti dei giganti europei - rischiano invece di metterlo con le spalle al muro. Come accadde nell'estate dello scorso anno, quando il Paese finì sull'orlo del baratro e la lira turca cadde a picco nel giro di pochi giorni dopo le misure punitive volute da Donald Trump per far scarcerare il pastore evangelico Andrew Brunson. Che infatti tornò libero poche settimane dopo.

Per questo, le nuove sanzioni imposte da Washington spaventano Recep Tayyip Erdogan ben più di una moratoria sulle armi.

La scure piomba proprio mentre l'economia turca cominciava a registrare segnali di ripresa, dopo che in un anno la divisa nazionale aveva perso un terzo del suo valore, l'inflazione ufficiale aveva sfondato il tetto del 25% e la disoccupazione toccato i massimi da dieci anni. Ieri, il listino dei titoli bancari di Ankara ha fatto segnare un crollo immediato dell'8,2%, salvo poi rimbalzare oggi insieme alla Borsa di Istanbul sulla scommessa dei mercati di un rapporto ancora recuperabile. Gli analisti vedono però all'orizzonte possibili nuove oscillazioni, specie se crescesse la spinta al boicottaggio in Europa. Il primo maxi-investimento congelato - per ora solo una decisione rinviata, in attesa che si calmino le acque - è di Volkswagen, che era pronta a mettere sul piatto 1,3 miliardi di euro per una fabbrica capace di produrre 300 mila auto all'anno e 5 mila posti di lavoro a Manisa, nell'ovest del Paese, e adesso rischia invece di finire in Bulgaria.

Siria: quante armi l'Europa ha fornito alla Turchia?

Accogliendo la metà delle sue esportazioni, pari a 84 miliardi di dollari, l'Unione europea è il primo mercato per Ankara e un'eventuale stretta colpirebbe il Sultano dove fa più male. Una situazione in cui sarà cruciale il ruolo dell'Italia, quinto partner commerciale assoluto della Turchia, con un interscambio l'anno scorso di quasi 20 miliardi di dollari in sostanziale equilibrio tra import ed export. C'è poi lo spettro di un boicottaggio del turismo, che fino a 10 giorni fa viaggiava verso un record assoluto di 45-50 milioni di visitatori nel 2019, dopo essersi messo alle spalle gli anni neri del terrorismo e del post-golpe. L'attesa vetrina della prossima finale di Champions League a Istanbul sembra a rischio, dopo la bufera internazionale per il saluto militare dei calciatori turchi e il massiccio sostegno del mondo sportivo all'offensiva in Siria. L'Uefa resta prudente, in attesa che passi la bufera. "Sia lungimirante", ha chiesto il ministro dello Sport turco Mehmet Kasapoglu. Per Erdogan, il colpo all'immagine - e al portafogli - sarebbe pesantissimo.

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