Decine di morti in Iraq a causa di proteste anti-corruzione

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Di Sergio Cantone
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Decine di morti in Iraq a causa di proteste anti-corruzione. La gioventù vuole dimissioni eccellenti. Appoggio morale dei vertici religiosi sciiti

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L'autunno iracheno assume le sfumature di una primavera araba. Scontri a Baghdad e nel sud del paese mesopotamico provocano almeno settantre morti. Secondo fonti internazionali si tratta di giovani che protestano contro la corruzione del sistema politico ed economico. Il massimo esponente del clero sciita in Iraq, l'ayatollah Ali Sistani, si dimostra aperto nei confronti delle richieste della popolazione, ma allo stesso tempo invita i facinorosi alla calma. Opinione condivisa dal primo ministro del paese, Abdul Al-Mahdi, anch'egli sciita, che parla di "domande legittime" da parte della piazza in fiamme. I manifestanti chiedono riforme, trasparenza e addiritura le dimissioni del regime politico che ha retto il paese dal 2003 in poi, attraverso gli anni di conflitto che insanguinarono il paese dal 2002 fino quasi al 2010. L'Iraq, dopo la caduta di Saddam Hussein è passato di fatto sotto il controllo della maggioranza sciita, lambendo la sfera di influenza iraniana. Gli Usa contavano costruire in Iraq una democrazia sciita e sunnita per creare un'alternativa filo-occidentale all'Iran teocratico, come negli anni sessanta ai tempi della deposta monarchia Hashemita. Nei piani dei Neocons avrebbe dovuto essere il culmine delle primavere arabe. Il paese, ricco di petrolio continua a risentire della divisione settaria tra sciiti e sunniti. In questi quattro giorni di sollevazioni nella provincia autonoma settentrionale curda ha regnato la calma.

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