Rouen come Seveso: mancanza di preparazione, manutenzione e informazione volani per le tragedie

Rouen come Seveso: mancanza di preparazione, manutenzione e informazione volani per le tragedie
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Di Simona Zecchi
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A una settimana dall'incendio di Rouen, in Normandia, la popolazione continua ad essere preoccupata per la zona dove si sono già registrati casi di nausea, vomito, diarrea. Ne abbiamo parlato con il gironalista Daniele Biacchessi che si è occupato a lungo della trgedia di Seveso del 1976

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A una settimana dall'incendio di Rouen, in Normandia, la popolazione continua ad essere preoccupata per la zona, dove si sono già registrati casi di nausea, vomito, diarrea, con conseguenze anche per gli animali. L'impianto è stato classificato sotto la direttiva Seveso, norma europea adottata dopo l'incidente del luglio 1976 nell’azienda ICMESA di Meda. Una parte della direttiva è dedicata all’informazione della popolazione circa i rischi e i comportamenti da tenere in caso di incidenti.

Maggiori siti di impianti classificati Seveso europei

Lo stabilimento Lubrizol si trova a 135 chilometri da Parigi e dal 1954 produce additivi per lubrificanti. L'impianto era già stato protagonista di un grave incidente nel gennaio 2013 quando si era verificata una fuga di mercaptano, un gas utilizzato per dare cattivo odore a gas inodori e pericolosi. La Lubrizol lo utilizza nella fabbricazioni di olii e lubrificanti industriali. In quel caso non si trattava di un gas particolarmente pericoloso, anche se a causa dei forti venti, la nube di gas aveva addirittura attraversato la Manica e raggiunto il sud dell'Inghilterra. Tuttavia, l'incidente doveva suonare come un campanello di allarme a fronte di quanto è successo pochi giorni fa.

Ne abbiamo parlato con il giornalista e scrittore Daniele Biacchessi, che si è occupato a lungo della tragedia di Seveso, pubblicando un libro "La fabbrica dei profumi" nel 1995 (e ripubblicato per Ecologica nel 2016) dove, documenti alla mano, ha dimostrato l'inerzia dell'azienda e le colpe dei suoi dirigenti, senza mai subire querele o ricevere smentite di quanto da lui fatto emergere.

Il 'Disatro di Seveso' è stato infatti definito come il "primo choc ambientale italiano", quando esattamente alle 12,37 del 10 luglio 1976 nel reparto 'B' dello stabilimento Icmesa di Meda, in Brianza, la temperatura di un reattore chimico per la produzione di un componente di diserbanti balza sopra il limite dei 175 gradi centigradi. La valvola di sicurezza entra in funzione, grazie alla solerzia di un operaio, evitando l'esplosione, ma rilascia all'esterno, per circa mezz'ora, una ''nuvola bianca'' contenente circa due chilogrammi di diossina TCDD, una delle sostanze chimiche più tossiche, che il vento spinge verso i comuni di Seveso - il più vicino - e di Cesano Maderno, Desio e Meda. Dopo quella tragedia, che non ha provocato morti a oggi, ma i cui effetti nocivi della Diossina sono tuttora studiati e, secondo alcuni studi stabiliti nel 2013 e nel 2016 (a 30 anni dalla tragedia), la correlazione tra diossina e tumori è stata confermata, in particolare per linfomi e leucemie.

Lo scopo della legislazione Seveso è appunto quello di prevenire incidenti rilevanti (esplosioni, incendi, fuoriuscite di sostanze tossiche nell’aria o nell’acqua) e ridurne le conseguenze, in siti con alto potenziale di rischio in caso di malfunzionamento, tenendo conto delle sostanze chimiche presenti negli stabilimenti.

Rouen più grave rispetto a Seveso: sono passati 43 anni quindi in ambito scientifico, giuridico e saggistico si è pubblicato e saputo molto; non si può dire che non si sapesse
Daniele Biacchessi

"Oggi la cultura ambientale - riferisce Biacchessi - è certamente più diffusa in tutto il mondo sia da parte dei giovani (lo abbiamo visto con le manifestazioni da loro stessi indette in tutte le città del mondo), sia da parte delle imprese che hanno fatto dei passi in avanti." Ma avverte: "Tutte le fabbriche che si occupano di chimica in generale sono a rischio ambientale, queste leggi sono molto ferree danno disposizioni sulla manutenzione degli impianti, ecc, ma il punto rimasto inascoltato e non applicato fino in fondo della direttiva, è la manutenzione oltre in generale alla preparazione di chi è addetto, mancano in sostanza preparazione e una approfondita manutenzione".

"La chimica pulita non esiste e in generale nessuno ti potrà mai dire che esista uno stabilimento 'pulito', sia in pubblicistica sia a livello scientifico" - affonda ancora Biachessi.

Quello su cui tuttavia il giornalista insiste maggiormente è la questione della mancanza di informazione volontaria e gli ostacoli che vengono frapposti a coloro i quali, come gi ambientalisti ma anche i giornalisti, si attivano per reperire informazioni che in generale le aziende coinvolte rifilano con il contagocce.

"In tutti gli incidenti di questo tipo accaduti nel mondo, il silenzio resta generale fino ai processi e alle inchieste in cui si scopre l'esistenza della documentazione in possesso delle stesse aziende sulla pericolosità di quegli impianti. Alla fine, come nella tragedia di Seveso, si scopre che tutti sapevano: dalla regione Lombardia ai dirigenti: tutti sapevano della fuoriuscita enorme di diossina ma nessuno riusci mai a inchiodarli alle loro responsabilità, le pene seppur comminate sono state infatti limitate."

Innanzitutto, sono le autorità civili, politiche che dovrebbero cominciare a fornire informazioni certe ai cittadini: l'informazione non può essere solo appannaggio delle aziende
Daniele Biacchessi

Un messaggio Biacchessi lo lancia anche ai giornalisti che "devono continuare a procurarsi la documentazione: se dovessero infatti esserci delle colpe di tipo penale i documenti devono essere letti dai cittadini che devono essere informati".

Il riferimento è al giornalismo di inchiesta che attraverso la ricerca e la scoperta di documenti in "armadi cosiddetti della vergogna" possono spingere le autorità ad aprire inchieste giudiziarie e le aziende a sentirsi obbligate a informare i cittadini che vivono nelle vicinanze dei loro impianti.

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