La Madre Teresa di Lione si chiamava Mémé Santilli

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Di Paolo Alberto Valenti
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Cento anni fa, il 1 ottobre 1919, nasceva a Secinaro (l’Aquila) Onorina Santilli, la donna italiana che negli anni Cinquanta e Sessanta lanciava a Lione, nell’intimità della sua casa, azioni concrete per sostenere orfani, portatori di handicap e giovani tanto provati dalla cronicità delle malattie

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“Non posso non accogliere coloro che vedo nella miseria”, confidava a tutti Onorina Santilli, una mamma italiana come tante che tuttavia ha lasciato in Francia, nel secolo scorso, il solco di una generosità eccezionale.

Nel giugno del 1947 giunge a Lione insieme al marito ingegnere presso le officine Berliet. Allora avevano già due figli e nonostante le inevitabili difficoltà dell’emigrazione i Santilli si dedicano subito all’accoglienza di migranti clandestini italiani privi del permesso di soggiorno che senza il loro aiuto sarebbero stati espulsi dalla Francia. Forse proprio le difficoltà dell’emigrazione spingono a capire meglio chi fugge da situazioni insostenibili. Mentre casa loro si popola di altri 3 figli si accoglie saltuariamente chi è nel bisogno.

Nel 1961 l’Ingegner Santilli muore a causa dei postumi di una operazione. Mémé trasforma il suo appartamento in ostello a tempo pieno dove non si paga la retta. La Santilli trova aiuto in qualche amico e nella sua fede cristiana.

"Eravamo giovani e felici; mio marito aveva un buon lavoro come ingegnere presso Berliet. Abbiamo avuto cinque figli. Ma eravamo immigrati dall'Italia dopo la guerra. Abbiamo ricordato le difficoltà incontrate nel farci accettare dalla società francese. Eravamo stranieri. Mio marito portava spesso a casa giovani con problemi che aveva incontrato sul posto di lavoro o altrove. Erano stranieri che arrivavano in Francia senza punti di riferimento, o giovani che erano scappati, o addirittura persone in miseria. Sarebbero venuti da noi momentaneamente in attesa di rimettersi in cammino, poi avrebbero ripreso la loro autonomia.", confidava Mémé ad uno di quei collaboratori che sarebbe poi diventato un erede di questo lavoro di soccorso permanente ai diseredati.

Le istituzioni ancora non si erano accorte dei Santilli. Nella grande Francia degli anni Sessanta lo stato sociale era ancora lettera morta. Nel 1970 Mémé ospita già in via permanente dai 3 ai 18 ragazzi e per questo nel 1971 si trasferisce in un appartamento di 360 mq in rue Sala, al numero 4, nel secondo arrondissement lionese. 

Questo nuovo alloggio si chiamerà “La casa”, cioè “Centro d’Accoglienza dei Senza Amore” che diventerà anche il nome dell’associazione creata nel 1981, LA CASA al numero 7 di rue Chalopin, votata all’aiuto di coloro che pur avendo più di 18 anni non erano completamente autonomi. L'obiettivo è accompagnarli verso la vera indipendenza e una nuova vita.

Passano gli anni e i problemi aumentano mentre gli ospiti crescono in numero e anche di età. Mémé non si arrende: spende le sue risorse personali nell’opera di assistenza.

“Dobbiamo dare radici solide ai rami morti che rischiano di diventare questi giovani in cerca della loro identità”, disse una volta ad una giornalista francese che era venuta a descrivere l’attività umanitaria alla quale Onorina ha consacrato la sua intera esistenza, probabilmente anche sotto il segno di quello stesso sentimento che l’aveva portata alle nozze e alla creazione di una grande famiglia. 

Attraversando la maestosa place Bellecour, cuore di Lione e la non lontana rue Sala, se ci si astrae per un attimo dal soffuso ronzio dell’urbano e dei suoi traffici si sentono le pietre raccontare quest’opera di vita quotidiana così grande che resta concreta nell’associazione Mémé Santilli, tutt’ora dedicata all’aiuto alimentare delle famiglie di migranti in difficoltà.

Onorina combatteva la fame ma non distribuiva solo il pane o la zuppa. Il peggiore dei mali è l’esclusione, la vera solitudine che produce una disperata sete di tutto, fame d’amore e d’allegria. Ecco perché nelle frasi di Onorina la prima parola era: amore. La chiave di volta del mondo, l’unico vero progetto per la soluzione di ogni dramma.

“A volte nella vita incontriamo persone che ti lasciano segni indelebili. Non ho avuto la possibilità di incontrare Madre Teresa nella mia vita, ma ho incontrato, qui, nel secondo arrondissement di Lione, Madame Santilli. Vederla al lavoro e discutere con lei, non lasciava indifferenti.” Lo ha detto Marinus Rooijaekers (poi divenuto presidente dell'associazione della Santilli) nel 2012. 

“Dopo la morte di suo marito – ha continuato Rooijaekers - voleva continuare quello che avevano iniziato insieme: avere una casa sempre accogliente. Avrebbe potuto vivere comodamente, chiusa nella sua famiglia con cinque figli. Ha scelto di essere un'assistente sociale per aiutare bambini e ragazzi in difficoltà”.

Come ebbe a spiegare una volta, "I bambini del Ddass (Direzione dipartimentale per le questioni sociali e sanitarie in Francia) sono un numero; molto spesso vengono respinti e c'è un fenomeno di incomprensione con l'entourage”. Se diciamo: “è handicappato”, sarà sempre handicappato. E invece sono esseri che hanno bisogno di complimenti, incoraggiamento e amore. “Qui parliamo di amore, spieghiamo l'amore; devono sapere che sono amati" insisteva Onorina.

Al numero 4 di rue Sala molti bambini e giovani furono accolti e nutriti con equilibrio, tenerezza, compassione, spirito di famiglia.

Onorina Santilli, mancata in tarda età nel 2011 a Lione, è stata insignita nel 1994 col prestigioso riconoscimento francese di Chevalier de l’Ordre National du Mérite. Il fatto di aver avuto una famiglia numerosa e contemporaneamente aver creato e diretto diverse associazioni umanitarie resta un fatto raro.

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