Brexit, nel Regno Unito c'è ancora un luogo in cui gli europei si sentono i benvenuti: in Scozia

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Diritti d'autore AFP
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Di Lindsey Johnstone
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"Gli scozzesi si vergognano per ciò che i loro amici e coetanei europei stanno passando per colpa della Brexit". Viaggio in un paese dove la maggioranza delle persone ha votato per rimanere ma che è legato indissolubilmente al destino di Londra.

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"Voglio cogliere per rivolgermi direttamente ai cittadini degli altri paesi UE che vivono qui in Scozia: siete e restate i benvenuti, qui: la Scozia è casa vostra, il vostro contributo è prezioso".

Queste parole sono state pronunciate dal primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, il 24 giugno 2016. Quella mattina, assieme agli altri suoi concittadini, si è svegliata scoprendo che la Scozia era destinata a lasciare la UE assieme al resto del Regno Unito. Un destino che mal si conciliava con quel 62% di voti per il remain e una vittoria per il fronte anti-Brexit in ogni circoscrizione elettorale (un'eccezione in tutto il Regno Unito)_. _A Edimburgo, il no all'uscita dalla UE ha fatto registrato una percentuale bulgara del 74.4% - la più alta di tutte le città britanniche; a Glasgow, il 66.6% degli elettori ha detto no a Farage, mentre a Londra questa percentuale si è fermata al 59.9%. 

Una ricerca pubblicata la settimana scorsa dall'Università di Birmingham ha rilevato che i cittadini dei 27 paesi UE residenti in Scozia - circa 221mila - si sentono più sicuri e certamente più benvenuti qui che in Inghilterra. La maggior parte dei rispondenti indica come non sia solamente l'esito del voto ad influire in questa percezione, ma anche il tono costantemente rassicurante dell'esecutivo del Scottish National Party (SNP) di Sturgeon.

La percezione di maggior sicurezza in Scozia non corrisponde alle effettive tutele giuridiche che il paese di Sturgeon sarà in grado di applicare agli europei ivi residenti, dato che l'immigrazione non è una delle questioni oggetto di devolution, e quindi gestita dal governo scozzese a Holyrood, ma è invece competenza del Ministero degli Interni del governo britannico.  

Non è trascurabile, scrivono i ricercatori, che i cittadini UE in Scozia abbiano avuto diritto di voto al referendum sull'indipendenza del paese nel 2014; un diritto, al contrario, che è stato loro negato in occasione della consultazione sulla Brexit del 2016. Il partito di centro-sinistra SNP di Nicola Sturgeon, al potere dal 2007 - si muove in un quadro di nazionalismo civico, in contrapposizione ad ideali di sovranismo o nazionalismo etnico.

Manifestazione di cittadini europei con cartelli nelle varie lingue in occasione del referendum del 2014 - AFP

Nando Sigona, presidente dell'International Migration and Forced Displacement e vice direttore dell'Institute for Research into Superdiversity dell'Università di Birmingham, indica a Euronews come la differenza tra il messaggio del governo scozzese e di quello britannico non possa essere più evidente. 

"Il primo ha spinto su un forte messaggio pro-UE, prima e dopo il referendum UE. I principali partiti nel parlamento scozzese sono tutti filo-UE, compreso l'ex leader del partito conservatore in Scozia, Ruth Davidson. Il messaggio proveniente dal governo britannico è stato molto più ambiguo e gli impegni a proteggere i diritti dei residenti UE sono stati ripetutamente violati".

Alice Guerard, 38 anni di Parigi, vive con il suo partner polacco e la figlioletta nella città di Dunfermline, a nord di Edimburgo. "Ero in Indonesia quando ho appreso del risultato del referendum sulla Brexit. Ho pianto per l'intera serata, non ci potevo credere. Penso che la maggioranza degli scozzesi si senta profondamente connessa all'Europa; a Edimburgo e Glasgow le società sono abbastanza cosmopolite. Qui non si sentono le stesse storie dell'orrore che si sentono in Inghilterra", è la sua testimonianza ai nostri microfoni. "Ho cercato di fare domanda per la residenza stabile, ma ogni volta che ci provo succede qualcosa. In questo momento, sul sito c'è un messaggio che dice: 'Servizio non disponibile. Si prega di riprovare più tardi'". 

La posizione di Holyrood su Brexit

Ambiguamente, sulla pagina relativa alla Berxit del sito internet del governo scozzese si legge: "Il Regno Unito potrebbe lasciare l'Unione Europea"; sulla sezione equivalente del governo britannico c'è invece scritto: "Il Regno Unito lascerà l'Unione Europea il 31 ottobre 2019". Holyrood è stato più volte inequivocabile nella sua opposizione alla prospettiva.

Il giorno dopo il referendum, Sturgeon non ha solamente pubblicato una lettera aperta ai cittadini UE in Scozia; il mese successivo, è tornata a rivolgersi loro con queste parole: "Vorrei assicurarvi che il governo scozzese sta perseguendo ogni possibile opzione per proteggere la posizione della Scozia in Europa e, per estensione, gli interessi dei cittadini di tutta l'Unione Europea qui residenti".

Lo studio del professor Sigona rileva come questi messaggi abbiano avuto un effetto duraturo sul modo in cui i cittadini europei percepiscono la loro vita in Scozia. Un danese intervistato dalla ricerca ha dichiarato: "Mi sentivo davvero depresso, ma poi ricordo che Nicola Sturgeon è andata in TV la mattina seguente per parlare direttamente con i cittadini UE in Scozia, dicendo loro che era casa loro e così via. È stato davvero rassicurante".

Ad inizio anno, il governo scozzese ha lanciato la campagna Stay in Scotland, con un budget di 250mila sterline (281mila euro), volta sia ad incoraggiare i cittadini europei a rimanere nel paese dopo la Brexit, sia a fornire loro indicazioni su come farlo.

"Sebbene non abbiamo il controllo sulla questione dell''immigrazione, come nazione la Scozia ha una lunga storia di accoglienza di persone di tutte le nazionalità", sono state all'epoca le parole di Sturgeon. "Se da un lato il governo scozzese purtroppo non ha il potere di concedere semplicemente il diritto di residenza a chiunque voglia rimanere, vogliamo che tutti coloro che si sono fatti una vita qui possano rimanere".

L'Home Office britannico indica come un quarto dei cittadini europei in Scozia ha fatto finora domanda di rimanere nel Regno Unito dopo la Brexit. Il governo scozzese si è già impegnato a fornire un servizio di consulenza ai tutti gli europei non britannici, finanziato con 800mila sterline (899mila euro), e sostiene il progetto EU Citizens' Rights, con eventi volti a sensibilizzare l'opinione pubblica su come le fasce più vulnerabili possano rimanere in Scozia dopo la Brexit. Per quest'ultima iniziativa sono state stanziate 50mila sterline (56mila euro).

La dott.ssa Mireille Pouget, francese ma residente in Scozia dal 1976, fa parte del gruppo che lotta per la tutela dei diritti dei cittadini europei, The 3 Million in Scotland. Pouget fa notare come ci sia la sensazione che il governo scozzese sia più facilmente avvicinabile da associazioni come la sua rispetto a quello del Regno Unito.

"Dopo il voto, nell'agosto 2016, il governo scozzese ha organizzato un evento a Edimburgo dedicato ai cittadini della UE. La sala era piena e il Gabinetto era presente nella sua interezza, rispondendo agli  interrogativi che venivano posti man mano. È stato impressionante, è stato fantastico poter parlare con i ministri. Non potremmo avere un ministro per l'Europa più disponibile di Ben Macpherson. È venuto a una riunione comunitaria a Edimburgo sui diritti dei cittadini della UE alla quale ha partecipato anche la deputata Joanna Cherry, che si trovava nel suo collegio elettorale, lo scorso novembre. Si è trattato di un evento molto piccolo, quindi sono rimasta piuttosto sorpresa quando si è presentato. Con il nuovo governo Johnson, non ci sono canali di comunicazione. Lo stesso vale tra il Ministero degli Interni. Con il governo scozzese abbiamo riunioni telefoniche mensili per aggiornarci a vicenda sulle reciproche attività e discutere delle iniziative in corso. Davvero il confronto non regge", aggiunge Pouget.

Jan Grüter, 39 anni, è originario della Germania e si è trasferito in Scozia da Londra nel settembre 2018. Vive a Finnieston, Glasgow, con suo marito. Non ce la faceva più a sostenere la frenesia londinese e si è mosso verso nord in cerca di una migliore qualità della vita. "Penso che i cittadini UE siano i benvenuti, qui. Non ho avuto alcuna esperienza negativa. Posso capire le ragioni del voto per la Brexit, ovvero una crescente disuguaglianza economica nella nostra società. Ma non sarà Brexit a risolverla, e ora il paese sembra sempre più amaramente diviso. Penso che il fatto che il governo scozzese sia stato così chiaro nel suo sostegno ai cittadini UE mi abbia fatto sentire più benvenuto, qui. La Brexit mi ha reso più favorevole all'indipendenza scozzese come meccanismo per rientrare nella UE. Dopo tutto, la stragrande maggioranza degli scozzesi ha votato a favore della permanenza nella Ue".

Jan ha chiesto e ottenuto la cittadinanza britannica poco dopo il referendum della Brexit ma non esclude di ritornare in Europa, ad un certo punto. "Sono preoccupato per le conseguenze economiche [della Brexit] e per le divisioni nella società".

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Lo spettro della crisi demografica

Alla base dell'apertura verso l'Europa da parte del governo scozzese ci sono non solo ragioni ideologiche, ma anche pratiche: la popolazione continua ad invecchiare e all'orizzonte si profila un futuro fatto di penuria di manodopera. 

La popolazione scozzese ha raggiunto il massimo storico di 5,4 milioni di abitanti, ma ha registrato il tasso di natalità più basso da quando è iniziato il monitoraggio. L'80% dei cittadini UE in Scozia è in età da lavoro rispetto al 65% della popolazione scozzese nel suo complesso.

Nel 2017, il governo scozzese aveva dichiarato che la Scozia dipendeva dall'immigrazione nei prossimi 10 anni per una questione di crescita demografica. In contrasto, nel Regno Unito, secondo le proiezioni, il 46% della crescita demografica dovrebbe venire da un aumento delle nascite rispetto ai decessi. 

Questa dipendenza dalla forza lavoro straniera, in contrasto con il resto del Regno Unito, determina non solo l'atteggiamento del governo scozzese nei confronti dell'immigrazione, ma anche un diverso approccio comunicativo rispetto al governo britannico.

Nel suo studio, il professor Sigona ha scoperto che, nonostante "questa visione della Scozia sia più un'aspirazione politica che non necessariamente una realtà, e serve per l'agenda di una Scozia indipendente..... questa retorica ha avuto un profondo effetto su come i soggetti intervistati percepiscano la propria identità di immigrati in Scozia. Il messaggio del governo scozzese sull'immigrazione è più positivo, e i nuovi arrivati sono apprezzati e accolti nella nazione scozzese. Alcuni dei nostri intervistati hanno sottolineato che è più facile essere scozzesi e francesi, scozzesi e tedeschi, scozzesi e pakistani; me nessuno dice di essere inglese e francese, o inglese e tedesco". 

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Jean-Claude Juncker e Nicola Sturgeon a Bruxelles qualche giorno dopo il referendum sulla Brexit- AFP

Retorica o realtà?

All'indomani del voto sulla Brexit, la polizia scozzese ha riferito di non aver assistito ad un aumento dei crimini motivati dall'odio: 119 segnalazioni nella settimana successiva al referendum e 116 in quella precedente. Nella stessa settimana dell'anno precedente (2015), le denunce di questo tipo sono state 142. Al contrario, i crimini motivati dall'odio in Inghilterra sono aumentati del 20% nella settimana successiva al voto a favore del Leave.

Tuttavia, alcuni soggetti intervistati dal prof. Sigona hanno riportato esperienze negative legate all'appartenenza della UE in Scozia. "In particolare abusi verbali da parte di persone ubriache. Genitori riferiscono che, in alcuni casi, i loro figli si sentivano a disagio a parlare con loro nella lingua materna in pubblico. Gli intervistati affermano di sentirsi spesso frustrati e rattristati dai titoli negativi sui giornali inglesi, percependosi sgraditi".

Sigona aggiunge però che mentre in Inghilterra chi subisce un abuso lo considera come una "dell'ambiente complessivamente ostile agli stranieri, in Scozia lo si vede come un caso isolato".

Ben Macpherson MSP, ministro scozzese per l'Europa e le migrazioni, ha dichiarato a Euronews che "le persone che si sono stabilite in Scozia dalle altre parti della UE arricchiscono significativamente la nostra società e danno un enorme contributo all'economia e ai servizi pubblici scozzesi. Sono nostri amici, vicini di casa e colleghi e vogliamo davvero che rimangano".

"Le politiche ostili in materia di immigrazione del governo britannico sono estrenanebte dannose per la Scozia, e qualsiasi tipo di Brexit non farà che esacerbare questa situazione. É sempre più chiaro che il governo britannico non è in grado di attuare politiche di immigrazione efficaci che riflettano i valori, le circostanze o gli interessi della Scozia. Pertanto, è giunto il momento che la Scozia abbia i poteri per fornire soluzioni di immigrazione su misura che soddisfino le esigenze e le aspirazioni della Scozia".

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L'Home Office britannico ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni per questo articolo, affermando che i risultati di questa ricerca non hanno nulla a che fare con le sue competenze.

Lisa, 26 anni, viene dalla Germania. Vive a Glasgow da tre anni, si è traserita qui per studiare e lavorare per un'organizzazione del settore pubblico.

"Mi sono sempre sentita accolta e benvoluta qui, sia dal popolo che dal governo scozzese. Avere un governo forte e determinato alle nostre spalle fa davvero la differenza. La mia circoscrizione elettorale di Glasgow ha votato per il 78% a favore del remain. Anche se questo purtroppo non sembra contare nulla in termini politici, ha molta importanza su come mi sento qui. Spesso le persone si vergognano per ciò che i loro amici e coetanei dei paesi UE devono passare. Ho amici che hanno deciso di fare domanda di residenza permanente intimiditi dai messaggi contrastanti da parte del governo britannico. Vivere in un paese che ha votato con decisione per rimanere è un grande sollievo e mi fa sentire al sicuro e a casa. Al momento non potrei vivere in nessun'altra parte del Regno Unito".

AFP
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