Spagna, accuse di torture nel CIE per migranti definito "Guantanamo spagnola"

Spagna, accuse di torture nel CIE per migranti definito "Guantanamo spagnola"
Diritti d'autore Foto: Olga Berrios - Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Di Jose Nunez TenaMarta Rodriguez Martinez
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Oltre 150 organizzazioni hanno domandato al ministro degli Interni la chiusura di uno dei sette centri in cui vengono ospitati i migranti: agenti senza targhetta identificativa, torture, botte, umiliazioni e scarsa assistenza sanitaria. Chieste le dimissioni del direttore.

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"La Guantanamo spagnola." Così è stato definito questo luogo da un rapporto del 2015 redatto da uno specialista in scienze giuridiche: non c'è dubbio sul fatto che il Centro de Internamiento de Extranjeros di Aluche, alla periferia di Madrid, non sia un posto qualsiasi. 

In Spagna, i CIE sono centri a carattere non penitenziario in cui vengono messi gli immigrati privi di documenti per un periodo massimo di due mesi, stabilito dalla legge. Come ha denunciato Euronews già due mesi fa, il CIE di Madrid - costruito nella sede dell'ex carcere di Carabanchel - sembra ben lontano dal soddisfare gli standard minimi fissati per questo tipo di struttura. Al punto che, stufi per il trattamento ricevuto, oltre 100 detenuti hanno presentato una denuncia formale in cui segnalano continui abusi da parte dei funzionari, cure mediche insufficienti e irregolarità nell'esecuzione delle espulsioni.

Dopo due mesi ancora nulla sembra essere cambiato. Per questo, martedì 9 luglio più di 150 organizzazioni hanno presentato al Ministero dell'Interno spagnolo una petizione per chiedere l'immediata rimozione del direttore del CIE, Antonio Montes Rodriguez.

Il dossier, che denuncia la "grave situazione di violazione dei diritti" di coloro che sono ospitati nel centro, presenta non solo numerosi documenti che provano i comportamenti vessatori, ma è accompagnato anche da diverse sentenze che mettono tutto nero su bianco in maniera inequivocabile. 

Gli atti dei giudici incaricati di monitorare le condizioni di soggiorno degli stranieri in questo CIE sono rivelatori. Si va da possibili crimini di tortura a trattamenti umilianti. Gli esempi sono molto specifici: perquisizioni sotto la pioggia, a basse temperature; aggressioni fisiche; agenti sprovvisti di targhette identificative... Il quadro che ne esce non è lusinghiero né per il centro né per il suo direttore, indicato come principale responsabile. Il Garante, il Defensor del Pueblo, ha osservato "misure di sicurezza eccessive e ingiustificate" durante la sua visita del novembre scorso. 

"Quello è un purgatorio"

Euronews ha potuto parlare con un ex detenuto del CIE di Aluche che ha confermato molte delle accuse contenute nel rapporto presentato al Ministero dell'Interno: botte, umiliazioni, impunità assoluta.

Juan Carlos (nome di fantasia) viene dal Venezuela ed ha trascorso nel centro 57 giorni (il massimo possibile è fissato a 60). Assicura di non aver mai potuto immaginare che "un luogo del genere potesse esistere nel centro di Madrid, città del primo mondo". Ancora visibilmente scosso, parla di aggressioni che "partono dal momento in cui ci si alza. Due dei miei compagni sono stati picchiati per aver semplicemente chiesto assistenza medica. Quando hanno chiesto spiegazioni al funzionario, che gliele ha negate, si sono sentiti rispondere: 'Io sono la legge, se non ti sta bene parliamone'. Entrambi sono stati rispediti nel loro Paese d'origine dopo essere stati picchiati. Uno è stato colpito davanti a tutti. Ti dicono poi di denunciarli e vedere se riesci a ottenere qualcosa".

Juan Carlos ci parla anche della cosiddetta "ora del racconto", a tarda notte, quando "sette, otto, dodici poliziotti entrano nella tua cella (perché non sono stanze, sono celle) e nel caso in cui non sei sdraiato ti danno un pugno o un colpo".

"Prima di entrare qui avevo un profondo rispetto per la polizia nazionale spagnola", dice Juan Carlos, il quale conferma come molti degli agenti non portano badge identificativi. Diversi detenuti con problemi psichiatrici non ricevono alcuna cura, cosa che "moltiplica il rischio".

Xabier Gómez, dell'Osservatorio dei diritti umani Samba Martine, spiega a Euronews che ci dovrebbero esserci alternative ai CIE perché chi vi è ospitato non ha commesso alcun crimine. "Non dovrebbe essere una prigione, ma ha un regolamento che assomiglia ad una prigione: per esempio, il regime delle visite". 

Né torture né CIE

La consegna della petizione al Ministero dell'Interno è stata seguita dal lancio sui social network della campagna #NiTorturasNiCIE con cui queste 150 organizzazioni hanno reso pubblica la loro richiesta di dimissioni del direttore del centro. Ricordano la "discutibile costituzionalità" e la "nulla legittimità etica" dei CIE, chiedendo al ministro di prendere in considerazione la chiusura dello stesso. Tra i firmatari, Pueblos Unidos, Karibu, Red Solidaria de Acogida o Mundo en Movimiento.

Attualmente sono attivi in tutta la Spagna sette CIE: Aluche, Barcellona, Valencia, Algeciras-Tarifa, Murcia, Tenerife e Las Palmas. Le ONG sperano che il clamore intorno al centro Aluche possa segnare l'inizio della fine di luoghi che, come ci ricorda Juan Carlos, "sono peggiori del carcere".

Euronews ha contattato il Ministero dell'Interno che si è rifiutato di commentare.

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