Asinara: da isola-prigione a luogo di cultura

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Tre giorni di campus di alta formazione sull'Alcatraz sarda.

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A Cala d'Oliva il boss mafioso Totò Riina si sentiva 'sepolto vivo'. Come lui, il gruppo ‘storico’ dei fondatori delle Br ha vissuto la peggiore prigione nel carcere di massima sicurezza di Fornelli all'Asinara. E, prima ancora, durante la Grande Guerra, su quella zolla tra Sardegna e Corsica, trasformata in campo di prigionia, sono morti oltre settemila soldati austro-ungarici. Per oltre un secolo luogo di segregazione, quarantena e detenzione, l'isola adesso rivive per la seconda edizione di "The Photo Solstice", le Giornate di Fotografia all'Asinara, campus internazionale di alta formazione, promosso dalla Fondazione di Sardegna.

L'ex isola-prigione ospita un campus di alta formazione.

Franco Carta della Fondazione di Sardegna, responsabile del progetto, sottolinea l'impegno a valorizzare l'attuale territorio, tutelato dal Parco, attraverso iniziative culturali. E, infatti, dove c'erano il sanatorio e il carcere, oggi ci sono un'area ambientale di assoluto pregio naturalistico e una grande agorà per recuperare il senso del bello, smarrito negli anni del 41 bis.

Per tre giorni, una comunità di cento persone, composta da fotografi, filosofi, scrittori, cineasti di livello internazionale, si è insediata temporaneamente nelle ex celle e negli alloggi disponibili. Al centro del progetto, a cura del fotografo nonché direttore dell'istituto italiano di cultura a Londra, Marco Delogu, la commistione tra le arti.

Insieme ai relatori, anche un gruppo di venti fotografi che, selezionati tramite open call, hanno soggiornato gratuitamente sull’isola grazie a venti borse di studio offerte dalla Fondazione di Sardegna e dall’Assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio della Regione Sardegna.

Il contrasto tra natura e resti di archeologia penitenziaria.

11 diramazioni penitenziarie, schiacciate dal confine liquido del mare: terra sicura per Falcone e Borsellino, che all'Asinara, la seconda Alcatraz, scrissero gli atti del maxi processo; luogo che conobbe i peggiori criminali e da dove solo l’ex latitante sardo Matteo Boe riuscì a fuggire a bordo di un gommone. Il contrasto tra natura incontaminata e archeologia penitenziaria è l'elemento colto dallo scrittore Edoardo Albinati, premio Strega 2016, che ha insegnato a Rebibbia ed è un profondo conoscitore della vita dietro le sbarre: "Un impatto forte, sconvolgente - commenta - un'isola che ha un passato che l'ha segnata profondamente".

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