Dodon viene sostituito ad interim dall'ex primo ministro e membro dell'opposizione che scioglie il parlamento e chiede elezioni anticipate appena 24 ore dopo il giuramento della prima ministra
È una trama degna del più intricato dramma politico quella della crisi in Moldova, eppure parliamo del più piccolo e più povero Paese d'Europa, in 24 ore caduto nel caos più totale.
Questa domenica la corte suprema ha sospeso il presidente Igor Dodon; al suo posto, ad interim, è arrivato l'ex primo ministro Pavel Filip, partito democratico, che preso il potere ha annunciato lo scioglimento delle camere e indetto elezioni anticipate per il 7 settembre.
Proprio Filip, mentre i suoi supporter manifestavano nelle vie della capitale a migliaia, ha organizzato la deposizione con l'accusa all'ex presidente Dodon, di non aver sciolto il parlamento come avrebbe dovuto visto che gli eletti non avevano trovato entro il termine di legge del 7 giugno una maggioranza e un primo ministro.
Fatto che in effetti è accaduto solo l'8 giugno, quando dopo 5 mesi di stallo dopo le elezioni di febbraio, la prima ministra civica Maia Sandu ha giurato supportata dal blocco pro-europeo ACUM e dai socialisti filorussi, tutti interessati a mandare a casa gli oligarchi di prima, guardando con favore a Bruxelles.
Ma il giuramento di Maia Sandu è fumo negli occhi per il partito democratico e il suo leader, il tycoon filantropo accusato di corruzione dagli avversari politici Vladimir Plahotniuc.
Non è ancora chiaro se gli ordini del nuovo presidente verranno rispettati, se così fosse di fatto verrebbe mandata a casa quella che doveva essere la prima ministra del cambiamento, dopo appena 24 ore.