La pista americana su Capaci e le risposte che mancano dai processi accertati

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Di Simona Zecchi
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Il giornalista e scrittore Edoardo Montolli nel suo libro "I diari di Falcone" (Chiarelettere 2018) ha scavato sulle verità non emerse dai processi riguardo alle agende elettroniche di Giovanni Falcone e al viaggio a Washington, le cui tracce erano presenti in una di quelle agende.

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Sono passati pochi giorni dalle rivelazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola sulla strage di Capaci - avvenuta 27 anni fa - che hanno portato a nuove indagini e che aggiungono un altro livello, tutto da accertare, a quello militare già appurato nei processi passati in giudicato. Il collaboratore, che ha permesso anche la riapertura di un altro importante caso, l'omicidio del giudice Antonino Scopelliti avvenuto nel 1991, ha infatti prodotto un identikit di un artificiere statunitense esperto in esplosivi inviato in Sicilia dal boss John Gotti. Il magistrato Luca Tescaroli ci ha già parlato, rispetto alla strage, di atto di guerra destabilizzante.

L'indagine di Edoardo Montolli

Poiché verità storica e giudiziaria non sempre, anzi quasi mai, confluiscono - tal volta poi collidono- in un unico quadro complessivo che possa costituire, per chi resta, un lascito alla memoria collettiva, il lavoro del giornalismo d'inchiesta soprattutto quello minuto, quasi maniacale nella ricerca delle fonti e degli incastri, costituisce un importante strumento nella ricerca della verità e a volte può far riaprire le indagini. Nei casi piu nobili, e rari, può permettere anche modifiche al codice penale (come accadde nel 1961 grazie al lavoro di inchiesta del giornalista Enzo Asciolla, che permise di introdurre la possibilità di riapertura dei processi riguardanti gli omicidi).

Per questo, di pista americana e di altro abbiamo parlato con il giornalista e scrittore Edoardo Montolli autore, nel 2018, del libro "I Diari di Falcone" (Chiarelettere) e già autore di un altro libro intervista all'ex poliziotto ora avvocato, Gioacchino Genchi, all'epoca della stagione delle Stragi appartenente alla squadra "Falcone-Borsellino" del discusso poliziotto Arnaldo La Barbera (squadra dalla quale se ne andò sbattendo la porta): "Il caso Genchi. Storia di un uomo in balìa dello Stato" (Aliberti 2009). A Genchi, grazie alla sua preparazione informatica, chiedono allora di scoprire qualcosa sulle agende elettroniche del giudice. Lui qualcosa scopre. Scova file cancellati e li ritrova. Poi ipotizza una pista per anche per via D'Amelio e per Capaci. Ed è la pista americana, quella di cui ha parlato Genchi nei processi, che approfondisce Montolli nel libro "I Diari di Falcone", insieme a molte altre cose.

Nella lunga intervista che troverete in questo articolo con il giornalista si sono affrontati diversi argomenti, anche il ruolo di Buscetta, del pre e post Buscetta a dire la verità, e di come il suo ruolo dopo la morte del giudice Falcone abbia acquisito un altro sapore. Esempio palese ne è il processo di Perugia per accertare colpevoli e mandanti dell'omicidio del giornalista Carmine Pecorelli.

Il viaggio a Washington di cui si sono perse le tracce

"Falcone aveva due agende elettroniche - riferisce Montolli - dove annotava appuntamenti, memo ecc. Una delle due fu trovata cancellata in maniera non accidentale dopo il sequestro (avvenuto nel suo ufficio per ragioni investigative ndr). All'interno c'erano alcuni appuntamenti di estremo rilievo e che l'allora Genchi riuscì a recuperare, eventi estremamente importanti, tra cui un misterioso viaggio a Washington che tutti sino ad allora avevano smentito."

Del viaggio di Falcone - continua il giornalista - aveva parlato Carlo Palermo, ex magistrato ora avvocato, che disse che a Washington Falcone andò per incontrare Buscetta: incontro confermato dal "Falcone americano", Charles Rose, e che fu anche confermato alla giornalista Maria Cuffaro, nella trasmissione "Il Rosso e Il Nero", da un ex agente FBI e da un funzionario del dipartimento di giustizia americano (nella intervista video i nomi ndr). Lo stesso ex giudice Giuseppe Ayala - prosegue Montolli - lo confermò al processo. L'allora Ministro Claudio Martelli parlò di un viaggio per Buscetta dopo l'omicidio di Salvo Lima, avvenuto il 12 marzo 92. Ma il Ministero di Giustizia italiano poi smentì la cosa. E anche Charles Rose, poi, fece marcia in dietro. Dopo l'omicidio Lima era stato diramato un piano di destabilizzazione dell'Italia che prevedeva attentati fra il marzo e il luglio 1992 avvenuti con precisione chirurgica." E ancora, afferma Montolli: "Genchi recupera i dati della agenda Casio dove c'era proprio in quelle date un viaggio di Falcone a Washington. Questa cosa a processo non è mai stata chiarita, nonostante gli elementi a conferma - come i cellulari di Falcone che in quella settimana non ricevettero chiamate e non effettuarono chiamate, segno evidente che poteva stare all'estero.-"

Il piano di destabilizzazione contro l'Italia

Prima del tritolo di Capaci, infatti, lo Stato era già in guerra. Una guerra che aveva fatto i suoi morti, proprio come l'eurodeputato dc Salvo Lima. Del piano di destabilizzazione parlò subito, diramandolo, l'allora ministro dell'Interno Enzo Scotti dando l'allarme pubblicamente, avvertendo i prefetti di stare all'erta, ma venne scaricato. E costretto a giustificare quella che autorevoli esponenti del suo partito avevano definito una ''patacca'', davanti alla commissione Affari costituzionali.

Ancora del viaggio a Washington

"Non c'è traccia ufficiale di quella settimana degli spostamenti di Falcone - riferisce Montolli - che sarebbe dovuto andare a trovare Buscetta chiedendogli del piano di destabilizzazione. Lima e Buscetta avevano buoni rapporti, come sostenevano anche le passate commissioni antimafia. Questo viaggio invece fu smentito e lo stesso Buscetta, dopo la morte del giudice disse che non lo vedeva dal 1988. Su questa affermazione ci sono ulteriori dubbi perché alla fine del 1991 (15 ottobre), Falcone si trova davanti al Csm (Consiglio superiore della magistratura ndr) per difendersi dalle accuse di aver tenuto nei cassetti i delitti eccellenti. In quell'occasione il magistrato parlò di uno dei tre massimi pentiti che dopo aver chiuso i rubinetti tre anni prima (quindi 1988) allora intendeva riaprire. Questa persona stando al libro "Cose di Cosa Nostra" era Buscetta." Per approfondire altro sulle contraddizioni di Buscetta è possibile ascoltare l'intervista.

I telefoni clonati della strage

Nella intervista Montolli, poi, ci parla anche dei telefoni clonati dai quali sono partite tre chiamate nel Minnesota in America, vicenda che deve essere approfondita e che nel processo non è stata chiarita. Al riguardo, il magistrato Tescaroli ci ha detto che, nonostante siano state fatte indagini, queste non hanno prodotto risultati postiivi.

Tescaroli in quella intervista, tra le altre cose, ci ha parlato della dinamica dell'esplosione e della possibilità di un doppio innesco intervenuto nella operazione (doppia bomba). "Su questo le indagini non hanno permesso risultati certi" - ha affermato Tescaroli, ma la possibilità resta.

L'esplosivo a Capaci e il doppio innesco da appurare

Tescaroli ha detto in merito alla dinamica militare:

"Sono stati individuati coloro che hanno messo in atto la strage militare, e coloro i quali hanno deliberata e ideata la stagione stragista, in quanto appartenenti alla commissione provinciale di Palermo e alla regionale di Cosa nostra: i massimi organi di governo della organizzazione mafiosa. Per la prima volta si dimostrò che quegli organi non erano solo di tipo consultivo, come aveva dichiarato Buscetta durante il maxi processo, ma erano anche organismo competetente a decidere."

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"Dal punto di vista della dinamica della esplosione e della presenza di un altro livello secondo quanto da lei indagato cosa ci può dire, ci può essere spazio per ulteriori approfondimenti?" Abbiamo chiesto a Tescaroli.

"Tutto è stato ricostruito al millesimo per quanto riguarda le modalità esecutive e secondo quanto riscontrato alle parole dei 7 collaboratori che sono state convergenti tra loro su più punti. Un lavoro analitico riscontrato in maniera specifica e tutti i contatti telefonici che sono intercorsi lo hanno dimostrato. Si tratta di prove titaniche".

"E' possibile che ci sia spazio per un'ipotesi di un innesco aggiuntivo - ha aggiunto il magistrato_- è possible, ma non sono stati trovati elementi in questa operazione. Coloro che svolgeranno le nuove indagini, bene fanno a ulteriormente verificare queto profilo, la verità deve essere totale e completa."_ Ha detto Tescaroli.

"C'è qualcosa che si può fare ancora?" abbiamo poi chiesto

"Se pensiamo a un bicchiere, il bicchiere della verità può dirsi quasi completo, quasi pieno e proprio per questo ritengo che possa esserci ancora uno spazio di approfondimento dal punto di vista politico e storico (da commissioni di inchiesta e da giornalisti). Per la verità c'è sempre tempo."

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"Fu un atto di guerra - ha anche aggiunto - fu la massima espressione dell'attacco terroristico nella organizzazione che la storia del Paese possa ricordare: è stato accertato il ruolo di Pietro Rampulla (mafioso cresciuto nella scuola di Ordine Nuovo ex organizzazione di estrema destra) che si occupò del profilo tecnico e procurò anche i telecomandi che azionarono l'esplosivo. Fu anche fatta una prova, a Livorno nel settembre del 1992, (a livello investigativo ndr) su scala ridotta della strage per verificare se le cariche esplosive funzionassero. Quella carica dimostrò che poteva esplodere. In particolare Gioacchino La Barbera, Giovanbattista Ferrante e Giovanni Brusca spiegarono analiticamente come procedettero al travaso dell'esposivo e come venne innescata la carica."

"Sulla base degli accertamenti e gli esiti del processo di cui mi sono occupato non fu possibile dimostrare che fu un doppio innesco della carica (due bombe) ma che era possibile accadesse." Il Brusca stesso infatti si meravigliò dell'effetto dell'esplosivo.

In gergo esplosivistico i tecnici si riferiscono al rafforzamento di una carica solitamente con l'espressione "esplosivo nobile" che rende più efficace l’effetto di devastazione che viene provocato da circa 500 kg di esplosivo non particolarmente nobile.

Tra i dubbi da chiarire, e che pongono insieme distanza e stimolo all'attività giudiziaria, questo rappresenta uno dei nodi fondamentali: il viaggio che potrebbe condurre, partendo da elementi specifici e tecnici, a un ambito storico-geografico e politico diverso, allo stesso viaggio (fisico) effettuato da Giovanni Falcone a Washington.

Abbiamo iniziato questo articolo con la storia di un artificiere e con gli artificieri abbiamo chiuso.

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