Brexit, terzo tentativo: cosa succede se passa il sì oppure vince il no

Brexit, terzo tentativo: cosa succede se passa il sì oppure vince il no
Diritti d'autore REUTERS/Alkis Konstantinidis
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Di Redazione World
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Oggi non c'è nessuna uscita del Regno Unito dall'Unione europea, come sapete. C'è invece il terzo voto sull'accordo di Theresa May a Westminster. Vi spieghiamo cosa succede se vince il sì e cosa succede se vince il no

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Il 29 marzo, che in teoria sarebbe stata la data dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, si è trasformato nel giorno dell'ennesimo dibattito alla House of Commons sulla Brexit. L'ennesimo dibattito che si preannuncia decisivo ma che potrebbe risultare in un ennesimo nulla di fatto.

Il voto di stasera riguarda l'accordo di divorzio che è stato scisso dalla dichiarazione politica per non risultare identico al testo già bocciato due volte e sui cui lo speaker Bercow aveva posto il veto in caso fosse stato ripresentato uguale.

Theresa May ha già ricevuto due sonore sconfitte alla Camera ma questa volta ha messo sul piatto la sua testa, preannunciando dimissioni in caso di ok definitivo da parte dell'assemblea. C'è tempo fino alle ore 23 di stasera.

Perché si vota

Il voto di venerdì ha un doppio scopo: scongiurare la deadline e cercare di ottenere una proroga leggermente più lunga, oltre a quello di cercare di trovare una maggioranza parlamentare ad una proposta alternativa.

  • Se i parlamentari voteranno sì, il Regno Unito sarebbe finalmente sulla buona strada per lasciare la Ue il prossimo 22 maggio. Questa è infatti la data indicata da Bruxelles al Parlamento britannico in caso di approvazione dell'accordo entro questa settimana. Il Withdrawal Agreement è la parte legalmente vincolante dell'accordo, al contrario della dichiarazione politica (qui potete rinfrescarvi la memoria sul suo contenuto). Quest'ultima dovrà essere approvvata in un secondo momento, come prevede la legislazione inglese.
  • Se i parlamentari voteranno no, ci sarà la Brexit senza accordo il 12 aprile. Sempre che Westminster non cambi idea prima di allora. Londra dovrebbe indicare una "way forward", ovvero come procedere alternativamente, entro questa data. Un'estensione più lunga del periodo negoziale implicherebbe la partecipazione del Regno Unito alle elezioni europee.

Nei due precedenti voti in Parlamento, gli MPs hanno votato sull'accordo di ritiro e sulla dichiarazione politica in maniera congiunta. Il voto di venerdì per la prima volta le vedrà scisse ma è necessaria un'approvazione parlamentare dell'accordo nella sua interezza perché le sue misure abbiano effetto.

L'opposizione laburista sostiene che, giuridicamente, l'accordo di recesso e la dichiarazione politica non possano essere votati disgiuntamente. Teme che il governo stia giocando sporco e punti a escludere opzioni alternative alla Brexit di Theresa May.

I deputati dovranno continuare a cercare un consenso su una strada da batteere, e lo faranno con alcuni "voti indicativi" lunedì prossimo. Nessuna proposta ha ottenuto la maggioranza nella prima serie di voti all'inizio di questa settimana.

All'ultimo respiro

Il carattere affrettato dei recenti procedimenti è dovuto in gran parte alla disposizione della UE contenuta nelle conclusioni del Consiglio europeo del 21 marzo. Nella sezione chiave (3) si legge:

"Il Consiglio europeo approva una proroga fino al 22 maggio 2019, a condizione che l'accordo di ritiro sia approvato dalla Camera dei Comuni la prossima settimana. Se l'accordo di recesso non sarà approvato dalla Camera dei Comuni la prossima settimana, il Consiglio europeo conviene di prorogare l'accordo fino al 12 aprile 2019 e si aspetta che il Regno Unito indichi una via da seguire prima di tale data affinché il Consiglio europeo possa esaminarla".

Da questo articolo, è implicito che il Parlamento deve, pertanto, ottenere l'approvazione dell'accordo di ritiro entro la fine della giornata di venerdì. Dal canto suo, Jeremy Corbyn continua a chiedere elezioni anticipate.

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