Bahrein: in carcere per un tweet

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Di Debora Gandini
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Bahrein: confermata la condanna a cinque anni di reclusione inflitta all'attivista Nabeel Rajab

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Non c’è pace per l’attivista Nabeel Rajab. Un tribunale di Manama, la capitale del Bahrein, ha condannato il difensore dei diritti umani a cinque anni di prigione per alcuni commenti fatti su Twitter in cui criticava il suo governo e l’Arabia Saudita per il loro intervento militare in Yemen.

Rajab, tra le figure principali delle proteste nel Paese del 2011, è già in carcere dove sconta una pena per aver espresso dichiarazioni “false e maliziose” contro le autorità locali.

Per numerose organizzazioni, a partire da Amnesty International, questa sentenza è un vergognoso attacco alla libertà d’espressione. Alle proteste delle ONG per i diritti umani di tutto il mondo, per ora non si sono aggiunte quelle dei governi occidentali: il Bahrain resta partner centrale per gli Usa e acquirente di armi da Washington, Londra, Parigi.

Procedimenti in corso

Il 4 settembre 2016 il New York Times ha pubblicato un editoriale a firma di Rajab relativo alla situazione dei diritti umani in Bahrein e al processo in corso ai suoi danni. Il testo invitava inoltre l’amministrazione Obama a usare la sua autorevolezza per risolvere il conflitto dello Yemen.

Il giorno dopo, Rajab è stato interrogato e incriminato per “diffusione di notizie e dichiarazioni false nonché di voci tendenziose che mettono in pericolo la sicurezza dello stato“. La data del processo non è stata ancora fissata.

Il 19 dicembre 2016 Le Monde ha pubblicato un nuovo testo a firma di Rajab. Due giorni dopo, è sopraggiunta l’accusa di “diffusione di notizie e dichiarazioni false nonché di voci tendenziose che mettono in pericolo il prestigio del Bahrein e i paesi fratelli del Consiglio di cooperazione del Golfo e cercano di danneggiare le relazioni reciproche“. La procura sta ancora indagando e non è chiaro se Rajab verrà formalmente incriminato.

Il 12 settembre 2017 la procura antiterrorismo ha interrogato Rajab in merito a commenti e immagini postati sugli account gestiti per suo conto nel gennaio dello stesso anno.

Una di queste immagini, su Instagram, riguardava il re del Bahrein ed era accompagnata da un versetto del Corano e dalla domanda se il sovrano ritenesse che “nessuno ha potere sopra di lui“. Su Twitter erano stati postati commenti sulla mancanza di cooperazione delle istituzioni nazionali e un invito a protestare contro tre esecuzioni capitali.

Rajab ha respinto le accuse di “incitamento all’odio contro il regime”, “incitamento a disobbedire alla legge” e “diffusione di notizie false”. Il processo potrebbe iniziare da un giorno all’altro.

(fonte: Amnesty International)

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