Francia, gilet gialli e giustizia sociale

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Al cuore della rivolta la perdita del potere d'acquisto ma anche la crescente ingiustizia sociale

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A guardarla dagli Champs Elysées, la crisi scopppiata in mano al presidente Macron appare più profonda di quanto la politica sia disposta ad ammettere. Il movimento dei gilet gialli dà voce alla protesta delle classi medie. "Vediamo le persone per le strade senza una casa, c'è miseria ovunque. Il costo della vita è aumentato... i pensionati stanno lottando ... è difficile per tutti", dice un manifestante.

In poco più di un anno e mezzo, il presidente ha visto erodersi la propria popolarità. "Macron è un idiota", dicono ridendo in un crocicchio, "è per colpa sua se oggi siamo qui". Partito per riannodare i legami tra la politica e i cittadini, Macron si vede ora accusato di essere il "presidente dei ricchi". Cuore del problema infatti è l'ingiusta distribuzione della ricchezza e dei sacrifici. "Quando vediamo che i nostri politici si vestono con capi che costano 45.000 euro, l'equivalente dello stipendio annuale di tre persone normali... abbiamo il diritto alla rivolta. Ci stanno portando via tutto. Siamo rimasti senza niente e stanno ancora cercando di rubare. Fa male", afferma un altro dimostrante.

Il caro-carburante ha solo fatto scattare una molla caricata nel corso del tempo dai tagli alla spesa pubblica e ai servizi essenziali, e dall'aumento del peso fiscale sui meno abbienti. "Il problema è il costo della vita ... veniamo strangolati dalle tasse. E siamo stufi delle ingiustizie sociali - stiamo costantemente dando ai più ricchi e togliendo le classi medie e basse. Questo non può andare avanti".

La rivolta dei gilet gialli, da più parti paragonata a quella studentesca del maggio 68, sorprende sociologi e analisti per la rapidità con cui si è allargata e rafforzata, ma anche per il consenso diffuso nell'opinione pubblica; un consenso che non cala, e questo accade per la prima volta, nonostante gli episodi di violenza. In questo clima resta difficile l'avvio di un dialogo tra le parti. Il governo si dice pronto a trattare, ma esclude l'unica cosa che tutti i manifestanti considerano una condizione preliminare: il ritiro del provvedimento che prevede da gennaio l'aumento del prezzo dei carburanti alla pompa.

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