Le proteste continuano a incendiare l'isola caraibica, ma il presidente Moise, accusato di corruzione, non arretra
Folle di manifestanti chiedono le dimissioni del presidente haitiano Jovenel Moise, copevole di non aver indagato le accuse di corruzione mosse al precedente governo circa l'affaire Petrocaribe, un programma energetico sovvenzionato dal Venezuela.
Nella capitale Port-au-Prince, da giorni attraversata da violente proteste, i dimostranti hanno incendiato automobili parcheggiate lungo le strade, scontrandosi a più riprese con la polizia. Il bilancio dei disordini, secondo l'opposizione, sarebbe di 11 morti tra manifestanti e agenti di polizia; 9 dei quali ufficialmente confermati.
Scuole, uffici governativi, così come molte banche e negozi di generi di prima necessità restano chiusi da mercoledì. I blindati della polizia hanno sgomberato molte delle strade bloccate da barricate di pneumatici incendiati, finendo in alcuni casi per prender fuoco.
In un breve discorso alla tv statale, Moise ha annunciato di non volersi dimettere. Il presidente non ha è entrato nel merito delle accuse di corruzione a lui rivolte, facendo invece appello al dialogo e annunciando che il governo prenderà tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e riportare la pace ad Haiti.
Anche nella città costiera meridionale di Grand Goave un agente di polizia è stato ucciso a colpi di arma da fuoco, il secondo nel giro di qualche giorno.