Presidente Colombia: "In Venezuela auspicabile una soluzione non militare"

Presidente Colombia: "In Venezuela auspicabile una soluzione non militare"
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Ai microfoni di Euronews, Ivàn Duque parla dell'incertezza economica in Venezuela, che ha avuto grandi ripercussioni anche per il suo Paese

Sono passati tre mesi da quando Iván Duque è diventato Presidente della Colombia:

all'età di 42 anni, questo politico conservatore è il più giovane Capo di Stato della storia recente del Paese.

Dovrà confrontarsi con una Nazione assai divisa tra destra e sinistra, tra sostenitori e oppositori del processo di pace.

L'intervista

Euronews lo ha incontrato in concomitanza del suo primo tour europeo, che ha l'intento di cercare supporto per far fronte alla crisi in Venezuela.

ANA LÁZARO BOSCH, EURONEWS:

- Presidente, uno dei problemi che l'ha portata a Bruxelles è la crisi dei rifugiati, si stima che un milione di venezuelani siano entrati in Colombia, in fuga dalla crisi economica nel loro Paese d'origine: questo è un numero enorme, qual è la situazione per queste persone?

IVAN DUQUE, PRESIDENTE COLOMBIANO:

"Da quando il nostro Governo è salito al potere, ciò che abbiamo fatto è dire con grande calore al popolo venezuelano che la nostra è una politica di immigrazione a braccia aperte: prima di tutto, dimostrando comprensione, perché stanno fuggendo dalla persecuzione dittatoriale.

Quello che vogliamo fare è normalizzare realmente la migrazione, fornire assistenza umanitaria: ovviamente, ci sono molte persone in incredibili situazioni di vulnerabilità, e ciò rappresenta una pressione fiscale per la Colombia".

Il dittatore

EURONEWS

- Cosa si aspetta dall'Unione Europea a questo proposito? Bruxelles ha già sbloccato un fondo di 95 milioni di euro per gli aiuti umanitari sul territorio, durante i suoi incontri con i leader europei ha raggiunto un altro tipo di accordo?

PRESIDENTE

"Parecchi: prima di tutto, siamo grati per il sostegno economico, l'altra cosa da fare è affrontare la causa di questa crisi.

Credo che il mondo debba essere più severo sulle sanzioni applicate al dittatore e alle persone che fanno parte della sua cerchia interna".

EURONEWS

- I suoi rapporti con il Venezuela sono tutt'altro che cordiali, lei sta parlando di dittatura: il Governo spagnolo ha proposto di aprire una via di dialogo con Nicolás Maduro, per andare oltre le sanzioni imposte dall'Unione Europea, cosa ne pensi di un'eventualità del genere?

PRESIDENTE

"Non credo che il dialogo con un dittatore che commette crimini sistematici abbia prodotto risultati sinora, ciò che la comunità internazionale dovrebbe perseguire è fare in modo che il dittatore lasci il potere e venga compiuta una transizione, affinché i venezuelani possano recuperare la loro libertà".

EURONEWS

- Ad un certo punto, è stato detto che lei era favorevole ad un intervento militare per rovesciarlo: risponde al vero?

PRESIDENTE

"Ho sempre detto il contrario, vale a dire che la soluzione non dovrebbe essere quella militare, perché questo è ciò che un dittatore vuole.

Il dittatore crea lo spettro di un intervento militare per restare al potere, vuole preservare il suo potere".

EURONEWS

- Dal suo predecessore, il vincitore del premio Nobel per la pace, Juan Manuel Santos, ha ereditato l'accordo di pace stipulato con i ribelli delle FARC.

Lei lo ha criticato duramente durante la campagna elettorale: prima ha detto che voleva cancellarlo, poi modificarlo.

Ora che è Presidente, cosa vuole mantenere e cosa vuole cambiare?

PRESIDENTE

"Non ho mai detto che avrei cancellato l'accordo: durante la campagna elettorale, sono stato molto chiaro sulle cose che potevano andare storte ed ora, come Presidente, ho sempre detto che lo implementeremo, concentrandoci principalmente su una transizione per reintegrare la guerriglia.

Sosterremo tutti coloro che stanno davvero compiendo una transizione di successo in tal senso, ed avremo tolleranza zero con coloro i quali vogliono tornare a delinquere".

EURONEWS

- Tutti i leader della guerriglia potranno partecipare al processo politico?

PRESIDENTE

"Quello che non possiamo avere in Colombia è un doppio metro di giudizio, per cui una persona che è al Congresso e commette un crimine non può mai più aspirare a quell'incarico, e coloro che invece commettono crimini contro l'umanità restano dove sono".

Publiée par Iván Duque sur Jeudi 11 octobre 2018

I precedenti

EURONEWS

- Ma ci sono precedenti in Europa: ad esempio, in Irlanda del Nord alcuni leader del gruppo terroristico IRA hanno partecipato alla politica.

Non pensa che, non permettendo a questi leader della guerriglia di partecipare, sta distorcendo l'essenza degli accordi?

PRESIDENTE

"In primis, stanno già partecipando; in secondo luogo, ciò che è stabilito è che devono passare attraverso la giustizia di transizione.

Ma, dal momento che mi porta esempi internazionali, ce n'è anche uno molto interessante in Spagna: il politico basco Arnaldo Otegi, il quale non è stato in grado di partecipare a una recente elezione a causa dei crimini commessi".

EURONEWS

- Tuttavia, non c'è stato un processo di pace in Spagna, in Irlanda del Nord e in Colombia invece sì.

PRESIDENTE

"Nel caso della Colombia, quando è stato concordato il processo, fu sempre stabilito che ci sarebbe stata una giustizia transizionale basata sui principi di verità, giustizia, riparazione e non ripetizione".

EURONEWS

- L'Unione Europea ha creato un fondo fiduciario di 95 milioni di euro per consolidare il processo di pace: pensa che questo fondo continuerà ad andare avanti?

PRESIDENTE

"Senza dubbio, e celebro anche il loro continuo sostegno: è un supporto importante per noi avere un'implementazione di successo che permetta alle persone, che stanno davvero compiendo una transizione per la reintegrazione, di farlo con successo".

La droga

EURONEWS

- Un altro problema in sospeso in Colombia è quello della droga, si stima che ci siano circa 200.000 ettari di colture illecite: quale politica adotterete? Sradicamento o disinfestazione?

PRESIDENTE

"Anzitutto, dobbiamo lavorare per sostituire le colture e sradicarle: rispetteremo gli accordi di sostituzione volontaria e sradicamento sottoscritti, ma avremo a disposizione anche altri strumenti.

Tra le altre cose, contrastare l'illegalità, interrompere la catena di approvvigionamento e naturalmente essere molto più efficaci nel catturare e combattere coloro che riciclano il denaro, ponendo fine al dominio dei beni dei cartelli".

EURONEWS

- Sta collaborando con l'Amministrazione degli Stati Uniti per combattere il traffico di droga?

PRESIDENTE

"Abbiamo sempre collaborato, dal Governo del Presidente Clinton quando è iniziato il piano Colombia, poi il Presidente Bush, Obama ed ora Trump.

Ciò che la Colombia ha avuto non è solo un alleato, ma un ottimo operatore umanitario: il lavoro condiviso è stato molto importante per combattere o smantellare le reti criminali esistenti nel Paese".

EURONEWS

- Durante le elezioni è stato chiaro che la Colombia è un paese con molte divisioni, di recente Papa Francesco le ha chiesto di lavorare per la riconciliazione.

Non pensa che, se applica politiche sia liberali che conservatrici, c'è il rischio che questo divario si allarghi?

PRESIDENTE

"Penso sia il contrario: sono stato orgoglioso della mia campagna, perché non c'è stata aggressione verso nessun concorrente, ricevere il sostegno del Papa per continuare a lavorare per l'unità mi sembra molto positivo".

EURONEWS

- Per concludere quest'intervista, vorrei chiederle cosa pensa del leader dell'estrema destra brasiliana, Jair Bolsonaro.

Ha punti d'accordo con lui? Ad esempio, sulle politiche economiche?

PRESIDENTE

"Come Presidente della Colombia, non mi piace prendere posizione in merito a una decisione democratica che riguarda il popolo brasiliano: quello che spero, qualunque decisione venga presa in Brasile, è di lavorare fianco a fianco con il Presidente per rafforzare l'integrazione del Sud America, lavorare su questioni commerciali, migliorare gli accordi di investimento.

E l'importante è che i Paesi abbiano la possibilità di capire che gli investimenti e l'imprenditorialità sono generatori di impiego formale, che è un trasformatore della realtà sociale dei nostri Paesi".

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