Libia: la fragile tregua

Libia: la fragile tregua
Di Giorgia Orlandi
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Accordo tra il governo Serraj e le milizie. La Settimana brigata che dal 27 agosto è entrata a Tripoli sostiene il cessate il fuoco. Emergenza migranti: 1.800 sarebbero fuggiti da uno dei centri di detenzione vicino all'aereoporto qui nelle ultime ore prima della tregua si è continuato a combattere

LA TREGUA ARMATA E LA FUGA DEI MIGRANTI

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L'intesa firmata nella giornata di martedì alla presenza dell'inviato Onu Salamé dovrebbe garantire la tregua armata in Libia. Un accordo presentato ai capi milizia, al governo Serraj e soprattutto alla settima brigata di Tarhuna che dal 27 agosto ha scatenato la guerra a Tripoli e che nelle ultime ore ha promesso che rispetterà il cessate il fuoco.

Spetterà proprio al presidente Serraj garantire la difficile tenuta di un compromesso tra milizie entrate per la prima volta nella città di Tripoli dopo diversi anni.

In una nota congiunta i governi di Italia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno chiesto il rispetto della tregua armata.

Nelle ore che hanno preceduto l'intesa, lungo la strada dell'aereoporto internazionale si sono sfidate la brigata Samoud alleata della settima e quella di Abu Salim. Secondo il sito Alsawat E' salito ad "almeno 61 persone" uccise e 159 ferite, cui si aggiungono 12 "scomparsi", il bilancio di sangue dei 10 giorni di scontri.

La guerra sta minacciando anche i migranti arrivati in città per imbarcarsi verso l'Europa. Inseguiti dai combattimenti nella zona dell'aereoporto secondo una fonte che fa parte di un' organizzazione internazionale - 1.800 sarebbero fuggiti da uno dei centri di detenzione. Una cifra che se confremata rappresenta un quarto di tutti i migranti complessivamente detenuti in Libia.

"PATTO DEBOLE" IL COMMENTO DAL COMANDO DELLA SETTIMANA BRIGATA

In un'intervista pubblicata su La Repubblica parla uno dei militari che fanno parte della brigata entrata per la prima volta a Tripoli dopo diversi anni.

"La brigata è uscita dall'area di Tarhuna per pulire Tripoli della corruzione. Il nostro obiettivo è mettere fine alla corruzione del cartello di milizie che sostengono il governo di Al Serraj".

"Al ministro Salvini rispondiamo che la Francia è contro la nbiostra operazione. Ma la Francia ha una strategia di lungo termine e da molto tempo cerca di craere problemi al governo Serraj. Gli interessi della Francia sono molto diversi dai nostri, sono esclusivamente economici.Per questo vogliono allargarsi anche a sud del Niger".

Alla domanda se o meno la brigata si sente nemica dell'Italia la ripsosta è stata:"Tutt'altro. Mentre la Francia è attivissima, l'Italia è assente. Per tradizione, vicinanza e amicizia avrebbe un ruolo importante con il nostro paese e invece è immobile."

LA POSIZIONE DELL'ITALIA

Nella giornata di ieri, a Palazzo Chigi si è tenuto il vertice tra il premier Giuseppe Conte, il vicepremier Matteo Salvini, il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi e il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, assieme a 4 tecnici.

Al vaglio la possibilità di favorire la pace e la transizione verso le elezioni grazie ad un lavoro coordinato tra Europa, Stati Uniti e Russia che possa portare a nuove elezioni.

La conferenza sulla Libia che sta mettendo a punto in queste ore il governo italiano si dovrebbe svolgere tra il 10 e il 22 novembre, in una località ancora da definire. Secondo fonti qualificate, la conferenza potrebbe tenersi in Sicilia - Sciacca è una delle ipotesi, ma si parla anche di una località vicino a Palermo - o a Roma.

"Escludo interventi militari perché non risolvono nulla. E questo dovrebbero capirlo anche altri". Lo ha detto il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, lasciando palazzo Chigi. "L'Italia - ha aggiunto - deve essere la protagonista della pacificazione del Mediterraneo. Le incursioni di altri che hanno altri interessi economici non devono prevalere sul bene comune che è la pace".

Salvini ha quindi lanciato una stoccata alla Francia e alle sue politiche sulla Libia: "Chiedetelo a Parigi" ha risposto lasciando Palazzo Chigi ai cronisti che gli chiedevano se avesse cambiato idea sul fatto che la Libia potesse essere un 'porto sicuro' per i migranti. "Sono preoccupato - ha aggiunto il vicepremier -. "Evidentemente dietro c'è qualcuno. Nulla succede per caso. Il mio timore è che qualcuno per motivi economici nazionali metta a rischio la stabilità dell'interno nord Africa e conseguentemente dell'Europa". (AGI)

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