Il Marocco sta usando la tratta di migranti come leva contrattuale con la UE?

Il Marocco sta usando la tratta di migranti come leva contrattuale con la UE?
Diritti d'autore Migranti sbarcano alla spiaggia Del Canuelo dopo aver attraversato lo stretto di Gibilterrra dal Marocco REUTERS/Jon Nazca
Di Chris HarrisMarta Rodriguez, Lillo Montalto Monella
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Bruxelles ha appena annunciato uno stanziamento di fondi di 55 milioni di euro verso Marocco e Tunisia. I numeri mostrano che dal nord Africa sono arrivati in Spagna più migranti in giugno e luglio che in tutto il 2016. La tratta di esseri umani è usata come arma al tavolo delle trattative con l'UE?

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Secondo alcuni osservatori internazionali, il Marocco potrebbe aver allentato i controlli sui flussi dei migranti verso l'Europa per avere una leva contrattuale in più al tavolo delle trattative con l'Europa.

La rotta del Mediterraneo occidentale è ora quella più battuta e il paese nordafricano, che dista appena 14 km dall'Andalusia.

Lo scorso mese Bruxelles ha annunciato l'approvazione di tre nuovi programmi - sotto il cappello del Trust Fund for Africa (EUTF, 3.4 miliardi di euro di investimenti dal 2015) - diretti ai paesi del nord Africa per un totale di oltre 90 milioni di euro. Di questi, 55 milioni di euro sono destinati a Tunisia e Marocco per la "gestione dei confini marittimi della regione del Maghreb".

Il programma di aiuto alle guardie costiere locali sarà implementato dal Ministero dell'Interno italiano e dall'ICMPD (International Centre for Migration Policy Development).

I numeri dei flussi migratori da tenere a mente

I più recenti dati mostrano come in Spagna siano arrivati via mare dal nord Africa più migranti a giugno che nell'intero 2016. Per la prima volta, gli arrivi sulle coste iberiche hanno superato quelli in Italia.

In parallelo si è assistito anche adun'impennata del numero di marocchini che hanno tentato la traversata: dai 963 del 2016 ai 5,500 dello scorso anno; nel 2018 hanno superato quota 2500.

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Vasi comunicanti tra le rotte?

Negli ultimi mesi, la percentuale di morti tra coloro che tentano la traversata nel Mediterraneo centrale è quasi triplicata.

Gli accordi tra Italia e Libia e la politica dei porti chiusi di Italia e Malta fanno sì che i migranti cerchino rotte alternative a quella del Mediterrano centrale come quella tra Spagna e Marocco, nonostante nello stretto di Gibilterra siano già quasi 300 le persone che hanno perso la vita quest'anno (più dell'intero 2017). Lo scrive la Commissione spagnola di aiuti per i rifugiati.

Sebbene il sistema di "vasi comunicanti" tra le rotte (se ne chiude una, se ne apre un'altra) sia un fatto assodato, secondo gli esperti consultati il profilo delle nazionalità che in questo momento sta attraversando il Marocco invita a riflettere.

Suggerisce come non stiamo assistendo ad un fenomeno di deviazione di flussi da Libia o Turchia, paesi che hanno a loro volta raggiunto un accordo con l'Unione Europea, ma ad una crescita del numero di traversate tentate dagli stessi marocchini.

Frank McNamara, analista politico presso l'European Policy Centre, ritiene che "l'aumento [dei migranti che arrivano in Spagna] possa essere dovuto ad un loro aumento nello stesso Marocco" e a qualche "manovra politica" da parte di Rabat.

"Ovviamente sanno che al momento ci sono accordi da concludere con l'UE, così come nel resto dell'Africa. I migranti sono stati a lungo utilizzati come leva nei negoziati tra alcuni Stati africani e i loro omologhi europei. Non mi sorprenderebbe se uno stato allentasse i controlli alle frontiere, cosa che poi finirebbe per causare più morti per annegamento".

Migranti usati come leva negoziale

"È difficile dirlo con assoluta certezza ma diversi osservatori sembrano suggerire che il Marocco, come ha fatto in passato, stia utilizzando la gestione di questi flussi migratori come per negoziare temi molto delicati come gli accordi sulla pesca o gli aiuti UE al paese", ritiene Gonzalo Fanjul, ricercatore di porCausa, fondazione che indaga sulle questioni migratorie.

"Tradizionalmente, le forze di sicurezza statali marocchine usano la mano dura o morbida a seconda delle circostanze. Uno degli elementi che ci fa pensare è che molte delle persone che arrivano in Spagna sono marocchine, e questi migranti non arrivano dalla Libia".

Mohamed Daadaoui, professore di scienze politiche alla Oklahoma City University, ha detto ad euronews di credere che l'intensificarsi del flussi migratori potrebbe essere una reazione alle sentenze della Corte di giustizia europea in cui si insiste che ogni tipo di accordo commerciale tra UE e Marocco non si debba applicare alla zona contesa del Sahara Occidentale, in quanto quest'ultima "non è da considerarsi parte dello stato marocchino".

“Allo stesso tempo penso che i giovani marocchini siano molto desiderosi di rischiare la traversata per via della tragica situazione socio-economica nel proprio paese. Le prospettive lavorative ed economiche non sono certo migliorate, soprattutto nelle aree settentrionali del Marocco.

Il prof. Daadaoui ha aggiunto che nella zona a maggioranza berbera del Rif, dove dal 2016 si protesta ed è maggiore l'insofferenza nei confronti del governo di Rabat, sia ormai "esacerbata l'opinione che lo Stato non riesca a far fronte alle necessità socio-economiche della gioventù marocchina".

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L'Europa esternalizza sempre più le frontiere a scapito dei richiedenti asilo

Secondo il prof. Ambrosini, esperto di processi migratori dell'Università di Milano e consulente di ISPI, gli accordi con il Marocco mostrano come l'Europa stia tentando sempre più di esternalizzare le sue frontiere, cercando così di controllare gli arrivi non solo degli immigrati, ma anche dei richiedenti asilo che dovrebbero invece godere di protezione internazionale.

"La UE sta cercando di bloccarli lontano da fotografi, cineoperatori e ong che tentano di documentare gli abusi sui diritti umani".

Matteo Villa, ricercatore del programma migrazioni di ISPI, aggiunge che inizialmente il Trust Fund for Africa voluto dalla UE si concentrava più sugli aiuti all'africa subsahariana mentre ora si assiste "ad un cambio di strategia: anziché agire sulle cause profonde delle migrazioni si punta a finanziare i paesi dell'Africa del Nord, agendo subito di concerto con quelli che già collaborano con noi".

Paesi come la Tunisia, che ogni settimana rimpatria circa 80 migranti illegali a settimana dall'Italia, oppure l'Egitto. "I paesi dell'Africa subsahariana rimpatriano a volte lo 0% di chi in Italia riceve il foglio di via".

I finanziamenti "non avranno grande impatto sui flussi" migratori

Come sottolinea Villa, non è la prima volta che da quella zona parte l'assalto alle frontiere spagnole. Nel 2005-06 ci fu la cosiddetta crisi dei cayucos, imbarcazioni simili alle canoe che troppo spesso colavano a picco prima di raggiungere le coste delle Canarie dalla Mauritania.

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Secondo Villa, il Marocco ha "da sempre un rapporto privilegiato con la UE e, sebbene non abbia bisogno di accendere un riflettore sulla crisi migratoria per farsi notare, è chiaro che possa fare comodo". Bisogna tenere a mente che "l'economia marocchina non dipende dagli aiuti europei come quella degli stati sub-sahariani, ma il do ut des sui migranti può essere un ottimo spazio di manovra".

Villa non si aspetta che questi finanziamenti "abbiano grande impatto sui flussi che sono in realtà influenzati dalla domanda e dalle reti di contrabbandieri e criminali".

Fondi "limitati", il Marocco si lamenta del ritardo nei pagamenti

Il Presidente della Commissione UE, Juncker, ha espresso preoccupazione per la crescita del numero delle partenze nel Mediterraneo occidentale: il deteriorarsi dei controlli nelle coste marocchine "esige uno sforzo finanziario maggiore", ha dichiarato, aggiungendo allo stesso tempo che le "risorse finanziarie del Fondo Fiduciario per l'Africa sono limitate".

Per poter avere "fondi addizionali per la gestione delle frontiere del Marocco", agli Stati europei è stato chiesto da Bruxelles uno sforzo maggiore per alimentare il Fondo.

Negli ultimi 10 anni il regno marocchino ha ricevuto più di 100 milioni di aiuti europei. A dicembre scorso è stato fatto un "bonifico" da 6 milioni per equipaggiare le autorità marocchine di dotazioni prioritarie per far fronte alle partenze.

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Una cifra lontana dai 3 miliardi promessi alla Turchia per contenere i flussi dall'altra parte del Mediterraneo, scrive El Pais. Il Marocco, diventato nel frattempo non solo un paese di transito ma anche di prima accoglienza, si è lamentato del ritardo nei pagamenti e della differenza di trattamento proprio rispetto alla Turchia, aggiunge il quotidiano di Madrid.

E se il Marocco proponesse uno scambio: accettare espulsioni in cambio di visti per i propri cittadini?

Ambrosini, esperto di Unimi e Ispi, ritiene che, come avviene per gli accordi di riammissione dei migranti espulsi, "i paesi della sponda sud del Mediterraneo, sempre meno docili e pronti ad adeguarsi alle linee della UE, potrebbero iniziare a pretendere delle quote di immigrazione".

Tradotto: in cambio della disponibilità ad accettare i migranti espulsi, paesi come il Marocco potrebbero richiedere il diritto a quote di ingressi legali per i propri cittadini. "Il Marocco si accontenterà di denaro o alzerà la posta, chiedendo la possibilità di ingresso per i propri cittadini?", si chiede Ambrosini.

Tre possibili soluzioni

Ambrosini propone tre soluzioni: una riforma della politica europea dei visti per riaprire canali di immigrazione legale; misure come i corridoi aerei umanitari, ovvero l'ingresso di persone già ascoltate sul territorio di partenza e che hanno diritto d'asilo sul modello "di quello che fanno alcune organizzazioni religiose cattoliche e protestanti in Italia, Belgio e Francia, le quali si occupano dell'arrivo e della distribuzione a livello locale dei richiedenti asilo"; e, infine, una cabina di regia mondiale, sotto l'egida delle Nazioni Unite, che impegni il maggior numero di paesi sui due aspetti della questione, quello economico (legato alla domanda di lavoro) e quello dei richiedenti asilo.

"Oggi il Nord del mondo fa meno di quanto dice sull'argomento", conclude Ambrosini.

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La UE: "Pronti a rafforzare ulteriormente il programma"

Tove Ernst, portavoce del Commissario europeo per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza, ha scritto ad euronews che il Marocco ha avanzato una lista di materiali di supporto alla fine dell'anno scorso. Il 23 novembre 2017 Avramopoulos si è recato nel paese e ha assicurato che il Trust Fund per l'Africa avrebbe aiutato le autorità di Rabat. Un primo pagamento di 6 milioni è stato effettuato un mese dopo, nel dicembre 2017, mentre l'ultimo (la tranche da 55 milioni) ha fatto seguito alle visite della Commissione del maggio scorso.

"Siamo consapevoli che le necessità siano maggiori ma le risorse del Trust Fund non sono illimitate. Da qui il nostro appello agli stati membri di contribuire con delle somme adeguate alle esigenze. Questo programma è solo l'inizio di una cooperazione a lungo termine. Si tratta di una priorità per noi e siamo pronti a rinforzare il programma già nell'autunno 2018 e nel 2019".

Il Ministro degli Affari Esteri marocchino non ha risposto alla richiesta di commento da parte di euronews.

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