Sanzioni americane, la sfida dell'Iran

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Di Cristiano TassinariMaria Elena Spagnolo
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Al via martedì 7 agosto le nuove sanzioni americane all'Iran, come minacciato (e mantenuto) da Trump dopo l'uscita degli Stati Uniti dall'accordo sul nucleare americano. Israele esulta, Europa schierata con Teheran. E arriva la sfida del Presidente iraniano Rouhani: "E' una guerra psicologica".

Entrano in vigore le sanzioni americane

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TEHERAN (IRAN) - Non possiamo fidarci di uno come Donald Trump e della sua amministrazione. Non le manda a dire il Presidente iraniano Hassan Rouhani, intervistato dalla tv di Stato, parlando di "guerra psicologica", alla vigilia dell'entrata in vigore - martedì 7 agosto - della prima "tranche" di sanzioni americane.

Rouhani dichiara di aver respinto al mittente [**la richiesta di negoziati** da parte di Donald Trump](<iframe width=) e ha accusato il presidente degli Stati Uniti di voltare le spalle alla diplomazia.

"Togli il coltello dal braccio"

"Qual è il significato dei negoziati quando al tempo stesso hai già deciso di imporre le sanzioni?", si domanda Rouhani. "È come se qualcuno tirasse un coltello nel braccio per pugnalare un nemico, mentre allo stesso tempo afferma "dovremmo parlare e negoziare". La risposta in tal caso sarebbe dirgli: "togli il coltello dal braccio e mettilo via".

Un momento dell'intervista di Rouhani alla tv di Stato iraniana.

Quell'accordo sul nucleare...

Nel 2015, il gruppo 5+1 (i paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, Stati Uniti, Francia, Russia, Regno Unito e Cina, più la Germania:) ha revocato le sanzioni dopo che l'Iran aveva accettato di ridurre il suo programma di armi nucleari.

Ma a maggio Trump ha ritirato unilateralmente gli Stati Uniti dall'accordo, affermando di non aver fatto abbastanza per contenere le ambizioni nucleari iraniane e la sua aggressiva politica estera in Medio Oriente.

Il Presidente Trump mostra la sua firma sul ritiro degli USA dall'accordo nucleare iraniano.

Israele sta con gli Usa

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, alleato degli Stati Uniti e storico nemico dell'Iran, è favorevole alle sanzioni.

"Questo è un momento importante per Israele, per gli Stati Uniti, la regione e il mondo intero, che indica la determinazione a fermare l'aggressione regionale dell'Iran e anche i suoi piani in corso di armarsi con le armi nucleari. Invito gli stati europei, che parlano di fermare l'Iran, di unirsi a questa decisione. È tempo di smettere di parlare, è tempo di agire. Questo è esattamente ciò che hanno fatto gli Stati Uniti e questo è ciò che l'Europa dovrebbe fare", ha dichiarato Netanyahu.

Benjamin Netanyahu, primo ministro d'Israele.

L'Europa difende l'Iran (e le aziende europee)

L'alto rappresentante dell'UE per la politica estera, Federica Mogherini, e i ministri degli esteri di Francia, Germania e Regno Unito (Jean-Yves Le Drien, Heiko Maas e Jeremy Hunt) hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, affermando che manterranno "efficaci canali finanziari" con l'Iran e proteggeranno le sue esportazioni vitali di petrolio e gas. Si legge, inoltre: "Preservare l'accordo nucleare con l'Iran è un problema di rispetto degli accordi internazionali e un problema di sicurezza internazionale".

Bruxelles ha anche varato una legge che protegge le aziende europee dalle misure statunitensi.

Il cosiddetto "[statuto di blocco" permette alle imprese dell'UE di non dover rispettare le sanzioni americane](<iframe width=) e consente loro di citare in giudizio gli Stati Uniti per danni.

Ma le aziende con forti interessi in America hanno già deciso di uscire dal mercato iraniano, relativamente piccolo, petrolio a parte. E mentre le società occidentali si ritirano, le imprese di Cina, Russia, India e Turchia dovrebbero prendere il loro "posto commerciale" a Teheran.

Nuove sanzioni dal 5 novembre

L'amministrazione Usa varerà nuove sanzioni il 5 novembre per colpire petrolio, banche e i settori della cantieristica e delle spedizioni navali. Mentre saranno reinseriti nella lista nera centinaia di persone, entità, compagnie di navigazione e aeree che erano già state colpite dalle sanzioni prima dell'accordo del 2015.

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