La guerra-lampo tra Russia e Georgia spiegata a distanza di 10 anni. Pressioni internazionali per un reimpatrio sicuro e dignitoso degli sfollati.
Ricorre questa settimana il 10mo anno dall'inizio della guerra-lampo tra Russia e Georgia, che ha registrato oltre 800 vittime e 192.000 sfollati.
"È come vivere in una prigione" - sospira un contadino accaldato, indicando un recinto di filo spinato che i soldati russi hanno messo attorno alla sua casa e alla sua proprietà. Il villaggio è ancora sotto il controllo delle autorità separatiste dell'Ossezia meridionale.
"La Russia ha invaso la Georgia impedendole di entrare nell'Unione europea e nella NATO, per incastrare il Caucaso sotto la sua egemonia", commenta un rifugiato. Vive in un insediamento costruito nella Georgia orientale che ospita 2.000 famiglie nel Distretto di Akhalgori, nel sud dell'Ossezia, che con l'Abkahzia é stata area contesa oggetto di bombardamenti. Entrambe le regioni ospitano una base militare russa.
Per fermare l'occupazione russa, il Presidente della Georgia, Giorgi Margvelashvili, ha chiesto agli alleati occidentali di Tbilisi di intensificare le pressioni su Vladimir Putin. Ma i dialoghi internazionali non hanno apportato sviluppi. "Non devono perdere la speranza" - ha affermato il Presidente, e conclude - "perchè è proprio quello che la Russia vuole ottenere".
Le Organizzazioni per i diritti umani e la Corte Penale Internazionale hanno accusato entrambe le parti di crimini di guerra. L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato 10 risoluzioni per un "reimpatrio sicuro e dignitoso" dei rifugiati, nonostante l’opposizione del Cremlino.