Il Falstaff di Verdi, "un Don Giovanni invecchiato" ma bene

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Il Falstaff di Verdi, "un Don Giovanni invecchiato" ma bene
Di Andrea Buring
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Alla Royal Opera House di Londra, il canadese Robert Carsen mette in scena il trionfo dei piaceri della vita nel personaggio shakespeariano rivisitato nell'ultima opera di un ormai quasi ottantenne Giuseppe Verdi alle prese con la comicità

Falstaff è tornato a Londra. Non al Globe Theatre, dove il gaudente eroe shakespeariano sarebbe forse più a suo agio, ma alla Royal Opera House, dove è il protagonista verdiano a occupare la scena, in una produzione del canadese Robert Carsen presentata per la prima volta nel 2012 e ripresa a partire dal 2015.

"È uno dei grandi personaggi mitici - si esalta Carsen -. Per me è un po' come un Don Giovanni invecchiato. Rappresenta tutto quel che ha che fare con i piaceri della vita, è come se il motto 'carpe diem' fosse stato inventato per lui".

​E per il basso-baritono gallese Bryn Terfel ​"È un piacere interpretare questo personaggio sul palcoscenico". C'è da dire che Terfel deve la sua notorietà proprio al ruolo di sir John Fallstaff. Nella rivisitazione delle Allegre Comari di Windsor creata da Giuseppe Verdi su libretto di Arrigo Boito, il "grasso cavaliere" escogita un piano che prevede la seduzione di due donne allo scopo di accaparrarsi i soldi dei loro mariti. Le cose non vanno come sperato, ma alla fine è Falstaff stesso a dettare la morale della storia: "Tutto nel mondo è burla".

"La musica è naturalmente molto gioiosa e molto festosa - dice Carsen -, perché in Falstaff tutto è celebrazione dei piaceri della carne. Ama mangiare e bere, e allora abbiamo deciso di inserire il mangiare e il bere in ogni singola scena. E alla fine si ha l'impressione che tutti stiano per mangiare Falstaff".

Un'ode alla grandiosità e agli eccessi con cui Verdi chiuse la sua carriera operistica, alla fine del diciannovesimo secolo, proiettandosi già nel ventesimo, secondo il regista: "Nella creazione delle sue opere io lo percepisco sempre come un modernista, ma per me era più simile a un Rodin che modella la sua opera cercando di farlo nel modo giusto, e poi ne fa un'altra, cercando di darle forma. Ha un approccio piuttosto rozzo nei confronti delle sue opere, tranne in Falstaff, dove rifinisce ogni particolare. È un'opera davvero eccezionale. Ed è possibile che abbia deciso di farla perché sapeva che non avrebbe potuto scrivere un altro lavoro come questo".

​E sull'eccezionalità del capolavoro è d'accordo Terfel: "Chi ha mai finito un'opera con una fuga? Ed è una delle vette musicali dell'intera composizione. È incredibile pensare che questo possa essere il finale di un'opera scritta da un uomo così anziano a cui Rossini aveva lanciato il guanto di sfida dicendogli: non scriverai mai un'opera comica. E lui la scrisse, un'opera comica...".

Risorse addizionali per questo articolo • Versione italiana: Selene Verri

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