Braccianti neri, caporalato e impunità nella piana di Gioia Tauro

Braccianti neri, caporalato e impunità nella piana di Gioia Tauro
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Di Gioia Salvatori
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Secondo il rapporto MEDU (Medici per i diritti umani) poco è cambiato a 8 anni dalla rivolta dei braccianti e dopo la legge sul caporalato. "I datori di lavoro? Si sentono impuniti"

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Vengono dall'Africa occidentale sono giovani, per lo più uomini, hanno in media 29 anni. Lavorano a cottimo: 50 centesimi per una cassetta di arance, 1 euro per una di mandarini. Sono stagionali ma vivono da anni in ghetti ai margini di paesi calabresi assurti agli onori della cronaca proprio per il caporalato, come Rosarno. 

MEDU, medici per i diritti umani, ha presentato il rapporto 2018 sui braccianti della piana di Gioia Tauro "I dannati della terra" oltre il 90% di loro ha un regolare permesso di soggiorno ma nessun diritto; vivono da fantasmi in baracche senza acqua, luce e gas. 

Meno di 3 persone su 10 lavorano con contratto (27,82%); il 34% delle persone lavora 7 giorni su 7 e solo l’8,3% riceve la busta paga. Hanno contato oltre 3000 braccianti.

Leggi qui una sintesi del rapporto

Mariarita Peca, coordinatrice dei progetti MEDU, ci dice che tutto questo è dovuto a una politica dell'immigrazione "poco oculata" in base alla quale vengono dati permessi di soggiorno, ma poi gli immigrati non vengono seguiti nel loro inserimento sociale, e a uno stato di criminalità diffusa.

Questi datori di lavori si sentono degli impuniti, di fatto? "Evidentemente si: ci sono 3 lavoratori su 10 che non hanno contratto e gli altri che hanno dei contratti fittizi; c'è un clima di generale tolleranza e impunità, ci sono sicuramente delle zone grigie molto ampie, sicuramente non sono sufficienti i controlli da parte degli ispettorati di lavoro e gli strumenti di contrasto adottati". 

La legge sul caporalato? "Di fatto è stata inefficace, ad oggi, o per lo meno lo è stata nei contesti di cui ci occupiamo, perché sono assenti controlli e meccanismi di incontro tra domanda e offerta".

Perché i datori di lavoro onesti non dicono nulla contro concorrenza sleale? "Perché evidentemente la concorrenza sleale ha delle percentuali e una forza maggiore rispetto alle buone pratiche e poi le aziende virtuose non ricevono alcun incentivo. Noi incoraggiamo molto l'idea di incentivare questi esempi virtuosi soprattutto in territori dove la criminalità è così presente, pervasiva e intimidatoria rispetto a chi opera in modo vistuoso: una minoranza".

Voi siete medici, di cosa soffrono questi braccianti? "Si tratta di malattie legate alle condizioni di vita, disturbi dell'apparato respiratorio, gastrointestinale, traumatismi legati al lavoro; a ciò si aggiunge un dato preoccupante: il cronicizzarsi di questa condizione di grave marginalità ed esclusione e condizioni igienico-sanitarie così disastrose aumenta la vulnerabilità psichica e ciò determina una incapacità ulteriore delle persone di provvedere alla propria autonomia".

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