Il Mea Culpa del Papa sui casi di pedofilia nella Chiesa cilena

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Di Paolo Alberto Valenti
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Lo sbaglio è stato nel fidarsi dei resoconti della gerarchia ecclesiastica cilena

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I cardinali cileni chiamati a rapporto da Papa Francesco con una lettera in cui chiede perdono per i suoi errori di valutazione sui casi di pedofilia in Cile, dimostrano un lato debole non di questo papato ma dell'insieme della catena di comando della Chiesa. Un problema antico. Il copione si ripete anche quando i semplici fedeli chiedono un rendiconto a vescovi e cardinali per quelle che considerano scorrettezze subite in parrocchia dai loro sacerdoti. Le risposte, se arrivano, sono spesso tardive, elusive.

La gravità degli abusi sessuali non ammette indulgenza. Francesco lo ha chiarito proseguendo il mandato a tolleranza zero di Papa Ratzinger. Eppure durante il recente viaggio in Cile, il Pontefice in una risposta al giornalista di una radio, sembrava minimizzare le accuse delle vittime dei pedofili.

Ma in cosa ha sbagliato Francesco?

Proprio nel fidarsi all'inizio dei resoconti della gerarchia ufficiale cilena. Per questo ha dovuto mandare in America l'arcivescovo maltese Charles Scicluna, coadiuvato dal Reverendo Jordi Bertomeu Farnos (che integra la Congregazione per la Dottrina della fede), per raccogliere il tormento delle vittime.

L'inchiesta dell'Arcivescovo Scicluna

Collezionando 64 testimonianze a New York e Santiago del Cile, per un totale di oltre 2.300 pagine consegnate in Vaticano il 20 marzo, Scicluna ha fornito al Pontefice indizi, evidenze e tante storie di sofferenza che nessuno ai vertici della Chiesa cilena aveva ascoltato, schiudendo un panorama peggiore del previsto.

Il caso Barros

Il caso scottante della Chiesa cilena ha il nome e il congnome del vescovo Juan Barros, collaboratore di quel padre Fernando Karadima riconosciuto come predatore seriale di minori. La sonora protesta contro Barros, insediato come vescovo di Osorno, non è bastata a mostrare il malessere profondo dei fedeli.

Francesco rigettò ben due volte le dimissioni del prelato. Adesso il Papa sente la necessità di «ristabilire la fiducia nella Chiesa, fiducia rotta dai nostri errori e peccati, per sanare alcune ferite che non smettono di sanguinare».

**"Chiedo perdono"
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«Riconosco che sono incorso in gravi sbagli di valutazione e di percezione della situazione, specialmente per mancanza di informazione veritiera ed equilibrata. E fin d'ora chiedo perdono a tutti coloro che ho offeso e spero di poterlo fare personalmente, nelle prossime settimane, negli incontri che terrò con i rappresentanti delle persone che hanno testimoniato». Ecco le parole più difficili e amare che Papa Francesco ha messo nella lettera destinata a restare una pietra miliare di questo pontificato.

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