Quale lezione l'UE deve imparare dalla vittoria di Orban?

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Di Elena Cavallone
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Il premier ungherese ha puntato tutto sul sentimento anti-migranti ed è riuscito a vincere, nonostante durante il suo governo siano state approvate leggi che limitano la libertà di stampa e di pensiero

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Si fa sempre piu incerto il futuro dell'Europa, che anche e soprattutto ad Est vede consolidarsi la febbre populista. La vittoria schiacciante del partito nazionalista nelle elezioni legislative di domenica attribuisce al premier Viktor Orban non solo un terzo mandato, ma una legittimazione a portare avanti la sua battaglia contro Bruxelles

Una vittoria accolta calorosamente dall'estrema destra tedesca che la definisce un risultato infausto per l'Unione europea ma una notizia lieta per l'Europa.

Un dilemma invece per il parlamento europeo : è possibile congratularsi - come ha fatto il leader dei conservatori europei Manfred Weber -  con un politico noto per i discorsi xenofobi, senza ricordare il rispetto dello stato di diritto e dei valori europei? Fa notare il liberale Guy Verhosfadt.

Già perchè il successo di Orban è stato possibile proprio grazie ad un' intensa campagna elettorale contro il piano di ricollocamento dei rifuguiati delineato dalla Commissione europea.

"La crisi migratoria del 2015 ha reso possibile la strumentalizzazione della questione migratoria, che prima non rappresentava un problema per i populisti di questa parte d'Europa", spiega Paul Taggart, professore presso la Sussex University. "Ha permesso loro di creare un cocktail dove euroscetticismo e immigrazione si mescolano con la politica anti-establishment portata avanti in patria ma che ora si concentra su un nemico esterno".

L'altissima affluenza alle urne (il 70% degli aventi diritto di voto) aveva fatto ipotizzare la possibilità per le opposizioni di raccogliere un numero di voti sufficienti per far vacillare la maggioranza assoluta a Fidesz. Cosa che non è avvenuta.

"Il paradosso in questo caso - continua Taggart- è che il populismo parte dal cuore della politica interna e dalle questioni domestiche. Sebbene a volte si rivolge contro l'Unione europea e l'integrazione europea, non è necessariamente un progetto anti-europeo".

Eppure la frattura in Europa c'è ed è evidente: ad est l'anti-europeismo dei paesi del gruppo di Visegrad si scontra con il federalismo, di cui il presidente francese Macron vuole essere esportatore per eccellenza.

"Penso che il fenomeno Macron sia un fenomeno molto francese e c'è il rischio di vederlo come una risposta ai populismi che possa funzio nare in tutta Europa. In realtà ci sono alcuni aspetti molto specifici del successo di Macron e sulla natura della politica fr ancese che gli hanno permesso questo successo. In secondo luogo Macron è stato capace di farsi eleggere, ma ora bisogna vedere cosa sarà capace di fare al governo", sostiene Taggart.

A mettere in difficoltà Bruxelles è anche il rispetto dello stato di diritto nel paese, dove la recente approvazione di leggi controverse si accompagna alla poca sorveglianza sull'utilizzo di fondi europei. Per l'ex-Commissario europeo per l'Occupazione László Andor "questo è un dibattito politico che forse è più importante di qualsiasi azione legale ed è anche il motivo per cui fa così male vedere che negli ultimi tre anni le istituzioni europee non siano state in grado di generare un dibattito sui valori europei e sul perché tutti gli Stati membri europei debbano rispettarli".

A niente sembrano essere valse le manifestazioni in piazza contro il Primo ministro, indagato dall'ufficio europeo antifrode per l'uso improprio di alcuni fondi europei. Le vicende che lo hanno convolto non hanno rediretto i voti verso l'opposizione socialista, troppo frammentata. Il timore è che altri paesi possano seguire l'esempio di Budapest, tra cui la Polonia che è già nel mirino della Commissione europea.

"Il fatto che Ungheria e Polonia abbiano deviato in modo molto simile dal resto del panorama politico europeo e che abbiano deliberatamente affrontato le istituzioni europee sulle loro politiche, sulle regole e sui valori dell'UE, non significa che se non controllato - come una malattia - questo fenomeno si possa diffondere in altri paesi. Ci sono molti altri paesi che hanno vissuto delle crisi e le conseguenze politiche di tali crisi, pur senza un cambiamento costituzionale così profondo, come quello che l'Ungheria e Polonia stanno sperimentando", sostiene Andor.

Un dato è certo: dopo queste elezioni la figura di Orban si impone non solo internamente ma soprattutto come interlocutore di primo piano a livello europeo.

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