Generale saudita Assiri: "L'Iran non vuole la stabilità nello Yemen"

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Ospite di euronews il generale saudita Ahmad Hassan Mohammad Assiri: guerra nello Yemen, relazioni con l'Iran e relazioni tra il Regno e la comunità internazionale.

Yemen, il conflitto “dimenticato” che ha provocato 10mila vittime

10.000 mila morti. E’ il bilancio, secondo l’Onu, della guerra in Yemen negli ultimi tre anni. Un conflitto, iniziato nel 2015, che ha portato il paese sull’orlo del collasso.

Per fermare la rivolta degli Huthi sostenuta dall’Iran, l’Arabia Saudita, a capo di una coalizione di paesi arabi, ha dato il via all’operazione Decisive Storm. Mentre i jet sorvolano il cielo yemenita, i miliziani colpiscono sul terreno. Nel mezzo dei raid, civili inermi, vittime ora di una crisi umanitaria. Sono milioni le persone alle prese con carestia e malattie. Il generale Ahmad Hassan Mohammad Assiri è stato il portavoce della coalizione araba nello Yemen fino allo scorso luglio. Lo abbiamo incontrato a Parigi per parlare della strategia militare di Riyadh e di cosa pensa del futuro dello Yemen.

Unicef predicts that #Yemen is likely to be hit by another outbreak of deadly #cholera within months: https://t.co/RKi5pjpnJgpic.twitter.com/l6BEjxwoB3

— DRASA (Dr. Ameyo Stella Adadevoh) Health Trust (@drasatrust) March 28, 2018

Di chi è la colpa?

Anelise Borges, euronews: “Grazie per essere qui con noi Generale Assiri. Iniziamo parlando del conflitto in Yemen, che secondo le Nazioni Unite è la peggiore crisi umanitaria del mondo. L’Arabia Saudita guida l’intervento militare. Lei era in prima linea come portavoce della coalizione. Si sente responsabile per la morte di migliaia di civili e per i milioni di sfollati? L’Arabia Saudita è responsabile di questa devastante crisi umanitaria?”

Generale Ahmad Hassan Mohammad Assiri: “Per rispondere a questo tipo di domande dobbiamo esaminare esattamente come stanno le cose. Cosa è successo? Lo Yemen è uno di quei paesi dove la destabilizzazione è iniziata da quel fatto che abbiamo chiamato “primavera araba”. Nel 2011, le persone sono scese in strada per cambiare. Per cambiare il governo di Ali Abdullah Saleh.

Per evitare il collasso del paese, il Regno e i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, hanno aderito all’iniziativa del GCC: un piano per evitare il crollo dello Yemen e per dare speranza alla gente in due modi: primo, hanno eletto un governo transitorio, un governo che avrebbe guidato il paese attraverso una nuova costituzione valida per tutta la popolazione yemenita, compresa la minoranza degli Huthi. In secondo luogo si è cercato di organizzare delle elezioni libere per eleggere un nuovo esecutivo e un nuovo presidente. Questo processo è stato supervisionato dall’ONU, dall’UE e dal Consiglio di Cooperazione del Golfo. E poi c‘è stato il colpo di stato. Perché c‘è stato un golpe? Gli Huthi sono una minoranza e, se anche avessero vinto le elezioni, non avrebbero governato il paese. Ecco quello che è accaduto. Ora il paese, dopo aver attraversato un periodo durissimo, sta per andare incontro a un altro fallimento.

euronews: Sicuramente i raid e il blocco hanno contribuito a ciò che lo Yemen è diventato. Il Paese è stato messo in ginocchio. Non le sembra che l’Arabia Saudita abbia avuto un ruolo in questa crisi?

CIFRE APOCALITTICHE: LA GUERRA DELL’ARABIA SAUDITA E DI TRUMP CONTRO LO YEMEN https://t.co/rtrEH7y6jo

— Internazionale (@Internazional_I) March 28, 2018

Sauditi e Yemen, l’opinione di Riyad

Ahmad Hassan Mohammad Assiri: Se mi permette, le racconterò come stanno le cose. Non possiamo considerare lo Yemen solo come un segmento. Oltre alle cifre che lei ha citato, ci sono altre cifre, diverse valutazioni della situazione … diverse visioni della storia.

Non c‘è dubbio che ci siano problemi nello Yemen. C‘è una crisi umanitaria. Cosa stanno facendo il Regno e la coalizione? Stiamo valutando le cause e le conseguenze. La maggior parte di coloro che commentano la crisi nello Yemen, sfortunatamente, si limitano a concentrarsi solo sulle conseguenze e dimenticano le cause. E la causa è che c‘è un paese che finirà sotto il controllo delle milizie. Qual è la situazione oggi in Libano? Non esiste un governo, o meglio nessun governo efficiente. Esiste un governo di interfaccia ma ci sono milizie che dominano il paese e noi stiamo lavorando per porre fine a questa situazione.

euronews: Concentriamoci sullo Yemen ora, parleremo di altre parti in seguito; ma ora la mia domanda è: negli ultimi 3 anni la coalizione araba con cui ha lavorato è stata accusata di bombardare case, negozi, mercati. Perché non è stato fatto nulla per proteggere i civili in questa guerra? Uccidere intenzionalmente civili e distruggere case ha un nome: crimini di guerra.

Ahmad Hassan Mohammad Assiri: Non è così. Si sta indagando su questo.

euronews: Non è vero che la coalizione araba ha preso di mira case e negozi?

Ahmad Hassan Mohammad Assiri: No, perché non e’ mai stata questa l’intenzione. La nostra intenzione è salvare la popolazione non distruggerla. Torniamo alla questione dell’intervento: è legato alla richiesta del governo dello Yemen, è un processo legale. Il governo yemenita ha chiesto di attuare l’accordo di difesa arabo attraverso la Lega. Quindi è legale. L’obiettivo non è attaccare la popolazione. Perché dovremmo farlo? Per ucciderli? No. Oggi siamo nello Yemen per conto della comunità internazionale.

Stiamo mettendo a rischio i nostri soldati, le nostre risorse; la nostra reputazione, il nostro tempo … perché? Perché vogliamo riportare pace e stabilità nello Yemen. Se c‘è un altro paese che vuole risolvere questa situazione, è pregato di farsi avanti.

Questo è il motivo per cui ci siamo trasferiti in Yemen. Perché non vogliamo che questo paese diventi un’altra Somalia, un’altra Libia, un altro Libano … e questi sono 3 esempi dove la comunità internazionale si è ritirata. Noi non possiamo permetterci il lusso di fare un passo indietro, perché siamo paesi vicini e abbiamo un forte interesse a riportare pace e stabilità nello Yemen.

euronews: Ancora una volta insisto sul fatto che ci sono state almeno 10.000 vittime e queste cifre risalgono al 2016; sicuramente ora il bilancio è molto più alto. Quali sono le prospettive per lo Yemen? E per questo conflitto?

Ahmad Hassan Mohammad Assiri: Non darò cifre. Ma questo numero è falso. Questo numero non è un numero preciso.

euronews: Ci sono altri morti?

Ahmad Hassan Mohammad Assiri: No, anzi ci sono meno morti. Immaginate come funzionano queste milizie.

euronews: Ma questa è una cifra che arriva dall’ONU.

Assiri: Questi numeri sono numeri falsi, dettati da persone che vogliono mantenere una situazione di stallo nello Yemen. Ci sono alcune parti che hanno interesse a fare in modo che lo Yemen resti uno stato in fallimento.

The Coalition in Yemen is not only involved militarily, but also with infrastructure projects. KSA is still committed to humanitarian assistance to all aid organizations despite the consistent aggression, obstruction, and escalation from the Iranian backed Houthi militia.

— Khalid bin Salman خالد بن سلمان (@kbsalsaud) March 28, 2018

Cosa fare per risolvere il conflitto?

euronews: Chi è interessato a mantenere lo Yemen in questa situazione?

Assiri: Quelle persone che sostengono le milizie. Lo si vede chiaramente. L’Iran- ha interesse a mantenere lo Yemen uno stato fallito, in modo da controllarlo attraverso i miliziani. Questa è la realtà che le persone non vedono. La gente sente, va su internet, vede delle cifre false e continua a ripetere queste cifre. Non esiste un solo rapporto proveniente dalle Nazioni Unite che abbia una reale attinenza con quanto accaduto sul terreno. Le chiedo io ora se ci sono degli osservatori sul campo.

Arabia e EAU donano per aiuti Onu

euronews: Ci sono attivisti sul campo..

Assiri: Questo ci fornisce un’immagine vaga perché gli attivisti sono schierati. C‘è un governo riconosciuto dalla comunità internazionale e le persone possono contattare questo governo. L’esecutivo ha le proprie persone, ci sono gli yemeniti che lavorano nel paese e che possono dire la loro su questo. Quindi non discuteremo di numeri perché non è il caso. Riconosciamo invece che c‘è una crisi nello Yemen e stiamo lavorando come ho già detto. Abbiamo stanziato 1,5 miliardi di dollari, non credo che un altro paese avrebbe fatto lo stesso. Invece di criticare la coalizione, chiediamo alle persone di unirsi ai nostri sforzi. Bisogna ridurre al minimo la sofferenza delle persone, invece di criticare le persone attraverso i media.

The $1 Billion contribution is an important milestone in YCHOperations</a> which was launched 64 days ago and provided aid to 1.8 million Yemenis.</p>&mdash; Khalid bin Salman خالد بن سلمان (kbsalsaud) March 28, 2018

euronews: Come pensa di risolvere questa crisi? Come finirà questo conflitto?

Assiri: Stiamo lavorando su 3 punti chiave. Primo, sosteniamo gli sforzi delle Nazioni Unite per ottenere una soluzione politica. Poi serve una discussione interna allo Yemen, una negoziazione tra yemeniti per riportare pace e stabilità. Ecco perché non diciamo no alla figura di un inviato speciale.Anzi gli auguriamo buona fortuna e successo nella sua missione. Noi cerchiamo di ridurre le sofferenze di cui si parlava.

euronews: Ridurre la sofferenza, ma come?

Assiri: Sul campo, stando vicino alle persone …

euronews: Allo stesso tempo jet sauditi sorvolano e bombardano la gente …

Assiri: Non continui a interrompermi …Stiamo lavorando, principalmente, nell’area dove c‘è un governo sicuro. Stiamo ridando alle persone la loro vita normale: cibo, medicine, acqua, servizi. Questo è il motivo del nostro stanziamento di 1,5 miliardi di dollari. In secondo luogo, lavoriamo con le ONG e molte altre importanti organizzazioni della comunità internazionale, per facilitare il loro lavoro sul campo. Questo è quello che stiamo facendo.

euronews: Ha detto che volete una risoluzione politica … volete che i partiti yemeniti vengano al tavolo dei negoziati … ma se ci sono aerei che bombardano la gente..come possono arrivare al tavolo dei negoziati. Prima bisogna fermare i combattimenti.

Assiri: Penso che lei si sia persa la mia spiegazione. Non ci sono aerei da combattimento che bombardano la gente. C‘è una campagna militare contro le milizie, secondo le leggi internazionali e dei conflitti armati e noi rispettiamo tutto questo. Lei non è mai stata nello Yemen, non l’hai mai visto il Paese, non ha testimoni e cerca di comunicare qualcosa di sbagliato. Io cerco di correggere la sua posizione e quello che sta trasmettendo, anche per il pubblico.

Cosa stiamo facendo in Yemen. Stiamo lavorando contro le milizie. È lo stesso standard con cui lavoravamo con la comunità internazionale nella coalizione contro l’Isis a Mosul e Raqqa. La nostra aviazione collabora con gli altri aerei della coalizione contro Daesh; con gli stessi standard. Perché in quella zona è normale mentre nello Yemen si dice che si bombarda la gente? Lasci che le dica una cosa: guardate come le milizie si comportano negli ospedali, nelle scuole, nelle zone residenziali, rendono tutto difficile, ma noi abbiamo accettato questa sfida perché dobbiamo liberare la gente yemenita da questo. Non possiamo arrenderci. Se ci arrendiamo, allora gli Hezbollah avranno campo libero nello Yemen.

The Kingdom’s humanitarian assistance to Yemen reaches all Yemenis. The Kingdom is still funding Al Salam hospital in Sa'dah and the Hajjah hospital. We will not give up on our Yemeni brothers and will remain committed to their long term wellbeing.

— Khalid bin Salman خالد بن سلمان (@kbsalsaud) March 28, 2018

euronews: Il terzo anniversario di questo conflitto è coinciso con la prima visita ufficiale del Principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman negli Stati Uniti. Ha detto di voler portare stabilità in Bahrain, come pensa di farlo?

Assiri: Non abbiamo un piano preciso ora, lo stiamo mettendo a punto. Abbiamo tre fasi di lavoro nell’area. In primo luogo, continuiamo a sostenere i paesi stabili e il loro bilancio, il loro governo, assicurandoci che possano portare avanti, nell’area, la lotta contro il terrorismo. In secondo luogo, cerchiamo di ridurre la destabilizzazione dei paesi e questo è ciò che stiamo facendo negli stati che lei ha citato: Bahrain, Egitto, Sudan, e altri … cerchiamo di sostenere i governi attraverso la loro economia, attraverso il loro bilancio per riportare la stabilità. Terzo: quando siamo alle prese con una grave crisi come quella nello Yemen – un paese alle prese con un colpo di stato, cerchiamo di portare pace e stabilità e questo è ciò che facciamo.

Ruolo dell’Arabia Saudita, tra pro e contro

euronews: Si può arrivare alla pace e alla stabilità in Medio Oriente senza l’Iran?

Assiri: Quando un paese entra a far parte delle Nazioni Unite, ci sono accordi tra paesi e stati, si attua il diritto internazionale, bisogna rispettare il diritto internazionale. Se un membro di questa comunità vuole far parte di questa comunità ma si rifiuta di rispettare il diritto e gli accordi internazionali, e non vuole rispettare la sovranità dei paesi, allora nascono dei problemi. Oggi c‘è un paese in Medio Oriente dove nella loro costituzione è scritto che vogliono fare una rivoluzione ovunque.

La Francia è stata una delle vittime del regime iraniano. Poi è stato il turno del Regno Unito con l’attacco alla loro ambasciata. Poi c‘è stato l’attacco a un locale notturno di Berlino. Quindi non solo quell’area ha sofferto per il regime iraniano.

Sfortunatamente quelle persone, che erano coinvolte, ora sono ministri che si impegnano nel dialogo con altri paesi. Quindi oggi ci si chiede qual è la discussione con i nostri amici e partner. Dobbiamo prima correggere e rivedere l’accordo sul nucleare e risolverlo perché hanno fatto qualcosa di sbagliato. In secondo luogo, anche se è stato firmato l’accordo, questo non significa che possono fare quello che vogliono, e destabilizzare le varie zone.

Questo è quello che oggi diciamo ai nostri alleati, oggi siamo in prima linea. Domani sarà il vostro turno. Quindi o lavoriamo insieme per ridurre al minimo e respingere il regime o ne subiremo tutti le conseguenze. Una delle conseguenze è lo Yemen, ma anche l’Iraq, la Siria e il Libano.

euronews: L’Arabia Saudita sta facendo molte riforme. Il principe ereditario Bin Salman ha fatto una grande battaglia contro la corruzione, cambiando l’economia. Gioca un ruolo importante nella regione … Non sta agendo forse troppo velocemente? Non è meglio fare una cosa alla volta?

Assiri: Stiamo lavorando, come ho detto, su due fronti: uno nazionale e uno internazionale e uno è parte dell’altro. Se abbiamo ancora un’economia prospera, possiamo essere un aiuto. Se avremo delle difficoltà, non potremo fare nulla per nessuno. Allo stesso tempo continuiamo a coinvolgere i nostri partner nell’area per avere un successo garantito. Penso che saremo in grado di ridurre al minimo l’instabilità in Egitto, in Bahrain, e continuiamo a lavorare su questo per ottenere quel risultato che è nella nostra previsione per il 2030.

euronews: La vostra previsione per il 2030 include riforme che coinvolgono le donne, e il rapporto tra Arabia Saudita e Islam … Per quanto riguarda i diritti sociali: il diritto a guidare un’auto è importante, ma c‘è anche la libertà di espressione, la libertà di parola … se qualcuno non fosse d’accordo con il governo cosa farete? Cosa direte nel 2030?

Assiri: Come ha detto, ci sono molte cose da fare … non possiamo fare tutto nello stesso tempo; per modernizzare e riformare la società bisogna agire gradualmente. Un cambiamento molto rapido sarebbe negativo. Riformuliamo dunque tutte quelle cose che lei ha menzionato, per vedere qual è il punto di riferimento nella religione e quale potrebbe essere la reazione della società riguardo ai cambiamenti. Quelle riforme sono piccole cose. Ma mostrano l’intenzione del Re e del governo di cambiare gradualmente e di avere un obiettivo. Le assicuro che non siamo cambiati solo per far piacere alle persone, cambiamo perché vogliamo vivere i nostri sogni. Non vogliamo perdere tempo, rincorrendo sogni. Abbiamo bisogno di realizzarli e viverli.

euronews: Dopo gli Stati Uniti, il principe ereditario Bin Salman sarà in Europa … Un viaggio alle ricerca di alleati? Quali?

Assiri: Se guardiamo la mappa, noi siamo, in termini di alleati, tra i 5 paesi più importanti. Noi siamo amici di tutti i paesi. Non abbiamo mai avute dispute, e se dovessimo averne qualcuna la risolviamo attraverso il dialogo, il diritto internazionale; quindi siamo amici di tutti i paesi. Se visitiamo delle regioni è per rafforzare questo tipo di relazione. Francia, Regno Unito, Stati Uniti sono i nostri partner dalla creazione del Regno. Quindi dobbiamo parlare con loro, scambiare idee, discutere di tutte quelle questioni di cui abbiamo parlato.

Se si lavora tutti insieme, discutendo, scambiando idee, scambiando esperienze e opinioni, potremo avere successo tutti quanti. Quindi questo tipo di dialogo è l’obiettivo della visita del principe ereditario negli Stati Uniti, ma anche nel Regno Unito e in Francia.

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