Dalla Strage di Via Fani alla Consegna di Via Caetani: la verità nascosta del Caso Moro

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A 40 anni dai fatti una inchiesta scava sul lato spesso affossato del Caso Moro: il ruolo della criminalità organizzata nei 55 giorni che hanno cambiato per sempre il destino dell'Italia

Per gentile concessione de La Nave di Teseo, un estratto dalla premessa al libro.

Perché questo libro

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Qual è il vero problema del “Caso Moro”? Quale il nodo mai sciolto e insieme farsesco di quei cinquantacinque giorni che hanno rivoltato per sempre il destino del nostro paese?

Nel rispondere, questo libro intende focalizzarsi su un aspetto specifico che ha caratterizzato l’affaire Moro tutto, riannodando prima e dipanando poi un filo presente spesso sotto traccia. Il vero protagonista nascosto di quel dramma – il cui palcoscenico è stato calpestato da più personaggi a più livelli – è la criminalità organizzata nelle sue componenti fondanti di quegli anni, quelle meno note al grande pubblico. Un ruolo, il suo, sempre accennato, poco chiarito e spezzettato tra carte giudiziarie e cronache sommerse dal tempo e dall’incuria o dall’imperterrita attitudine tutta italiana di non volersi accorgere delle evidenze: quelle che contano, quelle che restano. La costante ignorata o volutamente estromessa che molti, nel corso degli anni, hanno deriso o sminuito. In questo magma le br non fanno certo da sfondo. Nate fra il 1969 e il 1970 sull’onda calda dei movimenti studenteschi, in un contesto segnato dalla violenza delle stragi in cui alcune organizzazioni extraparlamentari terminavano la propria esperienza politica, in parte confluendo proprio nelle br, e altre nascevano, le br ci sono. A volte, non sempre, in compagnia. Elemento, quest’ultimo, che storicamente fazioni politiche e culturali anche tra loro opposte fanno ancora fatica ad accettare; e ciò, attraverso i mass media (tv prima, Internet poi), ha contribuito a creare una cortina di fumo in cui si è ritrovato chi subisce il flusso sconnesso dell’informazione. Insieme, entrambe le estremità erigono un muro che la verità fatica a scavalcare. Da quarant’anni. Il “cubo d’acciaio”, invece, nella definizione dell’organizzazione data da Prospero Gallinari – l’uomo che per anni nella versione ufficiale si è indicato come il killer di Moro per poi cambiargli di posto e collocarlo come carceriere nella prigione di via Montalcini alla Magliana di Roma – si era fuso, se non tutto, in buona parte. [...]

Non è tanto un problema d’impossibilità di ricostruzione storica di fatti recenti (dai quali ci separano comunque quarant’anni), quanto piuttosto un problema di viva, costante attualità del Caso Moro, evento difficile da affrontare per quanti ancora si sentono coinvolti a tutti i livelli dal carico di quegli anni.

A volte persiste il rifiuto di accettare quelle verità, altre volte si tenta palesemente di nasconderle o di non farle uscire, aggredendo chi invece cerca di far luce sui fatti. [...]

Le connessioni fra criminalità comune e organizzata ed eversione di destra hanno spesso riempito le pagine dei giornali (cartacei prima, online poi). E nonostante i depistaggi volti a nasconderle, qualcosa, fortunatamente, è venuto a galla. Per quanto riguarda il terrorismo rosso, però, quelle connessioni non sono mai emerse chiaramente, quasi fossero un tabù al cui interno si muovono anche legami fra rossi e neri. Connessioni respinte con veemenza dai protagonisti che sanno e da chi, pur coinvolto, in buona fede le nega. Anche questi aspetti fanno parte del magma che vogliamo affrontare e tentare di comprendere in queste pagine. Cosa nostra, camorra, banda della Magliana e ’ndrangheta – la quale si è fatta strada soprattutto all’ombra di una mafia siciliana che non ha esitato di contro a mettere in mostra la propria violenza – lungo il corso di questi quarant’anni sono state al servizio di altre strutture di potere (o sono state da queste servite), arrivando a cambiare il peso e il ruolo di entrambe.

Dopo il Caso Moro, con un percorso iniziato nel 1970, criminalità organizzata e potere politico-criminale cambiano i rapporti di forza, e tutto il paese ne subisce le conseguenze. [...]

Risorse addizionali per questo articolo • Interviewer Antonio Michele Storto

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