Myanmar: parlano sopravvissuti del massacro di Maung Nu

Myanmar: parlano sopravvissuti del massacro di Maung Nu
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Di Alberto De Filippis
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Un nuovo massacro contro la minoranza Rohingya, decine di persone uccise e abbandonate nella foresta

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Ormai la gente lo chiama il massacro di Maung Nu, un villaggio Rohingya a Myanmar, distrutto il 27 agosto scorso. Negli ultimi cinque anni l'escalation di violenze è stata sempre più frequente e cruenta.

Nel 2012, i conflitti inter-etnici con la popolazione buddhista, sostenuta dall’esercito, hanno portato all’uccisione di centinaia di Rohingya e all’incendio di decine di villaggi. Da allora, centinaia di migliaia di persone hanno vissuto in campi per rifugiati controllati dai militari in condizioni disperate.

Tutto questo fino al 25 agosto 2017, quando l’Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa), un gruppo armato attivo nell’area dal 2016 ha attaccato alcuni avamposti militari nel nord del Rakhine uccidendo 30 soldati.

Appena due giorni dopo è avvenuto questo massacro, racconta una testimone: "Hanno preso mio figlio e legato a un albero assieme ad altri due. Hanno cominciato a colpirli con armi da taglio e chi non moriva subito o si lamentava, veniva ucciso subito. Mio figlio urlava e si lamentava"

L'orrore ripetuto anche nelle parole di Mohammad a cui hanno sparato più volte e che mostra le ferite dei proiettili: "Siamo stati separati dal gruppo e ci hanno sparato un paio di volte. I miei fratellli non si muovevano pi, a me hanno sparato al petto. Quando ho aperto gli occhi erano andati via"

Le organizzazioni internazionali ormai parlano di genocidio. Assordante il silenzio di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991 proprio per il suo impegno alla causa dei diritti umani in Myanma.

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