Hanno trovato l'uomo che ha disattivato l'account Twitter di Donald Trump

Hanno trovato l'uomo che ha disattivato l'account Twitter di Donald Trump
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Di Lillo Montalto Monella
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"Si è trattato di un errore" ha dichiarato a TechCrunch Bahtiyar Duysak, studente tedesco definito da molti un "eroe" per aver spento @realdonaldtrump per 11 minuti. Ma la sua è anche la storia di come l'ossessione mediatica possa rendere la vita un inferno.

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A inizio novembre qualcuno ha disattivato per 11 minuti l'account Twitter del presidente USA Donald Trump. Etichettato come "un furfante" da Trump, quel qualcuno è stato definito "un eroe moderno" da migliaia di utenti dei social network.  

Si è detto che si trattava di un dipendente della compagnia all'ultimo giorno di lavoro, ma fino ad oggi nessuno conosceva altri dettagli sull'identità del misterioso sabotatore dell'account presidenziale da 43.5 milioni di follower. 

Dopo neanche un mese di ricerca il sito TechCrunch è riuscito a scovarlo e ha rivelato il suo nome al mondo.  

Si chiama **Bahtiyar Duysak **e si è ritrasferito in Germania, dove è nato e cresciuto. Di origine turche, quel 2 novembre 2017 era al suo ultimo giorno di lavoro da Twitter, società presso la quale era impiegato a tempo determinato. Si trovava in USA con visto studentesco e per il *social network *californiano si occupava del supporto clienti. Tra i suoi compiti c'era anche quello di passare in rassegna le segnalazioni di altri utenti su eventuali dichiarazioni e comportamenti illegali (o offensivi) in 140 caratteri. 

Il suo ultimo giorno di lavoro sembrava procedere liscio, scrivono i due giornalisti autori dell'articolo, fino a quando qualcuno ha segnalato l'account Twitter di Trump per comportamento inappropriato. Un classico, di questi tempi (si pensi agli ultimi, controversi retweet...)

Dusyak si è comportato come da protocollo: l'ha disattivato. Quindi, dopo aver salutato i colleghi, ha chiuso il computer e ha lasciato l'edificio, ignaro delle conseguenze di quel gesto sulla sua vita. 

Qualche ore più tardi, il panico.

Una signora lo avvicina e gli parla dell'accaduto. Lui mano a mano inizia a rendersi conto di cosa è successo. Nel corso dell'intervista, che potete trovare qui sotto, definisce quell'atto con la parola "mistake", "errore".

"Non pensavo che effettivamente potesse essere disattivato". 

Secondo le linee guida dell'azienda, infatti, l'account di Trump avrebbe dovuto essere protetto da ogni tipo di erronea "eliminazione" in quanto "di interesse pubblico".

Il CEO di Twitter, Jack Dorsey, ha riconosciuto in un'intervista poco dopo l'incidente che ci sono state alcune lacune nelle procedure pensate per questo genere di evenienza, aggiungendo che la clausula "di attualità" non era nota pubblicamente fino a quando Twitter l'ha resa tale. "Abbiamo implementato misure di salvaguardia per evitare che questo accada di nuovo".

Eroe suo malgrado

Nonostante alcuni l'abbiano definito un eroe, lui non si è affatto sentito tale. Duysak è stato infatti perseguito dai media, particolarmente aggressivi nel contattare la sua famiglia e i suoi amici, come si legge nel sito specializzato in tecnologia. 

A livello legale, tuttavia, non rischia nulla. Non ha infranto nessuna legge e nessuno ha sporto denuncia. L'FBI non è sulle sue tracce. Almeno per il momento. "Non hackeravo nessuno. Non ho fatto nulla che non fossi autorizzato a fare".

Duysak avrebbe potuto mantenere un basso profilo ma non lo ha fatto. Perché? "Per cercare di fare chiarezza, ottenere un nuovo lavoro e non dovermi preoccupare di come la storia sarebbe saltata fuori senza il mio coinvolgimento".

"Voglio continuare ad avere una vita ordinaria. Non voglio fuggire dai media", ha detto. "Voglio parlare con i miei vicini e conoscenti. Ho dovuto cancellare centinaia di amici, così tante foto, perché i giornalisti mi stalkeravano".

"Non ho commesso alcun crimine né azione malvagia, ma mi sento come Pablo Escobar", ha concluso, "e lentamente la cosa sta diventando fastidiosa". 

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