Simpson, il problema del razzismo con il personaggio di Apu

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apu simpson Diritti d'autore Ph. 2012 Pop Culture Geek di Doug Kline
Di Lillo Montalto Monella
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Se lo chiede il comico Hari Kondabolu, di origine indiana, in un doucumentario dal titolo "The Problem with Apu". Sui social gli amanti della serie sono divisi.

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Il gestore di uno dei negozietti di alimentari più famosi del mondo dello spettacolo, l'indiano Apu della serie* The Simpsons, *non è altro che uno stereotipo razzista: lo sostiene il nuovo documentario di un comico americano, The problem with Apu, in uscita questa settimana.

L'autore dell'indagine sulla più longeva sitcom americana si chiama Hari Kondabolu, stand-up comedian cresciuto nel Queens da genitori indiani immigrati negli USA. Il documentario nasce da questo sketch del 2012 che insiste sugli stereotipi con cui vengono ritratti i migranti asiatici negli USA. 

Vedrà la luce il prossimo 19 novembre sul canale TruTv ma la sua produzione è iniziata nell'aprile 2016. Vi compaiono Aziz Ansari, già noto al grande pubblico per il suo ruolo nella serie Netflix "Master of None" e Maulik Pancholy ("30 Rock"). Saranno passate al vaglio della critica anche altre famose scene del cinema statunitense, scrive il* NY Times*, come quella in cui gli indiani banchettano con le cervella di scimmia in Indiana Jones e il Tempio Maledetto. "Gli indiani non mangiano cervello di scimmia", puntualizza Kondabolu. 

La voce di Apu Nahasapeemapetilon, questo il nome completo all'anagrafe immaginaria di Springfield del personaggio creato da Matt Groening, è prestata dall'attore bianco Hank Azaria. "Se lo vedessi fare quella voce ad un party, lo riempirei di calci", diceva nel 2012 Kondabolu. L'intero documentario è una vera e propria caccia a Azaria, la voce "bianca" del Jet Market di Springfield (doppiato in italiano da Manfredi Aliquò).

"Ogni cosa di Apu è un continuo scherzo", riferisce l'autore del documentario al New York Times. "E il continuo scherzo è il fatto che lui è indiano"

L'effetto non voluto del personaggio dei Simpson sarebbe stata la creazione di un'intera generazione di attori indiani a cui è stato richiesto, prima o poi, di fare l'accento di Apu nonostante anni e anni spesi nelle scuole di recitazione. Uno sketch presente anche nel repertorio di Aziz Ansari.

Lo stesso lavoro di Apu sarebbe in realtà una percezione stereotipata dei molti immigrati indiani in America, spesso impiegati nei negozietti di alimentari "all'angolo" della strada. Nonostante, come nel caso del nostro Nahasapeemapetilon, essi avessero magari un dottorato in informatica. Apu "viene praticamente definito dal suo lavoro", ha dichiarato Kondabolu alla BBC, "ma ha anche otto bambini, una presa in giro del fatto che in India ci sono così tante persone, e si è sposato con un matrimonio combinato".

Gli amanti dei Simpson si dividono

La polemica dura da tempo, come si legge nel commento The Apu Travesty del Guardian, anno 2007. Al tempo della promozione del film dei* Simpson*, la catena di negozi 7-Eleven aveva temporanemente trasformato 11 dei suoi store in Kwik-E-Marts, tradotti in italiano Jet Market. Il regno di Apu.
Accuse di razzismo per la mossa di marketing erano volate sui forum e sui gruppi Google.

Molti utenti concordano con la tesi del documentario, mentre altri sottolineano come la maggior parte dei personaggi dei Simpson - apparsi negli oltre 600 episodi, lungo i 30 anni di messa in onda della serie - siano in realtà degli stereotipi: lo scozzese, il mafioso italo-americano, il sindaco corrotto, il cristiano bigotto, i poliziotti ottusi, il magnate senza cuore e così via. 

Una delle risposte all'ultimo tweet del New York Times è:

"E quando non ci sarà più Apu, non ci saranno più personaggi indiani e sarà di nuovo razzista", commenta un utente in una discussione su Reddit nata un anno fa. Apu è in giro dal 1987 ma è diventato "razzista" solo nel 2017, è il titolo di un altro thread. 

Eccesso di "politically correct"? 

Oppure giusta e necessaria presa di posizione?

La risposta del comico Kondabolu a questo vespaio di opinioni non poteva che essere ironica. 

Per dirla con lo sguardo di Homer...

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