Mosca/Donetsk, i passaporti della discordia

Mosca/Donetsk, i passaporti della discordia
Di Luca Colantoni
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Putin firma un decreto "temporaneo" per riconoscere i documenti dei separatisti

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Arrivano a Mosca con gli autobus provenienti da Donetsk, Gorlovka, da Lugansk e da altre parti della autoproclamata Repubblica di Donetsk. Sono persone in fuga dalla guerra, in cerca di una vita normale. E’ un via vai.Gli autobus cominciano ad arrivare alle prime ore del mattino e il capolinea è nei sobborghi a sud della capitale russa. Sergei ha 47 anni, è un ex minatore, ma a Mosca lavorerà come riparatore di automobili. “Lugansk e Donetsk sono per la maggior parte divise. Principalmente le periferie. Un centinaio di chilometri di distanza da noi, ma tutto il giorno dovevamo ascoltare il rumore degli spari, a piu’ riprese, sia il giorno che la notte. Sei costantemente in pericolo, non sai cosa potrà accadere. Anche paesi piu’ tranquilli sono stati messi sotto attacco. Da quelle parti si vive su una polveriera”.

Il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto di riconoscimento dei passaporti rilasciati dalle repubbliche secessioniste ucraine di Donetsk e Lugansk, ma nonostante questo non è cosi’ semplice ottenere un qualsiasi certificato. Le banche, ad esempio per ora rifiutano di effettuare operazioni per chi presenta un passaporto del genere, ma fanno sapere che è questione di giorni, il tempo di adeguare i sistemi informatici. Katya, per esempio, ha lasciato il suo appartamento di Donetsk nel 2014. Oggi vive con la madre e un figlio di due anni per il quale spera di ottenere un posto in un asilo. Il suo passaporto è valido dallo scorso anno. “Muoversi verso l’Ucraina è veramente un problema. Ci sono file ovunque. La gente comincia a mettersi in coda dalle 5 del mattino. Fermi sulla linea di confine con a pochi metri da loro i mortai che sparano. Tuttavia non hanno paura, restano li’ e sperano di farcela a passare”.

Poi c‘è Dmitry. 20 anni. Arriva anche lui da Donetsk ed ha trascorso diversi mesi a Mosca. I suoi studi sono di ingegnere informatico, ma a Donetsk lavorava come tecnico in miniera. Lui è critico con le istituzioni. “Non voglio ricevere questo passaporto perchè si tratta solo di un riconoscimento temporaneo. Una cosa è certa, noi non siamo riconosciuti da nessuna parte. Quando finirà tutto, cosa ci faccio con questo passaporto?”

La guerra è fatta anche di storie. C‘è quella di Valentina che da dieci anni attraversa regolarmente il confine tra Russia e Ucraina per andare a lavorare. Alla fine del mese torna dalla nipote, dal figlio e dalla figlia che ha perso il marito in questo conflitto. Valentina nel 2014 ha fatto parte della milizia. Ora guadagna 500 euro al mese e con quelle aiuta la sua famiglia. E’ poco, ma riesce lo stesso a trovare il buonumore ora che Mosca ha riconosciuto anche il passaporto dei figli “La gente fa la fila per un passaporto. Mia figlia e mio figlio ne otterranno uno. Kiev glielo daré, ma voi capite che non tutti hanno voglia di andare li’. Molte persone non vogliono andare”

Passaporti riconosciuti quindi, ma per Mosca si tratta comunque di una misura temporanea fino a quando non si riuscirà a trovare una soluzione politica al conflitto. Per Kiev è una provocazione e continua, quindi, lo scambio di accuse con la Russia che oltre all’occupazione avrebbe violato le norme giuridiche internazionali. Dmitri Trenin è il direttore di un “Think Tank” di politica estera con sede a Mosca. “L’aspetto umanitario senza dubbio non è da sottovalutare. Ma credo che per la Russia si tratti soprattutto di una questione politica. La politica ha una sua priorità. La Russia cosi’ intende mandare un messaggio preciso probabilmente piu’ ad ovest che il ritardo del rispetto degli accordi di Minsk potrebbe durare fino a quando gli eventi non svilupperanno un altro scenario, non descritto e definito nella riunione di Minsk”.

Spazio alle similitudini. Nel 2008 la Russia riconobbe formalmente due regioni separatiste georgiane, l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia. Ma anche in quel caso si è dovuti ricorrere, purtroppo, ad un conflitto armato.

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