Le smart city, risposta all'espansione urbana in Europa

Le smart city, risposta all'espansione urbana in Europa
Di Euronews
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L’economia delle smart city L’espansione urbana è una realtà per due europei su tre.

L’economia delle smart city

L’espansione urbana è una realtà per due europei su tre. Questa settimana ci troviamo a Valencia, in Spagna, per vedere come, in queste potenze economiche urbane dove ci trasferiamo in cerca di lavoro e di opportunità, dobbiamo anche confrontarci con problemi fondamentali come le difficoltà economiche, l’alloggio, i trasporti, l’inquinamento… E questo sta spingendo le città – grandi, medie e piccole – a cominciare davvero a pensare a come diventare città intelligenti.

#EUFACT Did u know Europe can tap into #ERDF upto €15 bln for Urban Development Plans? No excuse to not become a #SmartCity with funding

— Maithreyi (@maithreyi_s) 16 febbraio 2017

Circa l’80 per cento dell’energia in Europa è utilizzata dagli abitanti delle città, che però contribuiscono a circa l’85 per cento del pil del continente. E visto che la popolazione urbana mondiale è destinata a raddoppiare entro il 2050, potrebbe essere una buona idea capire che cos‘è una città intelligente…

Crash course: che cos‘è una “città intelligente”?

Ogni giorno uniamo i puntini della nostra vita: svegliarsi, andare a lavorare, socializzare, dormire… Anche le città intelligenti uniscono i puntini: fra persone, imprese, informazione e tecnologia. Connessioni che permettono di sapere quando arriverà il prossimo autobus, di controllare il traffico per ridurre gli ingorghi, o ancora trovare un parcheggio. Sensori che accendono lampioni, chiamano i servizi d’emergenza o mettono in guardia sui livelli d’inquinamento in tempo reale. Le città intelligenti prendono tutti gli elementi della vita urbana creando una piattaforma tecnologica che consente a cittadini, imprese e governi di comunicare e lavorare insieme.

Finora questo era vero solo per grandi città come Barcellona o Amsterdam, ma ora stanno cominciando ad adeguarsi anche centri urbani più piccoli, Leader in Europa con il maggior numero di smart city sono il Regno Unito, la Spagna e l’Italia.

L’Europa ha messo lo sviluppo urbano al centro della sua strategia 2020, e una parte consistente del suo Fondo di sviluppo regionale è ora destinato alle città intelligenti. Naturalmente questo può essere abbinato da amministrazioni comunali e regionali ad altri fondi strutturali. La logica è semplice: le città più piccole dopo la crisi avranno difficoltà a ottenere i pur ridotti finanziamenti di cui hanno bisogno per effettuare la trasformazione delle infrastrutture necessaria a una smart city. I bilanci comunali sono stati tagliati e i debiti si sono accumulati.

Fanny Gauret è andata a vedere come sta andando l’avvio della trasformazione ‘smart’ di Valencia”

Valencia, una smart city in erba

Ispirata dalle grandi città intelligenti europee, Valencia ha avviato la sua trasformazione nel 2012. Fanny si dirige verso il centro d’innovazione urbana Las Naves per vedere che risultati hanno raggiunto. Chiama al telefono il direttore della compagnia Rafael Monterde Díaz e gli chiede: “Buongiorno, Rafael, sono arrivata. Come ti raggiungo?” Lui non esita un attimo: “Devi prendere l’autobus 5. Puoi aprire AppValencia per vedere qual è la fermata più vicina”.

Strumenti come AppValencia consentono ai cittadini di accedere in tempo reale a informazioni su autobus, bici, ma anche di ricevere avvisi sulla città o pagare le bollette on line. Tutto questo è integrato all’interno della piattaforma di gestione della città intelligente, la prima di questo tipo in Spagna. Spiega Rafael: “È una piattaforma orizzontale che punta a integrare tutte le informazioni generate da tutti i servizi, incluse informazioni esterne, generate da imprese e cittadini, per poter sfruttare questi dati. Il settore privato può sviluppare applicazioni, ci fornisce soluzioni per i vari servizi, attraverso un business model che permette di generare profitti”

La città di Valencia ha stanziato 1,14 miliardi di euro per la sua trasformazione fra il 2014 e il 2020. 568 milioni arriveranno attraverso i Fondi strutturali e di investimento europei. Un esempio di come questa trasformazione gioverà ai residenti è il centro di controllo del traffico, continua Rafael: “Abbiamo il controllo in tempo reale di quel che sta succedendo nelle principali strade. Controlliamo i semafori, possiamo cambiarne la frequenza per fluidificare la circolazione e creare vie d’emergenza, o scongiurare la formazione d’ingorghi”.

Un sistema che contribuisce a ridurre l’inquinamento e può permettere di tagliare i costi per servizi come acqua ed elettricità, e che sta per ottenere altri 6 milioni di euro dal governo spagnolo e dall’Unione europea, coinvolgendo anche compagnie come Telefónica. Il cui direttore regionale Kim Faura commenta: “Nel mondo delle imprese ci siamo dedicati a temi legati all’internet delle cose, e all’interno di questo ambito, alle smart city. Abbiamo tutti in tasca un sensore – dice mostrando il telefonino – che ci fornisce molte informazioni. Si dice che entro il 2020 ci saranno più di 50 miliardi di oggetti connessi”.

Rafael conclude: “La strategia della smart city ci ha permesso di imparare molto sulle risorse che abbiamo in città: parcheggi, lampioni, cassonetti, dove sono situati… ma ora abbiamo bisogno che questi oggetti ci parlino, che ci inviino informazioni via internet consentendoci di gestirli in modo più efficiente”.

Il ruolo della città di Valencia è ora di comunicare e interagire con cittadini, università e imprese per poter sviluppare appieno la sua strategia”. Perché la digitalizzazione intelligente ha un ruolo cruciale nella crescita delle nostre popolazioni urbane.

Ximo Puig: “Sempre più cittadini hanno fiducia nel progetto”

Avere una strategia coerente, e alimentare la fiducia fra i cittadini, è indispensabile per una città intelligente che funzioni. Nella regione di Valencia quest’incombenza ricade su Ximo Puig presidente del governo locale. La nostra inviata Maithreyi Seetharaman l’ha intervistato.

Maithreyi Seetharaman, euronews: In che modo alimentate la fiducia verso il progetto smart, e qual è questo progetto?

Ximo Puig, presidente della Generalitat Valenciana: “Venivamo da una situazione molto difficile di diffidenza nei confronti del settore pubblico, fondamentalmente per problemi che abbiamo avuto in passato. È ancora complicato, ma i risultati sostengono sempre di più il processo e ci sono sempre più cittadini e imprese che hanno fiducia in questo sistema d’innovazione che ci riguarda tutti e che è pilotato dal settore pubblico mano nella mano con il settore privato”.

euronews: In che condizioni è l’economia di Valencia e come intendete usare la tecnologia per fare leva sui punti di forza e limitare le debolezze?

Ximo Puig: “L’economia valenciana è cresciuta del 3,9 per cento nell’ultimo anno. Le imprese e i lavoratori valenciani stanno superando grandi sfide. Abbiamo un problema nell’adattare la formazione alle nuove imprese, e questo è un elemento fondamentale. Abbiamo un problema per quanto riguarda la conoscenza delle lingue. Abbiamo problemi legati a tutto quel che significa l’integrazione dell’istruzione alla società dell’innovazione. Per esempio, la comunità di Valencia sarà la prima in tutta la Spagna a essere connessa con la banda larga. Questo è un elemento fondamentale per ottenere finalmente che l’integrazione di tutti i cittadini, di tutte le famiglie, di tutte le imprese nella società dell’informazione diventi realtà”.

euronews: È stato difficile raccogliere il denaro necessario dai mercati del capitale? O forse siete dovuti ricorrere a sovvenzioni e finanziamenti? E pensa che in qualche modo questo stabilisca una sorta di precedente o di esempio per altre città che stanno testando questa strategia in Europa?

Ximo Puig: “Dobbiamo unire i due tipi di fondi. Ci sono fondi privati, banche, imprese, c‘è anche il settore del non-profit. Ci sono diverse possibilità di apporto di capitale da parte del settore privato, ma naturalmente abbiamo anche bisogno dei fondi europei, e abbiamo bisogno dei nostri fondi. È un processo. Abbiamo gli stessi problemi delle altre regioni europee. È evidente che ci sono regioni più avanzate rispetto a noi e altre più in ritardo. Quel che conta alla fine è che l’Europa abbia un progetto a favore di tutte le regioni europee, in questa sfida fondamentale che è la società dell’informazione, la società della comunicazione”.

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