Hanno il visto ma Trump non li fa entrare:sogni spezzati a un passo dalla meta

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Di Euronews
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Le storie dei migranti fermati negli aeroporti americani e rispediti indietro. La paura dei musulmani d'America: 'attaccherà anche noi?'

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Sono iracheni, siriani, yemeniti, tutti rifugiati in Giordania. La loro speranza di trovare un rifugio negli Stati Uniti è svanita venerdì con lo stop agli ingressi per tre mesi, imposto dal presidente Donald Trump, ai cittadini di sette paesi a prevalenza musulmana. Gettati in una sorta di limbo amministrativo dopo tante sofferenze, i profughi sono disperati.

Una famiglia yazida di Sinjar, Nord dell’Iraq, Kurdistan, è fuggita nel 2014 per sottrarsi allo sterminio sistematico degli yazidi da parte del sedicente stato islamico. La loro idea era di raggiungere alcuni parenti negli Stati Uniti ma non ce l’hanno fatta:
“La procedura dura sei mesi, abbiamo avuto due colloqui a Baghdad, abbiamo finito le visite mediche e ci hanno detto che in dieci giorni saremmo partiti. Invece, non è successo nulla. Tutto sospeso”- racconta Hudeida Naif Rasho.

Ad Allentown, Pennsylvania una casa era stata acquistata per una famiglia di cristiani ortodossi di Damasco da alcuni loro parenti. Tutto era pronto perché cominciassero una nuova vita in un nuovo quartiere, circondati da connazionali, ma il sogno si è interrotto in un aeroporto di Philadelphia, il 31 gennaio.
“Due dei miei cognati, con le loro famiglie, stavano venendo negli Stati Uniti con un visto per immigrati. Ma appena arrivati all’aeroporto di Philadelphia, alle 7.45 del mattino, sono stati messi su un volo che li ha riportati in Qatar, senza che potessero parlare con nessuno”- racconta Sarmad Assali.

In alcune scuole i direttori cercano di tranquillizzare i loro alunni, ragazzi musulmani, rifugiati in America. Per loro lo stop di Trump all’ingresso di migranti provenienti da Paesi a prevalenza musulmana, innesca un déjà vu di paura e guerra: “Io sono una di quei bambini. Sono fuggita da una guerra civile, Ricordo il primo giorno qui, all’aeroporto, mia madre si inchinò e baciò la terra, come se fosse arrivata in paradiso” – racconta una adolescente, rifugiata, intervistata in una scuola di Denver.

“Anche se sono cittadina americana sono pur sempre una musulmana e i decreti sono contro i musulmani. Cosa succederà se nel mirino finiranno i cittadini americani di religione islamica? Sono spaventata” – aggiunge una sua compagna di classe.

Farah Al-Khersan è procuratore e si occupa di immigrazione nello stato del Michigan. Nata in Iraq, venerdì è stata arrestata con suo marito alla frontiera, mentre rientrava da una cena in Canada. Ha ricevuto migliaia di chiamate: “Sono tutti spaventati perché li hanno rimanadati indietro in Paesi dove rischiano persecuzione e morte. C‘è molta incertezza e panico totale”.
Una sorte che è toccata anche agli iracheni che hanno collaborato con l’esercito americano in occasione della seconda guerra del golfo del 2003. Dopo lustri in america rischiano di dover tornare in Iraq, paese di nuovo in conflitto

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