Francia, scuole e diseguaglianze: che cosa è andato storto?

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Di Euronews
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In una scuola media di Marsiglia, in Francia, si alzano mani, si fanno domande, si danno risposte.

In una scuola media di Marsiglia, in Francia, si alzano mani, si fanno domande, si danno risposte. C‘è disciplina e c‘è rispetto per gli altri.

La scuola si trova in uno dei quartieri più difficili di Marsiglia, una di quelle che vengono chiamate “zone di educazione prioritaria”. La maggior parte degli studenti riceve aiuti statali e i loro genitori guadagnano meno di 1.000 euro al mese.

Arnaud Sallaberry, uno degli insegnanti, spiega: “Quel che è fondamentale, è che siamo un po’ meno numerosi nelle nostre classi. In una scuola qualunque si può arrivare ad avere fino a 30 studenti per classe, qui non sono più di 24. È più facile lavorare così. Oltre a questo, qui abbiamo istituito dei gruppi secondo i bisogni, anzi, secondo le competenze. Con due classi, formiamo tre gruppi di competenze”.

Il sistema di educazione prioritaria, introdotto nel 1982 per aiutare le scuole situate nelle zone più povere della Francia, è stato riformato nel 2015. Dominique Duperray, preside della scuola da cinque anni, si dice testimone di una rivoluzione: “Prima della riforma, solo il 40 per cento degli studenti superava l’esame delle medie e solo la metà di questi proseguiva gli studi. Oggi abbiamo il 70 per cento, e anche più negli anni migliori, che passa l’esame, e il 100 per cento di questi decide di proseguire gli studi, che sia al liceo o in un istituto professionale. Quindi avere questi strumenti complementari nell’istruzione prioritaria più il coinvolgimento e la riflessione del personale su metodi pedagogici innovativi, tutto questo permette di migliorare il percorso scolastico degli studenti”.

Ma questa scuola parrebbe rappresentare un’eccezione nel panorama del sistema educativo statale francese, se si considera un rapporto pubblicato di recente, in cui si scopre che la Francia è al primo posto nei paesi dell’Ocse per quanto riguarda le diseguaglianze sociali nella scuola.

Ci sono più di 9 mila scuole elementari e medie in Francia situate nelle zone prioritarie. Uno studente su cinque frequenta istituti di questo tipo.

A Bobigny, nella periferia di Parigi, non siamo stati autorizzati a filmare le scuole prioritarie, ufficialmente perché dalla pubblicazione del rapporto c‘è stata una valanga di richieste in questo senso. Allora abbiamo chiesto alla direttrice di uscire a parlare con noi.

Véronique Decker lavora a Bobigny da trent’anni. E anche se la sua scuola elementare è situata in una zona di educazione prioritaria, dice di aver visto pochi finanziamenti extra. Tutti i suoi studenti provengono da famiglie di immigrati che vivono in alloggi sociali. Il posizionamento della Francia in classifica non la stupisce: “Non c‘è parità fra scuola pubblica e scuola privata – lamenta -. La scuola privata è favorita dalla possibilità di ricevere fondi dai genitori e di scegliere gli studenti, mentre noi non possiamo accettare fondi dai genitori, ed è un bene, e non possiamo scegliere i nostri studenti, e anche questo è un bene, ma questo significa che non c‘è parità fra pubblico e privato. E non c‘è parità nemmeno fra le diverse scuole pubbliche, visto che lo Stato francese accetta che esistano sul suo territorio quartieri di serie B nei quali la scuola di quartiere si ritrova a essere una scuola ghettizzata”.

Laurence Blin chiede giustizia per i suoi figli: il più grande ha 14 anni e frequenta una scuola dell’educazione prioritaria a Bobigny. Ma per Laurence la scuola di suo figlio è tutto fuorché una priorità per lo Stato. Le ore d’insegnamento sono state ridotte del 25 per cento e il denaro promesso per l’assunzione di nuovi insegnanti non è mai arrivato nonostante solo l’anno scorso si siano iscritti 50 nuovi studenti. Laurence e altri genitori hanno presentato una denuncia, sostenendo che i loro figli sono vittime di diseguaglianze sociali. Perché, dice, “Il fatto che i professori non siano sostituiti è un grosso problema. Il primo anno mio figlio non ha avuto un insegnante d’inglese per tutto un trimestre. Il secondo anno non ha avuto l’insegnante di storia e geografia il primo trimestre, e per due trimestri nemmeno quello di arti plastiche. Adesso, al primo mese del terzo anno, non ha un professore di scienze. È incredibile. Come ci si può aspettare che i ragazzi di una scuola media con problemi di questo tipo possano essere allo stesso livello di quelli che possono contare sui loro insegnanti per tutto l’anno?”

Ma il sistema scolastico francese com‘è arrivato a questo punto? Che cosa è andato storto?

Nathalie Mons è la relatrice del rapporto del Consiglio nazionale di valutazione del sistema scolastico che ha confermato i dati Ocse sulle diseguaglianze scolastiche. Spiega: “In Francia si sono succedute per una trentina d’anni politiche scolastiche molto simili fra loro che non hanno mostrato effetti significativi nella lotta contro le diseguaglianze sociali a scuola. Per esempio, sulla politica per l’educazione prioritaria lanciata all’inizio degli anni Ottanta nessuna ricerca è stata in grado di mostrare effetti positivi. È chiaramente molto importante mettere più risorse pedagogiche a disposizione degli istituti che ospitano le popolazioni più svantaggiate. È necessario, ma quando abbiamo studiato quali siano state queste risorse ci siamo resi conto che si trattava in realtà di risorse aggiuntive che avevano molto poco a che fare con l’apprendimento”.

[#Inégalités à l'école]
Découvrez le rapport Cnesco : mesure de l'ampleur et de l'accumulation des inégalités
>> https://t.co/x8zdgSuOetpic.twitter.com/Y2wSgTtG1Y

— Cnesco (@Cnesco) 27 settembre 2016

Torniamo a Marsiglia, dove è festa a scuola: gli studenti che si sono diplomati l’anno scorso sono tornati a ritirare i loro certificati.

È un momento di grande orgoglio ed emozione. Anche se questa scuola è un modello, la speranza è che si faccia di più in modo che non rappresenti più un’eccezione ma la regola, conclude Dominique Duperray: “In Francia la scuola non è più realmente un ascensore sociale, e quindi bisogna cambiare a ogni costo. Bisogna fare quello che chiedono le famiglie e gli studenti: ridare fiducia alla scuola”.

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