Migranti: l'Ungheria si prepara al referendum di ottobre

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Se non fosse che la cosa è seria, potremmo dire che l’Ungheria mette in scena una farsa.

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Se non fosse che la cosa è seria, potremmo dire che l’Ungheria mette in scena una farsa.
Per il due 2 ottobre è stato indetto un referendum sulla ricollocazione dei migranti, misura presa da un Consiglio dei ministri dell’Interno dell’Unione dei 28 l’anno scorso per Alleggerire il peso sostenuto dai Paesi in prima linea nella crisi migratoria che interessò il vecchio continente la scorsa estate.

Zoltán Kovács, portavoce del governo:

“L’esito del referendum non potrà tradursi in una misura concreta. La consultazione è una misura legale che traduce la posizione del governo”.

Le strade di Budapest, così come quelle di grandi e piccoli centri del Paese sono tappezzate dai manifesti governativi, cui fa da contraltare la compagna informativa del partito del Cane a due code. Si tratta di un’associazione artistica attiva nella street art, registrata comunque ufficialmente come partito, che canzona la classe politica ungherese facendole il verso.

Gergő Kovács, leader del Cane a due code:

“È importante mostrare anche questo volto dell’Ungheria , dal momento che il nostro Paese gode di una pessima reputazione all’interno dell’Unione ultimamente. È importante mostrare che gli ungheresi non sono come il governo che hanno, ma sono persone normali, amichevoli, anche se l’esecutivo vuole nascondere questo volto”.

L’Ungheria balzò agli onori della cronaca la scorsa estate per la costruzione di una barriera di 175 chilometri al confine con la Serbia contro i migranti e per la sua opposizione al piano europeo di ricollocamento di 54 mila rifugiati sul proprio territorio.

Per Amnesty International è importante parlarne a un livello che non sia solo politico:

Orsolya Jeney, Amnesty International Hungary:

“È importante precisare che non si tratta di un piano di ricollocamento forzato, ma piuttosto del trasferimento in Ungheria di richiedenti asilo. È importante dire che è discrezione di ciascun Paese rispettare la quota assegnata, e che non si può fare un referendum su questo tema”.

Il referendum è un test sulla politica del governo Orban, distintosi per gli accenti fortemente xenofobi e populisti.

Ma l’esito potrà avere un impatto anche su altri Paesi europei dove la destra xenofoba comincia a avere un forte seguito.

In prima linea a seguire l’andamento della consultazione
e il suo risultato anche Bruxelles.

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