Brexit, Washington-Londra rapporto privilegiato:" Non sciupiamolo"

Brexit, Washington-Londra rapporto privilegiato:" Non sciupiamolo"
Di Euronews
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No alla Brexit, a auspicarlo Barack Obama.

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No alla Brexit, a auspicarlo Barack Obama. Il presidente americano non poteva essere più esplicito nel corso della sua quinta visita in Gran Bretagna, lo scorso aprile.
Non solo, Obama firma un intervento sul Daily Telegraph in cui spiega perché il Regno Unito deve restare nell’Unione europea.

E avverte, se uscisse dall’Unione, Londra diventerà l’ultimo dei nostri partner commerciali.

“Saranno gli elettori britannici a decidere per se stessi, ma fa parte dell’essere amici, di questa relazione speciale essere onesti e dirvi cosa penso”.

“Gli Usa vogliono un Regno Unito forte come partner. E il Regno Unito può raggiungere i suoi massimi risultati aiutando a dirigere un’Europa forte. Può solo rinforzare il potere britannico far parte dell’Unione europea”.

L’Unione europea ha aiutato a diffondere i valori britannici, il mercato unico ha portato straordinari benefici. Tutto questo ha giovato anche all’America”.

“Per secoli, l’Europa è stata segnata da guerre e violenza. L’architettura che i nostri due Paesi hanno aiutato a costruire insieme all’Unione ha garantito decenni di pace e prosperità. Si tratta di un’eredità da non sottovalutare”.

Joanna Gill, euronews:

Per il referendum nel Regno Unito sulla Brexit, collegata d’oltre Atlantico Heather Conley, vice presidente del Centro per gli studi strategici e internazionali di Washington.

La Gran Bretagna è spesso vista come portavoce di Washington a Bruxelles, la Casa Bianca sembra contraria alla Brexit. È così?

“È evidente che è nell’interesse americano che Londra resti nell’Unione. Ma vogliamo una Gran Bretagna che sia attiva, il referendum è stato un motivo di distrazione per il nostro alleato; un’eventuale uscita solleva preoccupazioni economiche a livello globale.

-Se il 23 giugno, i britannici dicessero si alla Brexit, come risponderà l’America?

La Banca centrale, leader, ministri delle finanze si assicureranno che tutto questo non abbia un impatto disastroso sull’economia globale.
In secondo luogo avremo un sacco di chiamate transatlantiche tra il presidente Obama e i leader europei, perché in un certo modo il 24 giugno, se il voto sancisce l’uscita di Londra dall’Unione, tutto cambia e niente cambia.

Non c‘è un piano B, i leader europei non hanno pianificato una via d’uscita e neppure i leader britannici, per cui non sappiamo cosa tutto questo significhi.

Ci sarà una grande incertezza e potrebbe portare a un cambiamento della leadership in Gran Bretagna:

Potrebbe portare a situazioni simili in altri Paesi europei, alcuni leader dell’opposizione potrebbero convocare un referendum. Dopo questo voto ci saranno le elezioni in Spagna. È molto difficile prevedere cosa accadrà”.

-Che cosa significherà per il rapporto privilegiato che Londra ha con Washington?

“Cominciamo a assistere a un passaggio di testimone per quanto riguarda la leadership. Penso che molti alla Casa Bianca vedano in Berlino un partner all’altezza di situazioni quali crisi economica, migratoria, rapporti con la Russia. In un certo senso abbiamo già assistito a un cambiamento del rapporto tra Usa e Gran Bretagna, ma dobbiamo ricordare che si tratta comunque di una relazione speciale incredibilmente forte dal punto di vista economico , militare dell’intelligence, anche se ha perso lustro negli ultimi anni”.

- C‘è una differenza tra le aspettative sul voto della Casa Bianca e quelle dell’opinione pubblica?

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“Man mano che il 23 giugno si avvicina, ci si rende conto che Londra si trova di fronte a un momento storico.

Gli americani capiscono che l’Europa sta cambiando profondamente, hanno assistito per anni alla crisi economica greca e oggi al dramma di quella migratoria

Credo che sia chiaro che l’Europa sta lottando, ma npn credo che gli americani capiscano quale impatto abbiano le relazioni transatlantiche, sia che si parli di Nato, per la sicurezza e l’economia, sia che si parli di commercio e investimenti. Non vogliamo dare per scontato niente e non vogliamo avere uno shock il 24 giugno quando potremo realizzare che il lavoro fatto con l’Europa potrebbe essere stato messo a repentaglio.

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