Summit ONU, l'economia degli aiuti umanitari in mostra a Istanbul

Summit ONU, l'economia degli aiuti umanitari in mostra a Istanbul
Di Giacomo Segantini
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Al primo Summit umanitario mondiale dell’ONU, accusato da alcuni di essere solo una vetrina per capi di Stato e di governo, qualcuno tenta di passare dalle parole ai…

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Al primo Summit umanitario mondiale dell’ONU, accusato da alcuni di essere solo una vetrina per capi di Stato e di governo, qualcuno tenta di passare dalle parole ai fatti. Tra gli stand in cui governi e ong espongono le loro iniziative, però, si notano anche numerose aziende. “La più grande crisi umanitaria dalla Seconda Guerra mondiale ha anche una dimensione economica“, racconta il nostro corrispondente Bora Bayraktar. “Per questo a Istanbul è stata organizzata questa fiera, in cui sono riunite tutte le aziende che producono i beni necessari ai rifugiati e alle organizzazioni umanitarie“, sottolinea.

C‘è chi produce cibo a lunga conservazione. Ma anche chi, come la Lemon Tree Trust, si occupa di fornire agli abitanti dei campi profughi gli strumenti necessari, tra cui ovviamente i semi, per coltivare in un contesto urbano, vicino alle proprie tende. “Dobbiamo andare oltre la sicurezza alimentare, cioè assicurare sostentamento a tutti i rifugiati, e dare loro la possibilità di produrre il proprio cibo”, afferma uno dei responsabili, Mikey Tomkins.

Stand complete come and visit lemon tree trust to talk #urbanagriculture greening camps and #refugees@WHSummitpic.twitter.com/p8lauC8Zl5

— Dr Mikey Tomkins (@edibleurban) 21 maggio 2016

Qualcuno si mobilita per le donne rifugiate, la cui volontà di darsi da fare si scontra con la burocrazia (il divieto di sottoscrivere un contratto di lavoro), ma anche con il fatto di dover accudire i figli.“Abbiamo creato un collettivo per i lavori a mano, grazie al quale possono venire nel nostro centro e lavorare su una gamma di prodotti: borse, gioielli, accessori”, racconta Anna Tuson di Small Projects Istanbul. “Noi vendiamo il tutto e i proventi vanno direttamente a queste donne”, aggiunge.

Tende, serbatoi e pompe per l’aqua, ma anche generi di prima necessità, come i vestiti e i medicinali: la cosiddetta “economia umanitaria”, secondo le stime, vale quasi 140 miliardi di euro. Non è esente da critiche, ovviamente: basso grado di trasparenza e soprattutto un eccesso di burocrazia che limita l’arrivo delle risorse effettive alle ong che operano sul campo.

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