Martin Schulz: troppi nazionalismi nell'Ue, governi cinici su crisi dei rifugiati

Martin Schulz: troppi nazionalismi nell'Ue, governi cinici su crisi dei rifugiati
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Isabelle Kumar, euronews: “Una promessa non mantenuta, lo ha affermato l’ospite di questa puntata, parlando dell’Europa. Quest’ultima è diventata

Isabelle Kumar, euronews: “Una promessa non mantenuta, lo ha affermato l’ospite di questa puntata, parlando dell’Europa. Quest’ultima è diventata sinonimo di fallimento, che si faccia riferimento alla crisi migratoria, all’economia o alla sicurezza. Ne discuto qui a Strasburgo con il presidente del parlamento europeo Martin Schulz.

Biografia: Martin Schulz

  • Martin Schulz è l’attuale presidente del Parlamento europeo
  • Ha iniziato la sua carriera politica aderendo al Partito Socialdemocratico all’età di 19 anni
  • Da giovane sognava di diventare un calciatore professionista
  • Si dice che Schulz sarebbe interessato a candidarsi alla carica di cancelliere nelle prossime elezioni in Germania

Nel corso di questa intervista le chiederò di parlare in modo franco delle condizioni attuali dell’Europa, perché siamo preoccupati. Sembra di assistere a un suicidio lento e doloroso quando si osserva l’Europa, abbiamo raggiunto un punto di non ritorno?”

Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo: “La sua descrizione è assolutamente giustificata, ci troviamo in uno stato deplorevole all’interno dell’Unione Europea. Ci sono forze centrifughe che vincono elezioni, referendum. Se si mettono in discussione per principio l’Europa e l’integrazione, si gioca con il futuro della prossima generazione perché il ventunesimo secolo è un secolo di cooperazione e competizione fra regioni mondiali e non fra piccoli Stati come il mio, la Germania che ha ottanta milioni di abitanti. Rispetto alla Cina che ha un miliardo e 400 milioni di abitanti come si può sopravvivere nel ventunesimo secolo da soli? Chi afferma che occorre mettere fine all’Europa e rinazionalizzare gioca con la sicurezza e il futuro di un’intera generazione”.

euronews: “Lei ha parlato di integrazione, uno dei maggiori dossier in questo momento è sicuramente la Brexit. Pensa che sia davvero possibile che il Regno Unito decida di lasciare l’Unione Europea?”

Schulz: “È possibile, lo si vede nei sondaggi, i due campi sono testa a testa. Spero che non avvenga, ma non è escluso. Ma l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sarebbe un disastro sia per l’Unione, sia per il Regno Unito”.

euronews: “Secondo alcuni il Regno Unito non è un membro che rispetta le regole e non vuole una maggiore integrazione. Perché vuole che resti nell’Unione?”

Schulz: “È un Paese del G7, ha potere di veto in qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, è la seconda economia dell’Unione Europea per quanto riguarda i mercati interni. Abbiamo bisogno del Regno Unito”.

euronews: “Dobbiamo tenerne conto?”

Schulz: “Sì. Il Regno Unito dal canto suo deve comprendere che è un Paese del G7 perché è la seconda economia in Europa, perché è un membro integrato nei mercati interni. Spezzare tutto questo significa ridurre l’importanza, l’influenza e la potenza economica del Regno Unito”.

euronews: “Sarebbe pronto a fare ancora dei compromessi con il Regno Unito?”

Schulz: “No. Con il Regno Unito abbiamo negoziato un pacchetto sul quale i britannici voteranno. Quando alcuni dicono: ‘votiamo no per avere ottenere un accordo migliore’, questo non avverrà perché l’accordo esiste e adesso spetta ai britannici dire sì o no”.

euronews: “Abbiamo chiesto a chi ci segue su internet di inviarci delle domande per quest’intervista. Armin chiede: se il Regno Unito il 23 giugno decide di lasciare l’Unione Europea quale sarà la sfida principale da affrontare dopo la sua uscita?”

Schulz: “Penso che la zona euro debba reagire immediatamente. Nella zona euro abbiamo 19 Stati membri, una moneta unica, ma anche 19 politiche economiche diverse, sul lavoro, le tasse, le imposte. Quindi è necessario mettere ordine nella zona euro e approfondire la cooperazione politica, in entrambi i casi, se il Regno Unito va via o se resta.

euronews: “È pronto un piano di azione in caso di Brexit?”

Schulz: “Purtroppo no. Credo che uno dei problemi della zona euro sia – utilizzando il termine tecnico – lo squilibrio macro-economico. Vuol dire che esiste uno sviluppo molto eterogeneo all’interno dell’eurozona. Occorre mettervi fine sia nel caso di uscita che in quello di permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. Ma credo che se verrà scelta l’uscita, i membri dell’Unione Europea debbano rendersi conto che è arrivato il momento di agire. In ogni caso, dopo il 23 giugno dobbiamo discutere della struttura futura dell’Unione Europea”.

euronews: “Un divorzio consensuale sarebbe possibile?”

Schulz: “Il divorzio è sempre molto difficile. Credo che sia troppo presto per speculare su quello che accadrà dopo il 23 giugno. Mi auguro che non si parli di questo, ma che si convinca la maggioranza dei britannici a votare per restare, perché è una situazione vantaggiosa per tutti, mentre uscire ci fa perdere tutti”.

euronews: “Passiamo dalla Brexit alla Grexit. La Grecia è in prima pagina quasi tutti i giorni in questo momento. Pensa che i nuovi sacrifici richiesti dai creditori alla Grecia saranno sufficienti per farla uscire dalla crisi e mantenerla nell’Unione Europea?”.

Schulz: “Le do tre risposte brevi. Innanzitutto secondo me lunedì è stato trovato un buon modo per risolvere il problema attuale. Secondo, penso che sia necessaria una ristrutturazione del debito e di questo abbiamo discusso per la prima volta”.

euronews: “Contro la Commissione Europea e la Germania”.

Schulz: “No, la Commissione non era restia a discuterne e anche la Germania ha accettato il dibattito. Io appartengo a un partito che è al governo in Germania, siamo assolutamente a favore di un dibattito del genere e il ministro delle Finanze tedesco non l’ha respinto. Terzo punto, occorre smetterla di pensare di poter chiedere altri sacrifici. Non si possono ridurre i salari, non si possono ridurre le pensioni in Grecia. Occorre riconoscere che la Grecia nel 2015 ha raggiunto un avanzo primario di bilancio. Vuol dire che i sacrifici richiesti ai greci portano adesso risultati positivi”.

euronews: “Pensache le misure di austerità nei confronti dei greci siano state eccessive?”

Schulz: “Sa molto bene che non sono mai stato un sostenitore delle misure di austerità. Risanare un bilancio, ristrutturare il debito sovrano sono cose necessarie, ma se mancano crescita e occupazione, elementi che apportano entrate al bilancio, non si potrà mai risanare un bilancio a lungo termine”.

euronews: “Mentre la Grecia si batte contro queste forze economiche per salvare la propria economia, è anche in prima linea nella crisi dei rifugiati. Vorrei parlare dell’accordo fra l’Unione Europea e la Turchia. Su questo argomento le giro una domanda di un altro ascoltatore, Niko Kulik. È ben dettagliata e precisa: ‘Cosa sacrificherete con quest’accordo con la Turchia? Chiuderete gli occhi sulle violazioni dei diritti umani o al contrario farete pressioni sulla Turchia affinché li rispetti anche se questo potrebbe condurre al fallimento dell’accordo?’”.

Schulz: “Ecco cosa ho fatto la settimana scorsa: ho bloccato il progetto sulla liberalizzazione dei visti che era stato sottoposto dalla Commissione al Parlamento, poiché la Turchia non ha attuato affatto le 72 misure richieste. Fra queste misure ci sono il paragrafo sull’anti-terrorismo e una riforma della protezione dei dati. Come ha notato questa persona, se la Turchia continua su questa strada, se continuerà a dire che non riformerà la legge anti-terrorismo, noi non cominceremo a deliberare sulla liberalizzazione dei visti”.

euronews: “Cosa pensa di quanto le ha detto il presidente Erdogan: ‘noi facciamo a modo nostro e voi con il vostro’? È un partner affidabile a lungo termine? Perché alla fine ne avete bisogno se siete arrivati a questo punto…”

Schulz: “Siamo partner che hanno bisogno di una cooperazione reciproca, non posso immaginare che Erdogan voglia interromperla. Siamo pronti a cooperare, ma la Turchia ha promesso di fare delle riforme affinché noi cominciamo ad applicare la nostra parte dell’accordo”.

euronews: “Vi aspettate misure concrete?”

Schulz: “La Turchia l’aveva promesso, ma ci ha ripensato e dice di no. È una situazione nuova. Quindi occorre discutere, ma se la Turchia non presenta le proprie riforme noi non possiamo legiferare qui al parlamento europeo. In ogni caso, se Erdogan considerasse l’accordo come sospeso – e non credo sia così – sarebbe un peccato. Troveremo una soluzione nel rispetto e nella cooperazione reciproci. Ma il rispetto reciproco vuol dire – e voglio essere molto chiaro a riguardo – che noi dobbiamo rispettare la Turchia, ma anche che la Turchia deve rispettare le nostre regole”.

euronews: “L’Europa si mantiene fedele ai principi dei diritti umani quando collabora con la Turchia? Perché c‘è anche la questione di come la Turchia tratta i rifugiati”.

Schulz: “E’ giusto criticare la Turchia quando pensiamo che non rispetti le norme internazionali, ma c‘è un punto su cui dobbiamo essere onesti. Per rispondere alla sua domanda, sono stato in Turchia, dove ho visitato diversi campi per rifugiati e posso dire questo: mi piacerebbe che nei Paesi europei, o almeno in alcuni Paesi europei, i rifugiati venissero trattati come lo sono in Turchia. Quindi questa accusa contro la Turchia è del tutto ingiustificata perché è un Paese che sta facendo il massimo per assistere i rifugiati”.

euronews: “Ma tra le conseguenze della crisi dei rifugiati ci sono i muri che vengono eretti dappertutto in Europa per fermare i flussi migratori. Questi muri fanno ormai parte del paesaggio europeo? Cosa si può fare per evitarli?”

Schulz: “Abbiamo bisogno di proteggere le nostre frontiere esterne, in base a regole che vanno applicate trattando ogni caso in modo individuale. E serve un sistema di ricollocazione tra i 28 membri dell’Unione europea”.

euronews: “Nello stato attuale delle cose…”

Schulz: “No, un momento, non è questo il reale stato delle cose. Se abbiamo a che fare con un milione di rifugiati e li ripartiamo tra 28 Stati membri e 500 milioni di abitanti, non ci sarà alcun problema”.

euronews: “Questo era il piano A che non ha funzionato”.

Schulz: “Perché la maggioranza degli Stati membri non partecipa alla ricollocazione, a differenza di altri, come Germania, Grecia e Italia, che si trovano quindi in difficoltà. Il problema non è l’Europa, il problema è il nazionalismo di alcuni governi. Per tornare alla sua prima domanda, è questo che mette in crisi l’Europa: il fatto che alcuni governi non partecipino al piano di ricollocazione, che creino problemi con il loro nazionalismo per poi dire che l’Europa è incapace di risolvere la crisi migratoria. E’ di un cinismo senza precedenti”.

euronews: “Le rinnovo la domanda. Dobbiamo convivere con questi muri perché al momento non avete alcuna soluzione alla crisi migratoria?”

Schulz: “La domanda è giustificata: è vero che c‘è una maggioranza, o almeno la metà degli Stati membri, che dice che questo è un problema tedesco con cui non vuole avere niente a che fare. E’ deplorevole perché a pagarne il prezzo non siamo né io né lei, ma sono i rifugiati”.

euronews: “Lei ha citato le forze euroscettiche, abbiamo parlato del contesto europeo con cui dovete convivere. Dovrete anche collaborare con queste forze euroscettiche perché fanno ormai parte del contesto politico tradizionale? E come farete?”

Schulz: “Tradizionale non direi”.

euronews: “Hanno abbandonato gli estremi”.

Schulz: “Ma la tradizione europea non è xenofoba, razzista e anti-europea”.

euronews: “Lo sta diventando?”

Schulz: “Si fanno sentire, fanno molto rumore, ma non rappresentano affatto la maggioranza. Qui al Parlamento europeo ci sono 650 deputati, ripeto 650, che sono pro-europei. Significa che la schiacciante maggioranza è pro-europea. Bisogna dirlo chiaramente: chi fa più rumore non deve essere preso per maggioranza”.

euronews: “Ci sono anche partiti euroscettici che vincono le elezioni in Europa?”

Schulz: “No, non vincono le elezioni”.

euronews: “Ma la tendenza la preoccupa”.

Schulz: “Dire che sono maggioranza è sbagliato. Certo, è preoccupante che raggiungano un tale consenso elettorale. Se lasciamo spazio a quelli che fanno più rumore, quindi se la maggioranza silenziosa non si mobilita, allora sì, raggiungeranno il loro scopo, e cioè governare. La mia strategia è dire, in primo luogo, non siete la maggioranza. Secondo, dobbiamo mobilitare la maggioranza contro di loro”.

euronews: “Queste crisi sono legate tra di loro. Possiamo dire che il terrorismo di origine interna, quello in cui i cittadini europei se la prendono con la loro stessa gente, sia una rappresentazione fisica di uno dei più grandi fallimenti dell’Europa?”

Schulz: “Perché un fallimento dell’Europa?”

euronews: Perché sono cittadini europei che si rivoltano contro altri cittadini europei.

Schulz: “Non credo che sia contro di lei o contro di me. E’ contro un sistema, contro uno stile di vita. Ma l’Europa non è responsabile per le banlieues di Parigi. Non è l’Europa che ha creato Molenbeek. Forse si rivoltano contro il nostro modello di vita europeo. Anche Marine le Pen fa la stessa cosa: denigra il modello europeo. Non sono quindi gli unici a essere contro l’Europa. Non è giusto dire: tutto quello che funziona in Europa è merito dei governi nazionali e tutto quello che non funziona è colpa dell’Europa. No, non è un fallimento dell’Unione europea, ma forse un attacco contro la società europea. Su questo punto condivido la sua opinione. Ma ripeto: la società europea è minacciata su diversi fronti”.

euronews: “Abbiamo appena festeggiato la giornata dell’Europa. Per alcuni è una data importante. George Kozi le chiede: Perché i dirigenti europei come lei comunicano così male le cose buone che derivano dall’Unione europea?”

Schulz: “Non capisco la domanda: io lavoro da mattina a sera per trasmettere un messaggio costruttivo in Europa”.

euronews: “Perché il suo messaggio non viene ascoltato?”

Schulz: “Non so, non posso risponderle. E’ una domanda che trovo del tutto ingiustificata perché il mio messaggio viene recepito, almeno credo”.

euronews: “Perché i suoi argomenti non fanno presa?”

Schulz: “Di nuovo, non posso risponderle perché credo che questa domanda non riguardi il nocciolo del problema. La vera questione è che l’Unione europea non è uno stato federale in cui la Commissione ha la funzione di governo federale e io quella di presidente di un Parlamento federale. Siamo un’associazione, un’unione di stati sovrani con governi nazionali. E i governi nazionali, sia in Francia sia soprattutto in Gran Bretagna, o in Germania, o in Italia, hanno tutti la stessa strategia. In caso di successo, dicono: siamo stati noi. In caso di fallimento, è l’Europa che ha fallito. Questo è uno degli ostacoli più grandi per chi voglia trasmettere un messaggio positivo perché è da vent’anni che vengono nazionalizzati i successi ed europeizzati i fallimenti. Forse è la ragione per cui mi viene rivolta questa domanda…”

euronews: “Abbiamo parlato del futuro dell’Europa. E il suo futuro? Lei arriverà alla scadenza del suo mandato nel gennaio 2017. Per coincidenza, è anche l’anno delle elezioni federali in Germania. Allora Friedel Koch le chiede: E’ pronto a diventare il prossimo cancelliere tedesco? Le ho già chiesto di essere franco all’inzio, le rinnovo l’invito”.

Schulz: “Per cominciare, devo complimentarmi perché non ho mai sentito un non tedesco pronunciare Koch in modo così preciso… è molto difficile. Dunque, il mio mandato dura fino al gennaio 2017: ipotizzare cosa accadrà in autunno…”

euronews: “Non ci manca molto”.

Schulz: “Voglio rispondere francamente: stiamo discutendo animatamente, come è nel mio stile, sui problemi gravi dell’Europa. Sono il presidente di un’istituzione europea che ha il dovere di salvare questo progetto unico nella storia del nostro continente. Il mio posto è qui per salvare questo progetto”.

euronews: “Per ora. Quindi non dice di no”.

Schulz: “Nella vita politica – lei come giornalista lo sa, così come sa proncunciare Friedel Koch – in politica una settimana vale quanto un anno. Non si può speculare. Il mio posto è qui. Ho speso tutta la mia carriera politica al servizio dell’Europa”.

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