Le nuove sfide dell'integrazione

Le nuove sfide dell'integrazione
Di Hans von der Brelie Agenzie:  DEBORA GANDINI
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Mutea arriva dalla Siria. E’ un ingegnere e nel suo paese gestiva il trasporto di migliaia di camion di petrolio attraverso il deserto. Oggi, nei

Mutea arriva dalla Siria. E’ un ingegnere e nel suo paese gestiva il trasporto di migliaia di camion di petrolio attraverso il deserto. Oggi, nei Paesi Bassi, Mutea è senza lavoro e aiuta altri rifiugati.

Una “generazione allo sbando”: professionisti che non sono in grado di integrarsi nel mercato del lavoro in Europa. Da due anni Mutea ha lo status di rifugiato e mette a disposizione le sue competenze manageriali come volontario per i richiedenti asilo appena arrivati.

Olanda: luci e ombre dell’integrazione

Ci troviamo vicino all’Aja. I corsi di Mutea sono un successo: “Andare in bicicletta è quasi sempre gratis: basta una bici e il gioco è fatto. I mezzi pubblici nei Paesi Bassi sono molto costosi per noi rifugiati. E poi andare in bici fa bene alla mia salute, inoltro posso facilmente raggiungere i negozi, le scuole o qualsiasi destinazione. Da queste parti anche i ricchi usano la bicicletta nella vita di tutti i giorni, non importa se sei povero o ricco, tutti usano la bici”, ci racconta Mutea Alshara.

Integrazione significa anche apprendimento di regole non scritte, tradizioni culturali e comportamentali di una società. Attraverso i corsi di bicicletta per i nuovi rifugiati, Mutea, grazie all’aiuto della collega olandese Petra, riesce a capire meglio il modo di vivere olandese. “Tutti in Olanda sanno andare in bicicletta, in pratica se sai girare in bici sei in qualche modo più olandese”, dice Petra Borsboom, coach per chi deve imparare ad andare in bici. “In Somalia ci sono meno biciclette ma non ci sono regole vigenti. E’ chiaro che il traffico e le regole sono completamente diverse qui in Europa. Anche per ragioni di sicurezza qui nei Paesi Basi dobbiamo conoscere le regole e impararle”, dice Said un rifugiato della Somalia. Intanto la politica olandese è cambiata: i migranti sono tenuti a partecipare alle attività sociali. E a Mutea piace questo nuovo sistema. Lui vuole davvero diventare un olandese.

Rifugiati in Germania

Ora ci spostiamoci verso est: l’anno scorso in Germania sono arrivati circa un milione di rifugiati. 3.400 sono stati mandati a Bielefeld, una città di circa 300.000 abitanti. Qui incontriamo Fares, ha 23 anni e dal nord della Siria. E’ riuscito ad ottenere un permesso di soggiorno ma non la sua patente di guida siriana non è valida. Insieme a un istruttore di guida ci racconta che vuole studiare medicina ma gli serve una patente: deve trovare un lavoro per pagarsi gli studi. Per aiutare i rifugiati la Croce Rossa tedesca ha istituito una scuola guida speciale.

Fares spesso va al “Language café”, un locale inaugurato di recente a Bielefeld. Qui circa 2000 cittadini fanno volontariato. Aiutano i rifugiati a imparare le lingue giocando a dama o a scacchi. Grazie a questo divertente metodo Fares ha migliorato il suo tedesco. Inoltre in Germania sono stati introdotti nuovi sistemi per accelerare l’apprendimento delle lingue: a seconda dell’età o delle esigenze particolari, i rifugiati hanno diritto a ottenere 600 o anche 900 ore di lezioni di tedesco. “Lavoriamo molto con il linguaggio del corpo e con le immagini. Il linguaggio del corpo è essenziale in una lezione di questo tipo con i rifugiati. E poi ci muoviamo, a volte camminiamo, altre volte stiamo seduti”, sottolinea una delle insegnanti di tedesco, Mari Ramishvili.

Le nuove frontiere dell’integrazione

Torniamo nei Paesi Bassi. Il sistema olandese prevede prestazioni sociali – come le lezioni di lingua – ma anche sanzioni per quei rifugiati che si rifiutano di impegnarsi seriamente, come ci spiega la coordinatrice di una scuola locale, Lonia Troost: “Ogni rifugiato ottiene 10 000 euro da governo olandese per pagare per le lezioni e imparare l’olandese. Un prestisto che non deve essere restituito se riesce a passare tutti gli esami. In caso contrario i rifugiati dovranno pagarsi loro i corsi e rifarli.”

Per capire meglio come sta cambiando l’integrazione ci spostiamo ad Amsterdam per incontrare alcuni think-tank che hanno pubblicato testi per il governo. Solo uno su tre rifugiati hanno un lavoro retribuito. Il punto centrale resta come accelerare il processo di integrazione. Anche rifugiati altamente qualificati sono senza lavoro – uno spreco di capitale umano. Dunque i comuni dovrebbero migliorare l’efficienza dei programmi di integrazione.

“Nei Paesi Bassi si potrebbe sostenere che l’integrazione è stata un disastro in passato. Basta osservare i dati di un mio studio su questo argomento. Molti rifugiati hanno impiegato 5 anni per entrare nel mercato del lavoro, si devono accorciare i tempi”, spiega il Professore di Sociologia Godfried Engbersen dell’Università Erasmus di Rotterdam.

In Germania a Bielefeld un programma innovativo cerca di mettere in contatto i rifugiati con i datori di lavoro. Un aiuto per entrambe le parti. “E’ difficile integrare i rifugiati nel mercato del lavoro, spesso mancano le competenze linguistiche professionali. Un rifugiato ha bisogno di almeno quattro-cinque anni per avere un livello di qualifica minimo”, sottolinea Klaus Siegeroth, Direttore del programma “Rege-Port”.

Intanto mentre il giovane Fares ha ottenuto una consulenza professionale presso un ufficio di collocamento tedesco, Mutea ha trovato il supporto di una volontaria che lavora in una organizzazione non-governativa. Ora quali sono i piani per i nostri due rifugiati? Tutti hanno grandi idee per la testa. Un lavoro e un futuro migliore. Un sogno che forse diventerà realtà.

Engbersen: “L’integrazione dei rifugiati è stata un disastro in passato”

Godfried Engbersen è uno dei principali esperti olandesi in materia di imimigrazione e asilo politico. E’ professore e Direttore del Dipartimento di Sociologia presso l’Università Erasmus di Rotterdam. Euronews l’ha presso la sede di della “Royal Academy of Sciences” ad Amsterdam. Engbersen ha collaborato con il governo olandese, e recentemente ha pubblicato un testo: Non c‘è tempo da perdere: l’integrazione dei migranti richiedenti asilo. Il suo messaggio principale è semplice: l’integrazione dovrebbe essere più veloce, e si dovrebbero assegnare più responsabilità ai governi locali”.

INSIDERS - The challenge of integration

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