Siria tra elezioni farsa e la ripresa dei colloqui di pace

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Le elezioni legislative in Siria arrivano in un momento particolare per il Paese: coincidono infatti con la seconda sessione dei negoziati di pace in

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Le elezioni legislative in Siria arrivano in un momento particolare per il Paese: coincidono infatti con la seconda sessione dei negoziati di pace in Svizzera, e si svolgono proprio quando la tregua, in vigore dal 27 febbraio, rischia di non reggere.

Opposizione e gran parte dell’Occidente considerano questo appuntamento elettorale una farsa, mentre appare sempre più imminente la battaglia decisiva tra l’esercito di Damasco, i ribelli e i gruppi jiahdisti per la conquista di Aleppo.

La città, capoluogo dell’omonima provincia, sembra essere la chiave di volta della guerra in Siria. Almeno, secondo il direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani Rami Abdel Rahmane che denuncia un’importante aumento delle manovre militari nella zona rispetto a un mese fa.

Il timore che la tregua non regga viene espresso anche da Washington e da Teheran, principale alleato del regime siriano nella regione.

Proprio dalla capitale iraniana questo martedì Staffan de Mistura, inviato speciale del Segretario generale dell’ONU per la Siria, ha lasciato trasparire la propria inquietudine davanti a una possibile escalation degli scontri.

Le violenze potrebbero infatti essere da ostacolo ai negoziati di pace in programma a Ginevra. Colloqui considerati cruciali ma che dimostrano come anche le Nazioni Unite non giudichino legittime queste elezioni: “Il processo politico che mira a una transizione politica – ha detto de Mistura – adesso è davvero urgente”.

I negoziati dovrebbero vertere sulla transizione politica e sul futuro governo. Ma a bloccare il processo di pace restano questioni fondamentali come la sorte del presidente Bachar Al Assad e la creazione di un’autorità che gestisca la transizione.

L’Alto comitato per i negoziati, che rappresenta gli oppositori del regime, chiede che questa autorità abbia pieni poteri, compresi quelli che ora sono nelle mani del presidente.

Una condizione inconcepibile per il regime che, forte dell’appoggio di Mosca, propone invece un esecutivo di unità nazionale a cui spetterà il compito di redigere la nuova costituzione.

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