L'economia dell'integrazione urbana

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Tre quarti della popolazione europea vive nelle città. Vediamo allora come funziona l'economia dell'integrazione urbana. Qual è l'impatto dei prezzi degli alloggi sui più vulnerabili? E quello dei nuo

Quasi sette persone su dieci qui in Europa vivono nelle città. Questa settimana esploriamo l’economia dell’integrazione urbana. Che cosa si intende con quest’espressione? Andremo a Barcellona, in Spagna, per vedere come alloggi a prezzi accessibili possano aiutare i più vulnerabili nelle nostre giungle urbane. Poi chiederemo alla presidente di Eurocities in che modo affronta come sindaco le sfide sul terreno come i trasporti… Daremo uno sguardo all’impatto dei nuovi arrivati, migranti e richiedenti asilo, sulle infrastrutture e la crescita a Vaanta, in Finlandia. Infine vedremo come le politiche europee si stiano adattando verso un’integrazione urbana sostenibile.

Prima di tutto, i fatti: 1 europeo su 11 vive in stato di privazione materiale. Il 30 per cento non può permettersi spese impreviste e più di 1 su 10 spende il 40 per cento del reddito nell’alloggio. Molti si vedono costretti a rinunciare ad alcuni bisogni fondamentali, a trasferirsi in periferia, e non possono permettersi di tornare a lavorare… Il che significa dover dipendere dagli aiuti sociali e a volte implica un crollo nella crescita del pil di un’area urbana.
Monica Pinna è andata a vedere che cosa una grande città come Barcellona sta facendo in questo senso.

Barcellona: più alloggi per tutti

Barcellona dispone di circa 10 mila abitazioni sotto il prezzo di mercato, il che significa che meno del 2 per cento degli alloggi è destinato a persone in condizioni di vulnerabilità.

Monica Pinna, Euronews: “Barcellona è all’1,5% in termini di patrimonio residenziale pubblico, contro il 48% di Amsterdam, seguita a livello europeo da Berlino, Londra e Parigi”.

Tuttavia la nuova giunta di sinistra, guidata dall’ex attivista Ada Colau, ha mantenuto la promessa di dare priorità alla questione dell’alloggio. Questo ha portato, fra le diverse misure adottate, a multare le banche proprietarie di case sfitte, acquisire nuove proprietà, restaurare le vecchie e pianificare la costruzione di 2.000 nuovi alloggi. Una scommessa costata alla città 29 milioni di euro in otto mesi.

Vanesa Valiño, assessora all’Alloggio di Barcellona: “Sono già stati spesi 12 milioni di euro in aiuti a inquilini che non sarebbero stati in grado di pagare l’affitto in futuro o che avevano già cominciato a non pagarlo. In questo modo è stato possibile evitare di alloggiarli nelle case popolari”.

La famiglia di Jorge è una delle 3.000 ad aver ricevuto aiuti. È stato trasferito in un nuovo appartamento con suo figlio a dicembre. L’associazione Pah l’ha aiutato a raccogliere i documenti necessari a evitare lo sfratto e presentare domanda per le case popolari. Racconta: “Ho vissuto in un seminterrato per sette anni, finché non ho perso il lavoro. Un giorno, tre anni dopo, sono arrivati a notificarmi lo sfratto. Qui pago il 20 per cento del mio reddito, 85 euro al mese”.

Hoy euronews</a> ha venido a entrevistar a Jorge de <a href="https://twitter.com/PAH_BCN">PAH_BCN para conocer la aplicación de la Ley 24/2015 #ILPesLeypic.twitter.com/llnWwlWUXM

— afectadosxlahipoteca (@LA_PAH) March 11, 2016

Pah, Piattaforma per persone con problemi legati al mutuo, co-fondata dall’attuale sindaco, è riuscita a far approvare una legge che autorizza le autorità catalane a imporre che appartamenti sfitti proprietà delle banche possano essere usati come alloggi d’emergenza, e che gli sfrattati abbiano diritto a un “canone sociale”. Sono 2.500 gli alloggi sfitti in mano a grandi proprietari.

Luis Manuel Sanmartín, attivista di Pah: “Ci sono una trentina di sfratti al giorno a Barcellona, oltre la metà dovuti ad affitti non pagati. Vogliamo che questi appartamenti sfitti possano essere usati come alloggi sociali”.

LuchoMasan</a> gracias a <a href="https://twitter.com/hashtag/PAH?src=hash">#PAH</a> por la ayuda y las informaciones por nuestro <a href="https://twitter.com/hashtag/realeconomy?src=hash">#realeconomy</a> sobre <a href="https://twitter.com/hashtag/inclusi%C3%B3nsocial?src=hash">#inclusiónsocial</a> <a href="https://t.co/PSAuDp8CUP">pic.twitter.com/PSAuDp8CUP</a></p>&mdash; Monica Pinna (_MonicaPinna) March 11, 2016

Le autorità locali hanno già negoziato con le banche l’acquisizione di 455 alloggi.

Le sfide di Eurocities

Quel che funziona a Barcellona non è applicabile altrove, ed è qui che interviene una rete come Eurocities, che riunisce i governi locali e i sindaci di 130 città europee. Fanny Gauret ha incontrato Johanna Rolland, sindaco di Nantes e presidente di Eurocities. Per cominciare, le ha chiesto quale sia la maggiore sfida che abbiamo di fronte oggi, nelle nostre città.

Johanna_Rolland</a> <a href="https://twitter.com/hashtag/urbanagenda?src=hash">#urbanagenda</a> "To be efficient, EU policies have to be designed with cities" <a href="https://twitter.com/hashtag/realeconomy?src=hash">#realeconomy</a> <a href="https://twitter.com/euronews">euronewspic.twitter.com/TQhVOrueKM

— Fanny Gauret (@FannyGauret) March 17, 2016

Johanna Rolland, presidente di Eurocities: “La prima è la questione dell’alloggio. Domani, su scala europea e mondiale, le città concentreranno in sé una popolazione crescente. Ci troveremo quindi di fronte a dei problemi, – questioni legate alla precarietà, all’ambiente… -, ma ci troveremo soprattutto di fronte a delle soluzioni. Per essere efficaci, le politiche europee vanno pensate assieme alle città, perché sono le città ad agire nel concreto. Nella mia città prevediamo 6.000 alloggi all’anno, 2.000 alloggi sociali. Sostenere una politica degli alloggi di questo tipo significa anche sostenere l’economia e il mercato del lavoro locali”.

Fanny Gauret, Euronews: “Per quanto riguarda i trasporti, quali soluzioni propone?”

Johanna Rolland: “La responsabilità delle nostre città, delle nostre grandi metropoli, è di avere una visione strategica delle questioni legate all’integrazione. Io oggi in Europa vedo città come la nostra, in cui il centro è attraversato da una rete di trasporti che l’unisce ai quartieri popolari, e questo crea dei legami. In altre situazioni c‘è il centro, una tangenziale, e poi i quartieri popolari. In questi casi, è possibile agire in modo aggressivo a livello di politica sociale, per esempio. Ma se la frattura fisica è troppo forte, allora c‘è anche una frattura nelle menti per quanto riguarda le inuguaglianze, le divisioni, le segmentazioni”.

Euronews: “Fra tutte le città che lei frequenta nelle vesti di presidente di Eurocities, ce n‘è una in particolare che le sembra essere un buon modello?”

Johanna Rolland: “Le nostre città sono diverse, hanno storie e percorsi diversi. Io osservo con attenzione quello che fa Amsterdam per esempio nell’ambito della transizione digitale, ma anche quello che fa Barcellona nel campo della cultura. Abbiamo discusso molto, di recente, con le città tedesche sulla difficile questione dei profughi… Quando vediamo quel che fa una città come Vienna, ad esempio, sulla questione degli alloggi a prezzi accessibili, vediamo che ci si può ispirare gli uni agli altri per essere più creativi, più efficaci, e per portare a livello europeo una serie di soluzioni”.

Finlandia: la sfida dei migranti

Alla sfida dell’integrazione urbana aggiungiamo l’eccezionale afflusso di nuovi arrivati, che siano migranti regolari o richiedenti asilo… Giungono per la maggior parte da paesi dilaniati dalle violenze, come Siria, Afghanistan ed Eritrea.
Sul breve termine questo ha un effetto positivo sul pil, con l’immissione di denaro pubblico per alloggiare e prendersi cura dei nuovi arrivati. Ma sul medio e lungo termine l’impatto sul pil è determinato dalla velocità d’integrazione di queste persone in un mercato del lavoro flessibile.
Monica Pinna è andata a Vantaa, in Finlandia, per capire che cosa stanno facendo lì non solo per trovare lavoro a cittadini e immigrati, ma anche per evitare di cadere nella trappola dell’assistenzialismo.

Cerimonie tradizionali come quella del tè non sono una rarità a Vaanta. Questa città, nei pressi di Helsinki, ospita la più alta percentuale di immigrati nel paese. Sono in 30 mila a vivere qui, Samira è una di loro. È arrivata dal Marocco 19 anni fa con in tasca una laurea in legge. Oggi è madre di cinque figli e sei mesi fa ha cominciato a lavorare in un centro profughi.

Samira Chakir: “Quando sono arrivata ho avuto difficoltà a trovare corsi di finlandese. Nel 1997 era facile per i profughi, ma non per me”.

Vantaa ha avviato un programma che punta ad aumentare il tasso occupazionale degli immigrati attraverso la formazione. L’ong Hakunila International organizza corsi di finlandese e collabora con le autorità locali per aiutare gli immigrati. L’anno scorso hanno avuto 3.000 partecipanti.

Burhan Hamdon, direttore esecutivo di Hakunila International: “Ci occupiamo dei temi più vari, da come ottenere la patente di guida, a come risolvere i problemi di affidamento dei figli, a come ottenere la pensione”.

Suvi e Tiina, del locale ufficio di collocamento, frequentano i locali dell’associazione più volte alla settimana:

Suvi Lindén: “Aiuto le persone a trovare un lavoro, a presentare domande di lavoro, e anche a presentare domanda per diversi tipi di formazione”.

Monica Pinna, Euronews: “Oltre 33 milioni e mezzo di persone nate oltre i confini europei vivono in un paese dell’Unione. Senza contare che negli ultimi quattro mesi del 2015 le richieste d’asilo sono aumentate del 150 per cento rispetto all’anno precedente. Una sfida economica, sociale e politica”.

Prima la Finlandia accoglieva ogni anno 3.000 richiedenti asilo, ma nel 2015 sono in 32 mila ad aver presentato domanda, dicono le incaricate del comune:

Hannele Lautiola, assessora agli affari multiculturali della città di Vantaa: “L’anno scorso il numero dei richiedenti asilo in Finlandia è decuplicato”

Anna Cantell-Forsbom, direttrice dei servizi per la famiglia della città di Vantaa: “Calcoliamo che circa il 40 per cento dei richiedenti asilo otterranno il permesso di soggiorno”.

Hannele Lautiola: “Naturalmente abbiamo bisogno di molti più servizi per chi arriva”.

L’Europa ha istituito un fondo di3,14 miliardi di euro per l’asilo, la migrazione e l’integrazione, allo scopo di sviluppare un approccio comune europeo rispetto a questi temi. In cima alla classifica dei beneficiari del fondo si trova il Regno Unito, seguito da Italia e Francia.

L’Ue e l’agenda urbana

Maithreyi Seetharaman, Euronews: “Allora, in che modo le città integrano gli immigrati e i richiedenti asilo? E le politiche locali come si traducono davvero nella realtà sul terreno?
Abbiamo intervistato la commissaria europea per la politica regionale Corina Cretu.
Commissaria, stiamo parlando di profughi e integrazione. Come si può agire concretamente senza incidere sui cittadini europei più vulnerabili? E che cosa mi dice dei fondi necessari?”

Corina Cretu, commissaria Ue per la politica regionale: “È la più grande sfida che abbiamo, il più grande numero di profughi della storia e, come dice lei, qui abbiamo già persone vulnerabili… Più di 120 milioni di europei sono a rischio di povertà, e naturalmente adesso dobbiamo integrare questa nuova priorità che è la crisi dei migranti.
È molto importante informare la popolazione e le città del fatto che siamo ora all’inizio del nuovo periodo di programmazione. Abbiamo 450 miliardi di euro derivanti dalla politica regionale, che con il contributo degli Stati membri diventeranno 600 miliardi. Con tutto questo denaro vorremmo affrontare questi problemi riguardanti le ineguaglianze”.

Euronews: “Una politica che si riversa dal livello europeo a quello cittadino. Lei ha visto reazioni, positive o negative?”

Corina Cretu: “Indipendentemente da questa politica e dalle dispute fra gli Stati membri, le persone che lavorano sul terreno e i sindaci delle città sono i primi a dover agire in fretta e prendere misure per gestire le questioni legate all’immigrazione. Per la prima volta non ci sono reticenze da questo punto di vista. Per la prima volta nei prossimi sette anni daremo fondi direttamente alle città: 16 miliardi di euro che saranno gestiti direttamente dalle città in quelle che sono le sfide prioritarie: l’alloggio, la questione dei gruppi vulnerabili… Abbiamo molti esempi di città che si occupano già di queste cose, in Germania per esempio, nei paesi Bassi… Ma ci sono altri paesi che davvero non sanno come comportarsi, e noi siamo qui per fornire assistenza tecnica”.

Euronews: “Per il 2016, quale dev’essere la priorità su cui concentrarsi per le città?”

Corina Cretu: “Dal mio punto di vista le parole più importanti per i prossimi anni sono ‘integrazione sociale’. Poi nuove start up, efficienza energetica, alloggi… riqualificazione di aree urbane degradate, creazione di posti di lavoro, investire nell’istruzione, nella salute, tutte queste sono priorità della politica regionale per i prossimi sette anni”.

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