Dopo quattro anni di calo, nel 2015 le aziende italiiane sono tornate a depositare domande di brevetto allo European Patent Office, registrando un
Dopo quattro anni di calo, nel 2015 le aziende italiiane sono tornate a depositare domande di brevetto allo European Patent Office, registrando un aumento del 9%. Si tratta di un tasso quasi doppio a quello registrato dalla media europea (+4,8%). Il BelPaese è tornato di nuovo all’interno della lista dei 10 Paesi europei più attivi nella richiesta di brevettazione, seppur collocandosi
all’ultimo posto. Ad annunciarlo è il rapporto annuale di EPO,
l’Ufficio Europeo per i Brevetti
3979 le richieste depositate nel 2015 da società italiane, la maggior parte delle quali basate in Lombardia. Il dato si inserisce in un trend generalmente positivo per l’Europa, considerato che le richieste di brevetto sono state 160.000 soltanto nel 2015, nelle quali hanno giocato un ruolo importante aziende statunitensi e cinesi. “Nonostante la crescita ragguardevole nel numero di domande provenienti da Paesi extraeuropei, rimane in ogni caso positivo il bilancio del numero delle richieste avanzate dalle società europee in altri continenti, un fattore che sottolinea il potenziale innovativo del Vecchio Continente” ha dichiarato ha dichiarato il Presidente di EPO Benoît Battistelli, che ha aggiunto”“L’eccezionale incremento di richieste di brevetti a EPO dimostrano che l’Europa si conferma un hub per l’innovazione globale oltre che un mercato tecnologicamente attraente”.
Se Philips si classifica come la principale azienda ad aver presentato richiesta di brevetti in assoluto, tra le aziende italiane ad aver eccelso per attività spiccano: Indesit, Fiat e ST Microelectrics. Tra i settori maggiormente interessati dalla richiesta di brevettazione: Informatica, Comunicazione Digitale e Farmaceutica.
La rimonta dell’attività italiana non riduce le diseguaglianze tra i Paesi europei. A fronte di un ritorno alla registrazione ad esempio anche da parte delle aziende spagnole, crollano quelle da parte delle aziende tedesche (-3.2%), finlandesi (-8.3%) e danesi (-2.7%).