Terrorismo: Ankara deve risolvere ambiguità interne

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L’ultimo attacco al cuore di Istanbul destabilizza la Turchia e punisce la sua economia. Il kamikaze che si è fatto esplodere a Sulthanamet

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L’ultimo attacco al cuore di Istanbul destabilizza la Turchia e punisce la sua economia.
Il kamikaze che si è fatto esplodere a Sulthanamet, mercoledì scorso, ha un obiettivo di medio e lungo termine: seminare caos, paura e risentimento contro il governo che non è riusciuto a proteggere gli interessi interessi dei turchi.
Il risentimento dei cittadini fa il gioco dell’Isil, che diffonde il mito di voler instaurare una società senza disuguaglianze e che intercetta il malessere del ceto più povero quello che è più a rischio radicalizzazione.

Ma Ankara è accusata di tollerare, segretamente, l’Isil perché il nemico più insidioso per il presidente Erdogan è il movimento curdo Pkk.

Dal giugno scorso, con l’attentato a Diyarbakir, la Turchia è ripiombata in un passato buio e sinistro.

Il 20 luglio è stata colpita Suruç, la città al confine con la Siria, 33 i morti. Associazioni di volontariato organizzavano una missione per sostenere Kobane. Il 10 ottobre si è consumato l’attacco più sanguinoso della storia recente della Turchia. Nel mirino dei terroristi una manifestazione di pacifisti a Ankara, oltre 100 i morti.

Ancora prima comunque Ankara aveva deciso di prendere posizione nei confronti dell’Isil, consentendo agli americani, già nel luglio scorso di utilizzare la base di Incirlik, nel sud della Turchia, per attaccare le postazioni dell’Isil.

Allo stesso tempo ha deciso di rompere la tregua con il PKK, tregua che durava da due anni. Gli attacchi contro i curdi si sono moltiplicati, lo scorso week end 32 militanti del movimento indipendentista sono stati uccisi, mentre gli abitanti di città a maggioranza curda come Cizre e Silopi, vicine al confine siriano e iracheno, sono stati costretti a abbandonare le proprie abitazioni.

A metà strada tra Occidente e Oriente, la Turchia è stato membro della Nato e ha l’ambizione di integrare l’Unione europea, allo stesso tempo il governo dell’Akp rivendica i valori dell’Islam e sta inasprendo nel’ultimo periodo il controllo sui media e le misure di sicurezza.
Ambiguità e contraddizioni interne che l’allerta terrorismo giustifica fino a un certo piunto e che Ankara deve risolvere.

Melis Özoğlu, euronews: “In una Turchia ancora sotto shock dopo gli attacchi di Ankara, un altro attentato suicida ha scosso questo martedì mattina Piazza Sultanahmet, nel cuore turistico di Istanbul. Siamo in collegamento con la metropoli turca, dove c‘è lì per noi il nostro corrispondente Bora Bayraktar. Bora, quali sono le ultime notizie?”

Bora Bayraktar, corrispondente di euronews a Istanbul: “Melis, subito dopo l’attacco, la polizia ha isolato l’area. Gli investigatori stanno completando i rilievi che vanno avanti ormai da diverse ore. Questo martedì mattina un attentatore suicida si è fatto esplodere. I testimoni ricordano un forte odore di polvere da sparo e il fumo risalire dalla zona dell’esplosione. La deflagrazione è stata così forte da far tremare la terra ed è stata sentita non solo nei paraggi, ma in tutti quartieri vicini”.

euronews: “I ministeri degli Esteri stranieri hanno chiesto ai loro cittadini in Turchia di tenersi lontani dai luoghi pubblici e affollati. Da quello che osservi, com‘è l’atmosfera tra gli stranieri in Turchia?”

Bora Bayraktar: “Ad essere onesto, subito dopo l’attacco, ho attraversato Piazza Sultanahmet. Ho visto molti turisti ancora in giro. Se non si pensa all’attacco, sembra che niente sia accaduto. Ci tanti di turisti in giro in questo momento, ma dobbiamo anche ricordare che l’attacco è appena accaduto. Forse, nei prossimi giorni si sentiranno gli effetti di questi avvertimenti e il numero di turisti che programmano di venire in Turchia potrebbe calare. Ma dobbiamo sottolineare che le minacce terroristiche sono diffuse globalmente. Quindi non importa dove si va, non è facile sfuggire a questa minaccia”.

euronews: “Infine, nella capitale Ankara i controlli sono stati rafforzati dopo l’attacco, si è tenuto un vertice per la sicurezza, quale sarà il prossimo passo del governo dopo quanto è accaduto?”

Bora Bayraktar: “Dopo gli attacchi di Suruc nel mese di luglio, seguiti dalle bombe di Ankara, la Turchia ha compiuto passi importanti. Le misure di sicurezza, soprattutto, sono state inasprite al fine di evitare che i terroristi possano entrare in Turchia dalla Siria. La sicurezza alle frontiere è stata potenziata. È stato introdotto un ​​sistema di controllo elettronico ed è stato imposto il visto per i cittadini siriani che entrano in Turchia da paesi terzi. Questo attacco arriva appena prima della visita del vicepresidente degli Stati Uniti. Credo che la Turchia intensificherà gli sforzi diplomatici e chiederà aiuto ad altri Paesi nella lotta contro il terrorismo”.

“Ankara vittima di un complotto internazionale”: l’interpretazione di un esperto turco di terrorismo

L’offensiva su due fronti è il prezzo da pagare per un crescente peso sullo scacchiere internazionale, che infastidisce potenze vicine e lontane. Fra gli ex militari ed esperti di terrorismo turchi, c‘è chi interpreta l’impegno di Ankara contro PKK e ISIL come la replica a una strategia del terrore, orchestrata dall’estero.

Bora Bayraktar, euronews
“La Turchia come è arrivata a questo punto? Perché questa ondata di attacchi da parte di PKK e ISIL?”.

Atilla Sandıklı, ex militare ed esperto di terrorismo, docente alla Haliç University
“Il fatto che la Turchia stia accrescendo il suo peso e la sua influenza politica e culturale a livello internazionale ha dato fastidio a diverse potenze mondiali e locali. È per questo che alcuni paesi hanno provato a intralciare i progetti, i piani e la strategia di Ankara, fomentando tensioni all’interno del Paese. Hanno voluto minare la posizione della Turchia sullo scacchiere geopolitico regionale e internazionale, costringendola a concentrare le sue energie nella gestione di problemi interni. La Turchia si è quindi trovata coinvolta in una cosiddetta ‘guerra di quarta generazione’ o ‘proxy war’, una sorta di conflitto per procura, cioè, in cui lo scontro fra potenze avviene a spese di paesi terzi”.

euronews
“Quali le basi legali di queste azioni militari da parte della Turchia? Si tratta di operazioni legittimate dal diritto internazionale?”.

Atilla Sandıklı
“Tra i paesi impegnati contro l’ISIL, la Turchia è il solo a confinare con la Siria e quindi, quello che risente in maniera più forte e diretta di quanto accade laggiù. Ritengo quindi assurdo mettere in discussione il coinvolgimento militare turco. In Siria non c‘è poi nessuno Stato e quindi nessun diritto internazionale che tenga. Eppure la Turchia sta provando comunque a rispettarlo. È proprio per questo che si è finora rifiutata di intervenire con delle truppe al suolo. Potrebbe farlo e così risolvere gran parte dei suoi problemi. E invece non lo fa, perché non vi sono basi legali che possano giustificare una simile scelta. Direi quindi che la Turchia sta rispettando il diritto internazionale almeno quanto lo stanno facendo gli altri paesi”.

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