Lo spazio umanitario è sotto minaccia. Lo dice Peter Maurer, ai vertici della Croce Rossa Internazionale

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Chris Cummins, euronews: “Peter Maurer, Presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa, grazie per questo incontro concesso a Euronews

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Chris Cummins, euronews: “Peter Maurer, Presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa, grazie per questo incontro concesso a Euronews.

Come operatore umanitario cosa vede quando guarda come è trascorso il 2015?”

#RCRC2015 a great moment to tell people through media what we do & how we do it. #neutral#impartial#humanitarianpic.twitter.com/CZLMWOPe94

— Peter Maurer (@PMaurerICRC) December 9, 2015

Peter Maurer: “Come operatore vedo che nel 2015 sono aumentate le richieste di intervento umanitario. Vedo più conflitti, guerre profonde che hanno un più forte impatto sulle popolazioni: sui servizi come quelli indirizzati all’assistenza madica, i servizi idrici e dei sistemi sanitari. Vedo maggiori coinvolgimenti regionali nei conflitti…la crisi siriana non coinvolge solo la Siria ma l’intero Medioriente. La crisi nel nord della Nigeria è diventata la crisi del lago Ciad. La crisi in Somalia è quella del Corno d’Africa. Non è un caso se la conseguenza di questi conflitti sono degli esodi di massa come non avveniva dalla Seconda Guerra Mondiale.

Chris Cummins: “Una caratteristica di queste nuove crisi, di questi echi di guerra, è che sempre più spesso sono molti gli attori che partecipano ad atti indicibili di violenza. Che impatto hanno sul lavoro della Croce Rossa Internazionale?”

Peter Maurer: “La conseguenza immediata ricade su ciò che chiamiamo lo spazio umanitario, che è sempre più minacciato perché è molto più complesso negoziare con 100 gruppi armati piuttosto che con due eserciti, ben strutturati. Anche se la violenza indicibile e le violazioni non sono assolutamente esclusiva dei 100 gruppi armati di cui parlavamo.. possono esserci violazioni anche da parte di un esercito strutturato, ma nel primo caso è più difficile tutelare lo spazio umanitario.
A volte abbiamo difficoltà a comprendere il funzionamento degli attori che incontriamo sul campo, che cosa appartiene a chi, dov‘è la catena di comando. Quando dipendi da delle persone che nella vita maneggiano armi, si è sensibili a tutti questi aspetti”.

Chris Cummins: “Una situazione che mette un’enorme pressione sui vostri volontari. Quanto è difficile lavorare in circostanze così imprevedibili, poco chiare e molto pericolose?”

Peter Maurer: “È una domanda interessante che mette in evidenza quanto la Croce Rossa, come organizzazione professionale, insieme a volontari degli organismi umanitari nazionali si debbano impegnare a trovare una nuova forma di interazione. Dobbiamo investire di più nella formazione, nella lettura della realtà presente sul campo per poi riuscire ad affrontare la situazione. Quello che sta accadendo in Siria potrebbe avere un impatto immediato sulla nostra lettura della situazione nel nord del Mali. In seguito ciò che accade in quella regione africana può aiutarci a capire cosa succede in Yemen o in Afghanistan”.

Chris Cummins: “Tutto questo accade mentre ci sono degli statuti e delle convenzioni del diritto umanitario internazionale, che, in alcuni casi vengono palesemente ignorati. Se le convenzioni non vengono rispettate come intervenite?”

Peter Maurer: “Da sempre il nostro metodo è stato di cercare di essere presenti e il più vicino possibile agli attori responsabili delle violenze e al tempo stesso accanto alle vittime. Se sei sul campo, vicino ai protagonisti coinvolti
hai la possibilità scatenare nuove dinamiche. Puoi capire l’ambiente circostante e rompere il ciclo vizioso, come se trovassi una crepa nel muro. Si comimcia cercando di far capire l’importanza di una norma, ad esempio con dei gruppi armati spiegando che non possono comportarsi come vogliono, che intorno a loro ci sono dei civili di cui sono responsabili. Quindi cerchiamo di incoraggiare al rispetto delle persone. Poi cerchiamo di sensibilizzare il più possibile diverse realtà, come ad esempio i leaders religiosi, oppure individuiamo all’interno di alcune organizzazioni le parti più pronte al dialogo. Oppure parliamo con i leader delle comunità o con gli anziani. Cominciamo insomma cercando di studiare l’ambiente sociale. Secondo la nostra esperienza per quanto lungo e complicato possa essere un conflitto, questo metodo ci garantisce la sicurezza e la tutela di uno spazio umanitario”.

Chris Cummins: “Che impatto ha la distruzione delle infrastrutture sulle comunità?”

Peter Maurer: “La violenza distrugge il sistema di approvvigionamento. Non siamo più di fronte a degli scontri che scoppiano in una città e che quindi si concentrano in un solo quartiere, un tipo di violenza che non ha ricadute sul resto dei servizi di un centro abitato. Il sistema idrico, l’elettricità, i centri medici e sociali sono estremamente interconnessi tra loro quindi se non c‘è acqua, non c‘è elettricità gli ospedali non funzionano, la gente muore. È quello che ho visto a Sana’a, in Yemen quando ho visitato la città. Se non c‘è l’elettricità, se non c‘è combustibile, non funzionano i generatori e gli obitori si riempiono”.

Chris Cummins: Come vede il 2016?

Peter Maurer: “Per il momento, purtroppo, devo dire che non vedo molti cambiamenti. Non vedo una svolta epocale di fronte a noi. Mancano soluzioni politiche di conflitti in corso nel mondo, che creano aree di criticità. Si tratta di guerre persistenti e intense. Anche nelle stesse aree di crisi dove si sta cercando di costruire delle vie di uscita come in Siria, con l’annuncio di colloqui di pace, o in Yemen con gli incontri di Ginevra, si vede spesso un’intensificazione della guerra perché le parti in conflitto vogliono migliorare la loro posizione al tavolo dei negoziati”.

Chris Cummins: “È uno scenario apocalittico quello che sta decrivendo mentre vediamo centinaia di migliaia di persone costrette all’esilio per fuggire da realtà terribili..”

Peter Maurer: “Potenzialmente questa situazione può diventare ancora più grave di quella che stiamo affrontando. Devo ammettere che quando guardo il quadro complessivo, quando vedo i dati sconvolgenti sugli sfollati e le loro esigenze, sono incoraggiato dalla nostra capacità di intervento. Malgrado i timori di uno scenario apocalittico vediamo però il contrappeso di molte altre realtà si oppongono e che lottano contro questa ipotesi e questo è per noi un grande stimolo”.

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