Lesbo e il campo profughi per soli siriani

Lesbo e il campo profughi per soli siriani
Di Euronews
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Moria e Kara Tepe sono i due centri di accoglienza per i migranti a Lesbo. Il campo di Moria è diviso in due, questa parte è riservata ai migranti

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Moria e Kara Tepe sono i due centri di accoglienza per i migranti a Lesbo.
Il campo di Moria è diviso in due, questa parte è riservata ai migranti non siriani.
I migranti attendono il proprio turno, numero in mano, per essere registrati. Una volta registrati hanno un periodo di tempo per lasciare la l’isola, durante il quale non possono essere arrestati per clandestinità.

La permanenza nel campo varia in attesa della registrazione. Le organizzazioni umanitarie cercano di aiutarli n tutti i modi:

Maria Symeou, coordinatrice della Croce Rossa, Lesbo:

“Abbiamo anche un programma di riunificazione familiare, chiamato “Restoring Family Links”. Attraverso il quale cerchiamo i membri di una famiglia che si sono persi lungo il cammino o per un naufragio”.

Il campo è gestito dal ministero dell’Interno. L’aiuto dei volontari è prezioso per distribuire i generi di prima necessità.

Panos Kitsikopoulos, euronews:

“Centinaia di afghani e iracheni fanno la fila per ricevere ancora molto poco. Si tratta di porzioni alimentari distribuite sono veramente piccole, ma visto quanto hanno passato, tutto può essere vitale”.

A qualche chilomentro dal vecchio porto di Mitilene, troviamo Kara Tepe.Altro campo profughi riservato esclusivamente ai siriani. Altra situazione.

Le registrazioni sono fatte molto più velocemente, cosa che permette ai profughi l’accesso alle tende fornite dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati, dove possono stare tutto il tempo che desiderano.

Gestito dal Comune di Mitilene, il campo può accogliere 2000 persone, oggi ospita appena 500 profughi.

Stavros Myrogiannis, coordinatore di Kara Tepe: “Oggi sono loro che hanno bisogno di noi, domani potremmo essere noi. Ma non diciamo questo. Diciamo che abbiamo ospiti che sono in viaggio e di cui dobbiamo occuparci”.

Stavros Myrogiannis,che gestisce il centro, si rifiuta di chiamare i suoi ospiti profughi, migranti o stranieri.

Per lui sono viaggiatori il cui cammino è appena iniziato.

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